Una settimana di luglio

Una settimana di luglio

Gianluca Battistel

Editore   Alphabeta, 2025

Pagine 200 in brossura

Prezzo di copertina € 18.00

ISBN 9788872234457

Pensando alla Bosnia, alla strage di Srebrenica, si può provare un senso di colpa per aver rimosso dalla personale memoria quelle informazioni che venivano fornite, talvolta, distorte o volutamente assopite. Luglio è tempo di vacanza ma in quell’estate di 30 anni fa in Bosnia Erzegovina si inaspriva l’attrito iniziato nel 1992 diventando una vera e propria guerra.

Convivenza, nell’accezione più ampia familiare, domestica, religiosa, questa era la realtà sociale, culturale geografica di Bosnia. Famiglie miste dal punto di vista del credo religioso si trovavano allo stesso tavolo per feste e matrimoni, i bambini frequentavano le stesse scuole.

L’autore intreccia gli eventi del conflitto con la vita e la morte di tre protagonisti come a stigmatizzare tutte le esistenze spezzate dalla ferocia.

Elmin, Melisa e Ahmed non si conoscono, condividono soltanto l’appartenenza al popolo sbagliato nel momento storico sbagliato. Diventano vittime delle loro stesse precarie illusioni.

Nei due anni precedenti agli eventi descritti, Elmin fa il maestro in una scuola in cui alunni serbi e bosniaci convivono, apprendono insieme e lui è pieno di speranze per un futuro comune. Melisa è un’infermiera diplomata che lavora con passione e competenza e, fino al parossismo della guerra, si occupa di malati e infortunati ma soprattutto feriti durante le battaglie che hanno preceduto l’assedio del 1995. Ahmed è una promessa del calcio, prova ad affermarsi in uno sport che ama e sogna un futuro da campione. Ma non è tempo per campionati di calcio è tempo di guerra. Tra incertezza e dubbi esistenziali Ahmed, convinto da un coetaneo, entra nell’esercito bosniaco con la convinzione di ottenere per la propria terra quell’indipendenza che altri territori hanno ottenuto. Ma le decisioni, mai come in questo momento, non sono del popolo, sono dei potenti! A livello locale, con nomi che abbiamo conosciuto e a livello internazionale, i caschi blu dell’ONU che fanno solo da spettatori al massacro nel quale, come sempre, perdono la vita giovani e vecchi, donne e bambini. Donne che subiscono dal punto di vista culturale lo sciovinismo maschilista e dal punto di vista fisco lo stupro e la violenza definibile di massa.

Ed è proprio durante l’assedio di Srebrenica che vincono potere economico e sistema politico internazionale. Due inverni senza cibo e sotto i bombardamenti. Melisa opera nell’ospedale senza farmaci, i chirurghi tagliano arti senza anestesia. Lei si confida con Elmin e conosce Ahmed che va a donare sangue per i feriti. Gli alunni serbi non frequentano più la scuola di Elmin.

L’assedio continua durante l’estate e circa tremila persone tra cui Elmin, Ahmed e Melisa, guidate da un anziano del posto fuggono attraverso i boschi per non essere individuati e presi di mira dai serbi appostati sulle alture circostanti ma qualche razzo riesce a colpire il gruppo seminando il tragitto di brandelli umani. Tentano di avvicinarsi alle cavità carsiche lungo la Drina ma vengono individuati dai soldati serbi appostati nell’altro versante e decimati. Chi di loro emergerà da questo incubo di fame e sete, di follia e terrore, di brutalità e massacri, lo farà con la consapevolezza di aver attraversato l’inferno, e di non poter più tornare a essere la persona che era prima. L’autore assegna, quasi come un compito, a Elmin il racconto di quei giorni perché non si perda questa memoria. Nel testo vengono messi a nudo in tutto il loro orrore, i lati oscuri dell’essere umano, insieme alle ambiguità, le contraddizioni e la ferocia che si nascondono sotto la patina di quella che definiamo società civile. I tragici eventi di Srebrenica sono, purtroppo, uno dei tanti esempi di violenza che scaturisce da brama di potere locale e ancor più a livello planetario.

Alberta

L’evoluzionista riluttante di David Quammen

L’evoluzionista riluttante
Il ritratto privato di Charles Darwin e la nascita della teoria dell’evoluzione
Autore David Quammen
Raffaello Cortina Editore
Scienza e idee, Libro in brossura Pagine  304
Pubblicazione      05/2025
Prezzo di copertina € 22,00
ISBN  9788832857504

Perché, quando e come l’essere umano divenne tale? Creazionismo, evoluzionismo teistico, creazione continua, creazione evolutiva, darwinismo cristiano.

Credenti e non credenti, possono trovare una convergenza?

Quammen aggiunge alla numerosa letteratura riguardante Charles Darwin un testo molto profondo, l’autore infatti si immedesima nel curioso e sensibile scienziato che tiene per sé per due decenni le ipotesi che nascono dalle osservazioni dirette fatte durante il suo lungo viaggio sul Beagle. Darwin come uomo e come scienziato è titubante, timoroso di rendere pubblica la rivoluzionaria idea che ha maturato osservando gli ambienti, la varietà faunistica e la diversità.

Osserva, stupisce, si lascia prendere dalla varietà della natura intesa in senso ampio ma in particolare dalle diverse specie di viventi e dalle strategie di adattamento. Chi guida questo adattamento? Chi o cosa fa cambiare il colore della pelle di gechi e camaleonti, o il modo di volare/nuotare di un’anatra e perché i fringuelli sono così diversi, sempre che siano fringuelli. Ne “Il viaggio di un naturalista intorno al mondo” Darwin descrive una specie, l’ambiente o una situazione e fornisce una sua spiegazione. Adattamento e selezione naturale. Perché nelle isole Galapagos ci sono specie così diverse rispetto ad altre parti della Terra? L’isolamento è sicuramente una spiegazione semplicistica, non può soddisfare una mente aperta e sempre pronta a porsi domande.

Darwin osserva sempre tutto, dal basso, le rocce, i fossili, il martello da geologo lo accompagna sempre, all’alto è attratto da tutta la varietà di uccelli che vede nel suo lungo viaggio. Raccoglie, campioni, reperti e anche animali che porta con sé o spedisce direttamente in patria. Matura dentro di sé la teoria dell’evoluzione e della selezione naturale. Chi sopravvive? Chi adotta strategie di adattamento adeguate. Per molti di noi è un dato di fatto, così come l’evoluzione delle specie. Competizione tra varietà e competizione tra individui della stessa specie. E’ scontato pensare che una gazzella con le zampe troppo corte diventa più facilmente preda del leone che non quella con le zampe lunghe. All’interno della specie “gazzella” sopravvive e quindi prolifica quella più veloce. Vale per tutti i viventi animali e vegetali. Selezione naturale si potrebbe dire. Ma come fa a evolversi una particolare specie? Come modifica il suo patrimonio genetico per migliorare per adattarsi all’ambiente ed essere più competitivo? Ma l’intuizione che gli esseri umani discendano dalle scimmie antropomorfe c’è! Un esempio viene fornito dalla comparazione tra il patrimonio genetico degli scimpanzé e quello umano che fornisce risultati sorprendenti: le differenze sono pari solo all’1,2 per cento in termini di geni che codificano le proteine e che costruiscono i mattoni del nostro corpo e ne regolano le funzioni.

Quanto è stato difficile per Darwin nell’Inghilterra Vittoriana pubblicare quel testo. Come sarebbe stata accolta quella teoria. Ci entrava il Dio creatore e la specie umana. Come accettare di scendere dal gradino più alto nel quale si è sempre sentita padrona di cogliere, raccogliere, usare, abusare di quanto la circonda? La gestazione del testo è stata lunga e travagliata ma finalmente nel 1859 il testo va in stampa.

L’autore ripercorre tutti i viaggi di Darwin, si immedesima nello stesso travaglio intellettuale e umano.

A tutto ciò aggiungono indagini e statistiche condotte nella società americana attuale. I dati emersi mettono in luce che non c’è troppa differenza tra l’epoca vittoriana e le attuali convinzioni di gran parte dei cittadini americani. Il passo fatto dalla chiesa cattolica è un accettabile compromesso: il Dio creatore fornisce l’imprinting evolutivo.

La scienza è in qualche modo strumento limitato e limitante, soprattutto in questo ultimo periodo. Conclusione amara!

Alberta

Le vie delle città romane

di Livio Zerbini

Il Mulino 2025
pp 256, in brossura
edizione in stampa: € 16,00
e-book € 11,99 – formato: ePub
ISBN: 9788815391360

L’impronta della civitas romana nell’Europa di oggi. Livio Zerbini, professore di Storia romana, ripercorre le vie delle città romane fino alla caduta dell’Impero, per rilevare l’eredità di Roma nell’aspetto territoriale e urbanistico, e nel volto sociale e culturale dei Paesi dell’Unione europea. Dei 27 Paesi dell’Unione, infatti, solo quelli del Nord Europa, a esclusione dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia meridionale, non conobbero la dominazione di Roma, caput mundi per molti secoli. Tracciati urbanistici, monumenti ed edifici importanti, numerose vestigia della civiltà romana sono presenti in regioni che prima dei Romani non avevano conosciuto alcuna forma di urbanizzazione e dimostrano la grande forza di aggregazione e integrazione di Roma.
Nella presentazione del libro si legge: “Perché proviamo una certa familiarità nel passeggiare non solo nelle capitali, come Londra, Vienna, Parigi, Sofia, ma anche in molte altre città europee? Perché vi ritroviamo, nel loro impianto urbanistico, quella comune trama ordita dagli assi ortogonali, il cardo e il decumano, che rimandano alla loro comune fondazione romana. Chiunque viaggi nella maggior parte dei paesi europei, occidentali e orientali, incontra monumenti e vestigia, segni tangibili, e ancor oggi ben visibili, della straordinaria forza di integrazione politica e culturale di Roma”.
Per capire l’importanza delle città romane sull’eredità europea, bisogna ricordare che per i Romani la città era “un’entità urbana con tratti specifici e diversi rispetto alle città moderne”. Era una città–stato, entità politica indipendente, composta da uno spazio urbano con edifici e monumenti, o solo da uno spazio sacro, e dal territorio circostante in cui vivevano cittadini liberi, che con le loro istituzioni partecipavano all’amministrazione e al governo, disposti all’osservanza delle norme, delle leggi e al rispetto degli altri. Man mano che l’Impero cresceva, si diffondeva, assieme alle nuove città, il civismo romano, con effetti duraturi sin oltre l’Impero. Dopo un regresso nell’alto Medioevo, lo spirito civico rifiorì infatti nei Comuni delle città medievali con la nascita di nuove forme di autogoverno.
Conclude Zerbini che la più grande eredità lasciataci dalle città romane – oltre a splendidi edifici, grandiosi monumenti e importanti opere di ingegneria – è il “vitale spirito civico di libertà individuale e di implicazione civica per il benessere dell’umanità, nonché un grande patrimonio di regole e leggi che hanno plasmato le fondamenta dell’identità europea”.
L’autore ci guida in un viaggio tra le città che hanno condiviso la dominazione gloriosa di Roma, raccontandone in profondità origini, storia, vestigia, e anche attualità. Un itinerario interessante per gli appassionati del mondo antico e non.
Durante la lettura viene da chiedersi se l’Europa di oggi non stia vivendo una crisi di identità e se non dobbiamo impegnarci a ritrovarla. Zerbini ci offre uno stimolo alla riflessione e, ci auguriamo, all’ottimismo.

Etta Artale