Né Oriente né Occidente. Vivere in un mondo nuovo

di Renata Pepicelli

Il Mulino. Collana “Contemporanea”
Anno di pubblicazione 2025
pp. 168, in brossura
Prezzo: a stampa € 16,00
e-book € 11,99
ISBN 978-88-15-39129-2


Il superamento della concezione di Oriente e Occidente quale si è sviluppata dal secondo dopoguerra, e la critica alla più recente rigida contrapposizione tra un Occidente libero e avanzato e un Islam tutto e sempre fondamentalista, sono i temi focali del libro.
Dal secondo dopoguerra l’Occidente viene associato a Paesi quali l’Europa, gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e la Nuova Zelanda, accomunati da laicità degli Stati, economia di mercato, diritti e garanzie individuali e collettive, liberalismo insomma, in contrapposizione all’Oriente identificato con i Paesi tra Asia e Africa uniti da arretratezza culturale e sociale, sottosviluppo economico – fatta eccezione per i Paesi del Golfo – mancanza di democrazia e fondamentalismo religioso con conseguente minaccia per l’Occidente a causa dell’emigrazione in costante aumento. Non possiamo però continuare a pensarla così, in quanto viviamo in un mondo nuovo e complesso, con confini che non ci sono più. Persone, lingue, religioni e culture si mescolano, interagiscono e convivono. Milioni di giovani in Europa hanno una identità plurale, frutto proprio di mescolanza e interazione tra lingue, tradizioni, culture e religioni. Indipendentemente dal colore della pelle i figli delle migrazioni sentono di appartenere al paese in cui vivono, senza perdere l’identità d’origine. In questo mondo nuovo pertanto bisogna che impariamo a vivere liberandoci da stereotipi e pregiudizi. Non si può parlare di identità secondo vecchi schemi: “Oriente e Occidente si rincorrono, si compenetrano, sono l’uno dentro l’altro…e danno vita a un cerchio unico dove nessuna delle due parti può stare o essere compresa senza l’altra” (pag.11). Forse potremmo sostituire quella definizione con Occiriente”, suggerisce Pepicelli. L’autrice, che insegna Islamologia e Storia del mondo arabo contemporaneo al Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, studia da tempo i cambiamenti sociali e in questo saggio sviluppa la sua tesi in un percorso di fatti storici, sociali, politici, economici e religiosi, che si snoda dall’Islam in Europa nel Medioevo fino alla contemporaneità. Storia, letteratura, arte e modelli di vita sociale caratterizzano ad esempio gli influssi reciproci e le interazioni tra la cultura araba e quella locale in Sicilia ai tempi dei re normanni Ruggero II d’Altavilla e Federico I di Svevia. La loro fu una politica di assimilazione e non di cancellazione. Venezia e Pisa sono un altro esempio.
Pepicelli non sottovaluta la gravità e tragicità delle azioni terroristiche di settori del mondo islamico che hanno colpito l’Occidente, le racconta e le analizza, ma confuta la catalogazione del mondo musulmano in un integralismo omogeneo tout court. Tale convinzione è conseguenza della mentalità coloniale che ha dominato l’Occidente: ad esempio, stereotipi e pregiudizi sull’Oltremare sono stati alimentati da missionari, viaggiatori e artisti che a partire dall’Ottocento, inferiorizzando con narrazioni e immagini i popoli d’Oriente e soprattutto le donne, hanno contribuito a consolidare la visione colonialista, giustificarne l’imperialismo e alimentare le discriminazioni. Pepicelli ci racconta la complessità del variegato mondo musulmano e ci porta anche a riflettere sugli episodi più vicini a noi di cronaca e crimini relativi a violenza di genere quale l’omicidio nel 2021 della giovane Saman Abbas uccisa dai genitori con la complicità di familiari per il suo rifiuto a sposare il cugino in Pakistan nel 2020, quando aveva 17 anni. La fede dei terroristi non c’entra niente con episodi del genere: “Sono le singole persone, che si nutrono di culture patriarcali e di pseudo giustificazioni culturali e religiose, e non le religioni a farsi autrici di crimini; così come sono persone specifiche a lottare per la propria libertà e a portare avanti movimenti di autodeterminazione e di lotta per i diritti delle donne (p. 95) .
I più non lo sanno, perché abbiamo lasciato prevalere l’idea di una cultura araba del tutto lontana da noi, ma tante donne musulmane hanno combattuto nel passato per i loro diritti: Fatema Menissi scrittrice e sociologa marocchina (1940 – 2015) ha lasciato un’impronta importante nel pensiero femminista islamico di cui è considerata una delle apripista; e  pioniera del femminismo egiziano fu Huda Shaarawi (1879 – 1947). C’è anche l’italiana Lidia Rafanelli che convertitasi all’Islam e contemporaneamente al movimento anarchico nei primi del novecento, malgrado nei suoi scritti descrivesse Oriente e Occidente come contrapposti, nella vita reale e intellettuale arrivò a un punto di convergenza e di sintesi tra i due movimenti.
I movimenti femministi delle donne musulmane sono oggi diffusi nel nostro mondo, ma se ne parla poco. L’Italia è attraversata dai cambiamenti socio culturali della nostra epoca e a dimostrazione di tale trasformazione ecco il riferimento a Sanremo 2024 con Ghali e Geolier. Il primo nelle serate delle cover ha cantato in arabo, che è la lingua della sua famiglia, e in italiano, con una perfetta sintesi della sua identità culturale; Geolier, un rapper napoletano, ha portato sul palco una canzone tutta in napoletano, considerata polemicamente una provocazione da molti. Questi giovani, e assieme a loro la campionessa Paola Egonu, hanno alimentato dibattiti sull’italianità. Per una parte del Paese il concetto è fermo nel tempo, caratterizzato dal riconoscimento di una certa bianchezza del popolo italiano che non fa i conti né col fatto che si tratta di una costruzione culturale e politica, né con la storia. Infatti “gli italiani emigrati, non venivano poi considerati così bianchi”, scrive Pepicelli, senza dimenticare che gli italiani del meridione venivano diversificati da quelli del nord come una razza distinta.
Bisogna guardare con occhi e mente nuovi la realtà, questo il focus del saggio, liberarsi dal retaggio mentale coloniale, puntare alla decolonizzazione di pregiudizi razzisti e stereotipi dominanti, penetrare nel mondo nuovo delle diversità che si intrecciano e amalgamano. Un saggio che affronta e apre tanti interrogativi, che invita alla riflessione sulla complessità del problema e sull’importanza di affrontarlo con lucidità. Un invito alla lettura anche per la ricchezza delle citazioni, delle note e della numerosa bibliografia, alla fine di ogni capitolo, che agevola il confronto con le tesi della scrittrice.

Etta Artale

La lezione della Marmolada

Di Mauro Varotto


La lezione della Marmolada
Autore Mauro Varotto
Editore: People
Collana: L’Altra Montagna
Data di Pubblicazione: 25 luglio 2025
Pagine: 128
Formato: brossura
Argomenti: Riscaldamento globale, Sostenibilità
Prezzo di copertina € 14,00
EAN:9791259793188

M iniziale della Montagna contesa fra Trentino e Veneto come se fosse un campo da gioco, M formata dalle due punte più elevate, Punta Penia e Punta Rocca (Rocia in ladino), M come il logo di un’impresa di funivie!

E 2050 metri più in basso, il passo di Fedaia dove si trova ancora il cippo confinario tra le Terre della Serenissima e quelle dell’impero Asburgico! Confine anche tra due bacini idrografici importanti Piave e Adige. Ci piace pensare al confine come linea che unisce non che separa. Punta Penia in linea d’aria dista 200 m da Punta Rocia. Il ghiacciaio le unisce non le divide.

Marmolada: è comoda la cabinovia che scarica a raffica turisti, più o meno equipaggiati, nel grande terrazzo panoramico. Qualcuno si dirige verso il percorso museale della grande guerra. Per le generazioni passate ricorda il sacrificio di tanti giovani soldati, austriaci, ungheresi, italiani morti in battaglia o travolti da slavine, valanghe e frane che distruggevano i baraccamenti. Sì la regina delle Dolomiti era viva e come tutti i ghiacciai si muoveva.

Ma per la maggior parte delle persone la Regina delle Dolomiti richiama lo spettacolo delle piste da sci e i paesaggi impagabili che si possono godere dal grande terrazzo panoramico. Le tragedie della Grande Guerra, e quella, più vicina del Luglio 2023, sono lontane!

L’autore ci porta a ragionare su ciò che accade sulla Marmolada e su tutti i ghiacciai alpini, sulle concause, passando da un piano topografico a uno topologico ovvero del paesaggio e delle sue caratteristiche per individuare e definire i varî tipi di forme del suolo. Tutti noi dobbiamo allargare l’orizzonte temporale, pensare oltre! La montagna tutta, con ghiacciai o no, con rocce dolomitiche o metamorfiche ha una vita, un’esistenza che muta in tempi lunghi. Solo i Sapiens hanno un orizzonte limitato al “qui e ora”: conta divertirsi ora lanciandosi sulle piste innevate artificialmente, conta mandare selfie e postare video, per diventare attori, certo anche dello sfacelo!

Qui e ora richiama una delle leggende più note sull’origine della Marmolada che l’autore riporta forse proprio come esempio per il tempo presente. In un passato non recente i prati della Marmolada erano verdi, producevano fieno per le mucche. I contadini su quei prati falciavano, seccavano, raccoglievano e riempivano i tabià (fienili) di scorte di fieno per l’inverno. Veneravano la Madonna della Neve alla quale dedicavano il 5 Agosto una grande cerimonia con processione proprio su quei prati rigogliosi. “Ma un 5 agosto il cielo si oscura e minaccia pioggia. Una proprietaria di prati nobile e ricca, lascia la cerimonia e si affretta a raccogliere il suo fieno per portarlo al riparo nel suo tabià: Urlando madona dea neve de qua, madona dea neve de ea, el me fen sta ben nel tabià. In ladino significa solo che il fieno sta bene al coperto ma, leggenda vuole che poco dopo la neve scenda in modo imprevedibile e continuo fino a seppellire tutti e tutte! Lasciando sul pendio un ghiaccio eterno”. Una leggenda da cui trarre un notevole insegnamento. Il nostro pianeta non va trattato solo nel quì e ora ma per il futuro!

Il profitto è quello che muove qui e ora imprenditori e amministrazioni locali al di là e al di sopra della salvaguardia del sistema ghiacciaio.

L’autore con un team della facoltà di Geografia dell’università di Padova ha proceduto, la scorsa estate, al rilevamento dei movimenti e delle modifiche che intervengono sul ghiacciaio. Si tratta di numeri, quindi non discutibili, sui cambiamenti e sul ritiro del ghiacciaio stesso. Nel testo viene sottolineato come la copertura estiva dei ghiacciai con teloni geotessili, in uso su alcuni ghiacciai alpini, non sia certo la soluzione. Si tratta di un palliativo, i teloni geotessili salvano il business del turismo sciistico ma non sono la soluzione alla fusione del ghiacciaio. Il modo più efficace per salvare i ghiacciai è la riduzione delle emissioni di gas serra, nel tentativo di limitare il riscaldamento globale per i secoli futuri, non per la prossima stagione sciistica!

L’autore

Mauro Varotto è professore ordinario di Geografia e Geografia culturale all’Università di Padova. Ha coordinato e diretto il primo Museo universitario di Geografia in Italia, inaugurato a Padova nel 2019.

Tra le numerose pubblicazioni ricordiamo “Viaggio nell’Italia dell’Antropocene” con Telmo Pievani e “Il Giro del mondo nell’Antropocene”; in entrambi i testi viene descritta l’ipotetica geografia locale e planetaria in cui le generazioni future potrebbero trovarsi a vivere.

Alberta

Lettere dalla Foresta

di Giancarlo Ferron

Autore: Giancarlo Ferron

Editore: Biblioteca dell’Immagine

Collana: inchiostro

Anno edizione: 2025

Pagine 160 con repertorio fotografico

Prezzo di Copertina € 16.00

ISBN 978-88-6391-382-8

Forse nascere e passare l’infanzia a Zovencedo, paese immerso nel verde dei Colli Berici ha conferito all’autore una particolare sensibilità. Si, perché tutti i suoi libri accompagnano il lettore in “ambiente” inteso come ecosistema. Ed è proprio dalla foresta che l’autore indirizza lettere, si può immaginare scritte a mano, proprio mentre si ferma a osservare una farnia o ad ascoltare il canto di un fringuello: quell’ambiente naturale che conferma apertamente essere il suo Rifugio, il suo spazio-tempo!

La prima lettera è indirizzata al naturalista, categoria di persone, spesso confinata in un recinto, forse a partire dal nome che sembra un dispregiativo, come tanti nomi che hanno quel suffisso. A noi piace pensare che queste persone appartengano alla categoria degli apripista, intesi come coloro che provano a cambiare la direzione di questa società consumista e autoreferenziale. Chi appartiene alla categoria dei “contestatori” delle regole imposte dalla società attuale viene visto come un diverso, pensiamo a quanti hanno scelto di nutrirsi solo di vegetali come i vegetariani, o a quanti scelgono di muoversi solo con i mezzi pubblici, in bicicletta o piedi. A volte si sentono isolati dai centauri rombanti che salgono i tornanti di un noto passo dolomitico mentre loro passo dopo passo e zaino in spalla affrontano il sentiero in salita che parte proprio dove loro hanno parcheggiato le moto! Ma parlare con questi centauri potrebbe, forse, aprire la mente!

Così come può aprire la mente parlare con un bracconiere o cacciatore. L’autore, come precisa e puntuale guardia forestale quando era in servizio, provava a capire le ragioni dell’anziano bracconiere cresciuto in montagna dove non era sempre facile trovare cibo. Nella lettera al bracconiere, infatti, dimostra “comprensione” verso questo anziano, mentre non c’è apertura nei confronti dei cacciatori che sparano a uccelli, cervi, camosci solo per il gusto di sparare, colpendo anche a caso: è importante portare a casa un “trofeo” per sentirsi bravi! L’autore descrive l’atroce morte cui va incontro un cervo con una zampa imprigionata in una trappola a scatto perchè non riesce a liberarsi.

L’ultima lettera di questo testo è dedicata al Santo, che più di ogni altro ha dedicato la vita a insegnare a tutti noi l’amore per la nostra terra, madre e sorella parlando agli uccelli, al sole, alla luna, al lupo. Forse questa può essere la via per tornare a far parte dell’ecosistema, non come padroni, ma come una delle tante vite che lo compongono.

Ciascuna lettera è pervasa da amore e attenzione ma non mancano di esplicite denunce contro i comportamenti umani nei confronti della fauna selvatica.

La natura, l’ambiente, il paesaggio, l’ecosistema vanno conosciuti e amati, solo così si potrà dare un futuro a quella bambina cui l’autore dedica proprio una lettera piena di speranza.

Il testo si conclude con un repertorio fotografico con didascalie che aumentano la conoscenza delle creature che dobbiamo imparare ad amare e a rispettare, compresi orsi e lupi contro i quali si combatte una guerra priva di giustificazioni.

Guardiacaccia professionista della Polizia provinciale di Vicenza per oltre 33 anni ha protetto la natura applicando la legge e ha continuato a studiarla e a viverla ogni giorno con crescente passione. Oggi è in pensione e continua a studiare, osservare e a frequentare le montagne. Ha pubblicato dieci libri che parlano soprattutto della natura alpina, di bracconaggio e del rapporto uomo – animali, divulgando concetti scientifici unitamente all’amore per la natura e biodiversità.

Alberta