Le vie delle città romane

di Livio Zerbini

Il Mulino 2025
pp 256, in brossura
stampa € 16,00
e-book € 11,99 – formato: ePub
ISBN: 9788815391360

L’impronta della civitas romana nell’Europa di oggi. Livio Zerbini, professore di Storia romana, ripercorre le vie delle città romane fino alla caduta dell’Impero, per rilevare l’eredità di Roma nell’aspetto territoriale e urbanistico, e nel volto sociale e culturale dei Paesi dell’Unione europea. Dei 27 Paesi dell’Unione, infatti, solo quelli del Nord Europa, a esclusione dell’Inghilterra, del Galles e della Scozia meridionale, non conobbero la dominazione di Roma, caput mundi per molti secoli. Tracciati urbanistici, monumenti ed edifici importanti, numerose vestigia della civiltà romana sono presenti in regioni che prima dei Romani non avevano conosciuto alcuna forma di urbanizzazione e dimostrano la grande forza di aggregazione e integrazione di Roma.
Nella presentazione del libro si legge: “Perché proviamo una certa familiarità nel passeggiare non solo nelle capitali, come Londra, Vienna, Parigi, Sofia, ma anche in molte altre città europee? Perché vi ritroviamo, nel loro impianto urbanistico, quella comune trama ordita dagli assi ortogonali, il cardo e il decumano, che rimandano alla loro comune fondazione romana. Chiunque viaggi nella maggior parte dei paesi europei, occidentali e orientali, incontra monumenti e vestigia, segni tangibili, e ancor oggi ben visibili, della straordinaria forza di integrazione politica e culturale di Roma”.
Per capire l’importanza delle città romane sull’eredità europea, bisogna ricordare che per i Romani la città era “un’entità urbana con tratti specifici e diversi rispetto alle città moderne”. Era una città–stato, entità politica indipendente, composta da uno spazio urbano con edifici e monumenti, o solo da uno spazio sacro, e dal territorio circostante in cui vivevano cittadini liberi, che con le loro istituzioni partecipavano all’amministrazione e al governo, disposti all’osservanza delle norme, delle leggi e al rispetto degli altri. Man mano che l’Impero cresceva, si diffondeva, assieme alle nuove città, il civismo romano, con effetti duraturi sin oltre l’Impero. Dopo un regresso nell’alto Medioevo, lo spirito civico rifiorì infatti nei Comuni delle città medievali con la nascita di nuove forme di autogoverno.
Conclude Zerbini che la più grande eredità lasciataci dalle città romane – oltre a splendidi edifici, grandiosi monumenti e importanti opere di ingegneria – è il “vitale spirito civico di libertà individuale e di implicazione civica per il benessere dell’umanità, nonché un grande patrimonio di regole e leggi che hanno plasmato le fondamenta dell’identità europea”.
L’autore ci guida in un viaggio tra le città che hanno condiviso la dominazione gloriosa di Roma, raccontandone in profondità origini, storia, vestigia, e anche attualità. Un itinerario interessante per gli appassionati del mondo antico e non.
Durante la lettura viene da chiedersi se l’Europa di oggi non stia vivendo una crisi di identità e se non dobbiamo impegnarci a ritrovarla. Zerbini ci offre uno stimolo alla riflessione e, ci auguriamo, all’ottimismo.

Etta Artale

A Spasso con il cane Luna

Autore: Giorgio Vallortigara

Titolo: A spasso con il cane Luna

Piccola Biblioteca Adelphi 816 2025

pp. 219, 21 immagini in brossura

Temi: Neuroscienze, Biologia, Etologia

Prezzo di copertina €14,00

ISBN: 9788845939853

Possiamo partire dalla semplice affermazione “conoscere significa rispettare” messaggio che qualsiasi docente di scienze ripete come un mantra, e che conduce a fare domande. E la buona abitudine dei bambini a chiedere continuamente “perché” prosegue in coloro che della curiosità fanno un mestiere e un modo di vivere.

Vallortigara, intreccia etologia, neuroscienze e amore per la letteratura. Sottolinea che le scienze sono “plurali”, non hanno confini: l’etologo si pone domande, come l’astrofisico, così come lo psicologo comparato e ciascuno, osservando, fa ipotesi sperimenta e documenta. L’autore spaziando attraverso le diverse discipline, delinea in queste pagine un itinerario affascinante. Il contributo degli etologi permette di conoscere un aracnide paziente come la zecca cui basta un sentore di acido butirrico per “azzeccarsi” a un mammifero. Ma quale messaggio arriva al suo cervello per scegliere il giusto “fornitore” di cibo. Per questo è molto importante il contributo dei neuro scienziati e degli psicologi comparati che si occupano di conoscere il funzionamento del cervello degli animali, dagli insetti ai mammiferi.

Gli studi condotti verificano che non è il volume della massa cerebrale ad averla vinta su capacità di capire, di adattarsi, di comportarsi, ma il numero di neuroni. Già le prodezze cognitive di Physarum polycephalum, un organismo unicellulare capace di estendere le sue propaggini protoplasmatiche in una affascinante rete che, vista al microscopio, sembra una vera opera d’arte dipendono dal fatto che essendo monocellulare è … tutto cervello!

Porsi domande non è fine a sé stesso. Seguono sperimentazioni, studi approfonditi e verifiche.

In questo testo si trovano tanti esempi che portano il lettore a diventare curioso ma anche consapevole di quanto noi umani siamo accentratori, predatori, opportunisti! Pensiamo alle galline rosse della giungla, antenati delle nostre galline. Producono 8-10 uova all’anno, numero funzionale al mantenimento della specie. Attualmente i polli vengono selezionati per la carne, lascio al lettore la descrizione di queste creature allevate per ottenere il maggior peso possibile, e per produrre uova. Qui la selezione arriva a sopprimere i maschi e ottenere solo le “ovaiole” quelle che arrivano a produrre anche 300 uova l’anno. Si potrebbe pensare che il consumo energetico per produrre uova, vada a scapito delle prestazioni del cervello. Proprio su questo gli sperimentatori stanno raccogliendo dati utili a comprendere la reazione del cervello delle galline spinte al massimo della produzione.

E il legame tra psicologia e comportamento? Una laurea in psicologia sperimentale serve certo a interpretare stati emozionali umani, la psicologia comparata può aiutare a interpretare i comportamenti degli animali. Scopriamo che anche gli animali sanno contare, magari non arrivano alle potenze di dieci ma mamma gatta sa quanti gattini ha e agevola l’allattamento del più fragile!

La ricerca approfondisce anche la ragione per cui l’uso alternato della narice destra e sinistra in un cane può illuminare il differente funzionamento dei due emisferi cerebrali, e spiegare perché una parte dell’umanità è mancina.

Tornando al nostro “conoscere per rispettare” è bene sottolineare che la curiosità dei Sapiens porta sì a conoscere ma non sempre trae la conseguenza del rispettare. Gli animali, oltre che amici meravigliosi, sono parte essenziale dell’ambiente e, sicuramente, «una fonte inesauribile di interrogativi».

Alberta

Mal di Montagna-Quindici storie di passione

Autore: Enrico Camanni

Titolo: Mal di Montagna

Sottotitolo: 15 storie di passione.

Pagine 144 in brossura

Collana: Alpinismi

CAI Edizioni

Anno: 2025

Prezzo di copertina € 16.00

ISBN 978-88-7982-157-5

Cosa può fare un amante della montagna se non condividere? In questo testo l’autore mette tutta la sua sensibilità nel raccontare la storia di quindici “amanti della montagna”. Per qualcuno di loro scalare è quasi una malattia ma per la maggior parte direi che è la ricerca di pace e serenità. Camanni parte dalla sua esperienza personale. Con un gruppetto di coetanei adolescenti vestiti tutti alla montanara scopre nelle Alpi Graie “i Becchi della Tribolazione” immersi nella nebbia, appaiono scogli scuri imprigionati dal gelo” Questa affermazione porta subito il lettore a interpretare la montagna un complesso unicum con tutto il pianeta.

Salire, guardare dall’alto, vedere oltre. Fanno riflettere le quindici storie di uomini e donne che hanno fatto della montagna la loro vita. Anche il lettore/camminatore, non scalatore, si chiede: “perché”? Nove di questi protagonisti lasciano la loro vita lassù più o meno consapevoli di quel rischio che comunque si sono assunti quando hanno preso corda e moschettoni per salire. Ma il rischio in montagna fa parte del piacere, della curiosità, della sfida. Citiamo solo Ezio Mentegazzi che amava la natura della Valsesia tra valloni scomodi con cime poco conosciute raggiunte in compagnia o da solo. Ha realizzato un catalogo dei migliori itinerari, forse perché nelle montagne meno frequentate si può conoscere meglio l’ambiente e la sua bellezza. Forse Ezio voleva proprio questo domenica 10 settembre 1995 quando è partito per un’ulteriore ricognizione della cima Sjonchè dall’Alpe di Grega superiore, in Val Sermenza. È partito ma mai ritornato. Consola sapere che è volato alto da un posto che amava.

Ciascuno di noi desidera godere un paesaggio, un orizzonte ampio ma soprattutto vuole vedere oltre! Anche i nostri antenati sono sempre saliti forse proprio per questo, vedere oltre o forse per trovare le nostre radici. Sì perché le rocce dove si piantano i chiodi, dove si crea una nuova via sono frutto di quei processi geologici che le differenzia. Uno scalatore esperto sa ben distinguere quelle “buone” per appendersi e quelle meno buone. Chissà se sudando attenti in cordata qualcuno riesce a pensare che sta sulle radici della Terra. Non ne ha certo il tempo il suo obiettivo è arrivare in cima. Vincere la fatica? Vincere la paura? Conquistare la vetta? Condividere o conquistare un successo sociale, economico e magari entrare nella storia? Domande spontanee che vengono alla mente di quanti amano la montagna in tutti i suoi aspetti per camminare, godere della bellezza e della biodiversità.

Conquistare forse è la parola che meno si addice a quanti amano la montagna. Lo scalatore non conquista la montagna ma supera la fatica, la difficoltà, la paura. Amare la montagna significa abbracciarla, conoscerla, rispettarla.

In un mondo di sovra esposizione mediatica, qualcuno rischia solo per postare la sua foto su quanti più social media possibili o per annoverare l’ennesima cima. L’autore però racconta quindici storie di uomini e donne che hanno fatto della montagna una scelta di vita, persone comuni, trasformate da un richiamo inarrestabile: il “mal di montagna”, non eroi irraggiungibili ma persone che amano dal profondo anche il vuoto, il gelo la paura ma soprattutto l’abbraccio alle nostre radici! Ecco può essere così il “ben di montagna”

Alberta