Fonti


Bibliografia

Giannuli Aldo: Uscire dalla crisi è possibile, Ed. Ponte alle Grazie, Milano, aprile 2012
Marx Karl: Teorie sul plusvalore, Editori Riuniti, Roma 1971
PAPA Francesco: Laudato si’, 2° enciclica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, Roma 2015
Shiva Vandana: Le guerre dell’acqua, Ed. Feltrinelli, Milano 2004.

 

Studi e ricerche

Brevetto Foreste (Yunga) 2013
Crown Corporation Public Healt Ontario, Canada 2016
Fisher Brian: Accademia delle Scienze, California (USA)
Global Carbon Project, Giappone 2015
Global Justice Now, 28.11.2016
Intergovernmental Panel on Climate Change, Report 2014 – 2016
International Land Coalition, 18.11.2012
Key World Energy Statistics, 2013
Ministero degli Affari Esteri, 02.12.2014
Nature Communication 2015
Potsdam Institute for Climate Impact 2014
Programme for Endorsement of Forest certification schemes (PEFC)
Stoemer Eugene: Università del Michigan, Iowa (USA) Wangari Muta Maathai, 1940 – 2011World Meteorological Organization 2014
World Wide Fund (WWF), aprile 2015.

 

Riviste

AdnKronos, Roma, 27.08.2015
Alcorn T, 2013, The Lancet 381
Corriere della Sera, 25.07.2015
Le Scienze, 26.06.10
Libre 22.03.2014
National Geographic, marzo – ottobre 2011
Nature Climate Change, 2013
Review of Environmental Economics and Policy, 24 maggio 2011
Structural Change and economic Dynamics, dicembre 2009

Sito web

www.buongiornoAfrica.it, 2013

 

L’era antropocenica

 


Il termine “antropocene” è stato coniato negli anni ’80 del secolo scorso dal biologo dell’Università del Michigan Eugene Stoermer, dello Stato dello Iowa (U.S.A.) e indica che l’era in cui viviamo, con specifico riferimento alle condizioni del Pianeta Terra, è caratterizzata dalle continue e distruttive manipolazioni dell’uomo. Ponendo il focus sullaseguente equazione letteraria:

< cibo : vita = ecologia : economia >

notiamo l’imperativo secondo cui, come non c’è vita senza cibo, non ci può essere economia senza ecologia, una ecologia intesa come rispetto per l’ambiente e tutela della biodiversità e facente parte integrante di una economia sostenibile. Il nostro pianeta ha una funzione ben precisa, quella di creare un habitat per forme di vita complesse; mediante la pulsazione delle foreste si sviluppa un equilibrio stabile tra i loro esseri viventi. Mentre nelle foreste le varie forme di vita collaborano per mantenere in salute il Pianeta Terra, l’uomo si adopera per modificare questo meccanismo non curandosi delle conseguenze. Secondo la più grande organizzazione al mondo di certificazione forestale [1] , le foreste, per offrire un contributo all’economia mondiale, devono essere gestite in modo legale osservando i seguenti parametri:

  • a) produzione sostenibile del legname;
  • b) regolazione delle risorse idriche;
  • c) calcolo di assorbimento di carbonio;
  • d) definizione dei limiti di proprietà, di privati o di comunità, sulle aree forestali.

Il ricercatore Brian Ficher, dell’Accademia delle Scienze in California, sta studiando il cambiamento dell’ecosistema, come stiamo modificando il suono delle foreste, i colori, le varie forme di vita, anche quelle del sottobosco.
Sostanzialmente le foreste sono vitali per l’intero pianeta perché esse assorbono il 25% dell’anidride carbonica attraverso le foglie regolando peraltro il clima.
Essendo l’uomo dedito all’emissione continua di gas serra (metano CH4, CO2, ossido di azoto N2O, vapore acqueo), assistiamo ad un fenomeno straordinario: le grandi piante più assorbono CO2 e più crescono rapidamente dato che fissano all’interno del proprio legno, grandi quantità di carbonio rispetto a quelle piccole.  Siamo a conoscenza che nel 2014 è stato emesso nell’atmosfera il più alto quantitativo di anidride carbonica (o biossido di carbonio) degli ultimi 800mila anni, circa 40 mld di tonnellate, nel 2012 furono 34,5 mld [2].
Le attività umane che dominano gli ecosistemi, industrializzazione, deforestazione, combustione di vari elementi, cementificazione, non solo incrementano i gas serra nell’ atmosfera, ma riducono soprattutto la capacità del pianeta di affrontare tale problema, si distrugge più di quanto il pianeta riesce a produrre, proporzionalmente siamo 
nell’ordine di 6 a 4.
Il forcing radioattivo dei gas serra che produce il riscaldamento climatico, è cresciuto del 32% nel periodo 1990 – 2012 [3]. La temperatura globale è aumentata di 0,8°C dalla Rivoluzione Industriale, i ghiacciai e le calotte polari si restringono, aumenta il livello del mare di 3 mm l’anno e molte città e isole sono destinate a scomparire. Secondo gli accordi internazionali, non si devono superare i 2°C rispetto all’era preindustriale. C’è da aggiungere che l’incremento della CO2 acidifica l’acqua del mare distruggendo la barriera corallina e la complessa catena alimentare che supporta.
In Siberia il permafrost (suolo ghiacciato riveniente dall’ultima glaciazione avvenuta tra 18 mila e 11 mila anni fa) [4].   che occupa 1/5 dell’area terrestre inizia a sciogliersi, rilasciando altro gas serra in atmosfera.
Per milioni di anni la vita sul Pianeta terra è stata parte integrante di un unico grande sistema, tutto funziona in modo coordinato per sostenere nell’insieme le varie forme di vita. Il nostro pianeta, per una legge fisica e naturale non è destinato a cambiare, anche se provochiamo disastri, e nel lungo termine Esso si rigenera e con Esso anche le creature esistenti, magari trasformate grazie alla “magia dell’evoluzione”. Noi invece ci siamo evoluti in breve tempo e in breve tempo ci stiamo distruggendo: la Natura agisce su una scala temporale diversa dalla nostra.
Gli scienziati e i pochi governi responsabili ci avvisano, a giusta ragione, che il Pianeta Terra  ha bisogno di essere salvato: ma forse non sarà in pericolo la Terra, bensì noi.
Non possiamo arrogarci il diritto di padronanza della Terra, abbiamo solo l’obbligo di custodirla e di accudirla a garanzia del nostro stesso futuro.

 

 


[1] Programme for Endorsement of Forest certification schemes (P E F C)
[2] Dal rapporto 2015 del “Global Carbon Projet”, comitato scientifico internazionale con sede in Giappone
[3] Dati del  World  Meteorological  Organization  2014
[4] Rivista Le Scienze del 26.06.2010 (Ed. Italiana di Scientifica American). 

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L’aumento delle temperature

  


Già dal 1997, con il Protocollo di Kyoto (COP3), si organizzarono summit tra 150 – 160 rappresentanti di vari Stati del mondo per discutere del riscaldamento globale della Terra. L’iniziativa è buona, è eccellente, ma c’è vera intenzione di salvare la Terra prima che si arrivi effettivamente ad un punto di non ritorno?
Con le successive conferenze, 195 Paesi hanno concordato di ridurre i gas serra, i maggiori responsabili del riscaldamento globale, per evitare l’aumento della temperatura di oltre 1,5°C rispetto ai livelli pre-industriali. L'accordo entra in vigore nel 2020 e per rispettarlo i Paesi in via di sviluppo (PVS) riceveranno un finanziamento dai Paesi sviluppati di 100mld $ l’anno (finanza per il clima) [1], come da negoziato svolto a Copenaghen nel 2009, nel rispetto di un adeguamento delle loro città ad uno sviluppo sostenibile.
Resta una grossa incognita: quali saranno gli Enti a cui affidare la valutazione scientifica e trasparente circa la verifica dei tagli delle emissioni dei gas incriminati. E qui sorge il problema, cioè gli Stati ricchi donatori che istituiscono il fondo vogliono controllare le spese degli Stati riceventi gli aiuti, ma questi ultimi sono restii alle ingerenze straniere, è un assioma delle loro politiche, la Cina in primis.

Dal 2007 al 2013 c’è stata una riduzione di emissione dei gas serra di circa il 20%, ma dovuta alla riduzione della produzione industriale per effetto della crisi mondiale, non certamente per iniziativa degli Stati di ridurre l’inquinamento e migliorare la qualità della nostra vita. L’ultima stima 2016 implementata dalla Agenzia Europea per l’Ambiente ci deve far riflettere: l’Italia è al primo posto per le morti premature dovute all’inquinamento. Tutti gli Stati devono essere unanimi sugli accordi che si prendono per la diminuzione dei gas serra, altrimenti saranno accordi “scritti sulla sabbia”.
E ancora, il Ministero per l’Ambiente ha autorizzato le prospezioni petrolifere con la tecnica “air gun” in tutto il mare Adriatico, tramite dei cannoni che sparano aria compressa la quale manda onde riflesse atte a conoscere la composizione del sottosuolo. Questa tecnica, oltre a essere dannosa per l’alimentazione e per la riproduzione della fauna marina, vìola gli obblighi inseriti nella Convenzione Espoo 1991 (Finlandia) sulla Valutazione di Impatto Ambientale (V I A) sui Paesi limitrofi.
Ciò detto, aggiungiamo che le grandi imprese sovranazionali del settore estrattivo forse impongono diktatper proseguire con il consumo dei fossili, se pensiamo al fatto che:

  1. l’81,6% dell’energia consumata nel mondo viene prodotta da gas, petrolio e carbone [2]
  2. solo il 13,3% consumata nel mondo viene prodotta da fonti rinnovabili, il 5% da  fonte nucleare.

Il Pianeta terra potrà aumentare il grado di resilienza?
Ma al di là di questo, per 1°C di aumento di temperatura il livello dei mari aumenta di circa 2 metri [3], facendo scomparire persino grandi città e favolosi atolli, le bellezze del mondo. Inoltre, un aumento della temperatura dà origine anche ad un aumento di energia presente nell’atmosfera e quindi a eventi meteorologici estremi. Ogni anno si immettono nell’atmosfera 25 mld di tonnellate di CO2 ma il nostro pianeta riesce ad assorbirne circa la metà, tramite la fotosintesi clorofilliana  [4].

È necessario, dopo le conferenze sul clima, impegnarsi per eliminare le barriere che ostacolano lo sviluppo delle fonti rinnovabili, abrogare i sussidi alle trivellazioni di gas e petrolio e promuovere uno sviluppo sostenibile, perché “crescere per crescere” per produrre merce scadente è diventato insostenibile per il Pianeta Terra e soprattutto per l’umanità. Ma il Pianeta Terra ha capacità di rigenerarsi, l’umanità no.
Il Pianeta Terra ha bisogno di una decarbonizzazione: l’utilizzo dei combustibili fossili dovrebbe lasciare il posto ai processi che utilizzano energia rinnovabile.

 

 


[1] Rapporto del Ministero degli Affari Esteri (Farnesina) sui cambiamenti climatici, 02.12. 2014. Il Green Climate Fund è lo strumento deputato a gestire i fondi dei Paesi avanzati
[2] Key World Energy  Statistics 2013
[3] Postdam Institute for Climate Impact 2014
[4] Da uno studio della Princeton della Princeton University (New Jersey) pubblicato su “Nature Climate Change” 2013. 

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La natura quale fattore produttivo di profitto

 


Il concetto di “profitto” è statico nella sua struttura ed è storicamente irreversibile: per dirla con Karl Marx, esso rappresenta la capacità remunerativa del proprietario dei mezzi di produzione aziendali [1], ma può anche essere profitto azionario o anche fondiario, e da ultimo anche tramite attività di relazioni sociali, tutto viene mercificato, ma anche da varie forme di relazione con la natura.
Il concetto di ambiente è dinamico perché dinamico è irreversibilmente l’ambiente nella sua accezione, nelle sue forme e nei suoi profumi. Dalla incessante manipolazione dell’ambiente facilmente si ricava profitto, ma per la bramosia del profitto, difficilmente si presta attenzione e cura verso l’ambiente.
Questo è un rapporto iniquo in cui una parte trae vantaggio dalla vulnerabilità dell’altra, ma inesorabilmente, per i meccanismi che irrompono dentro l’equilibrio, tale vulnerabilità diventa una potenza ineluttabile che si sviluppa contro l’uomo manipolatore e devastatore. Per giustificare tale devastazione, le catastrofi generate assumono l’appellativo di “naturali”.
Purtuttavia, i decisori pubblici ciarlieri, artefici di politiche proni verso i grandi capitali, proseguono deliberatamente con l’estrazione e il consumo dei combustibili fossili per dare vita alle attività frenetiche dell’uomo pronto a portare sulla pietra sacrificale il delicatissimo equilibrio della Natura in nome del profitto.
Qual è l'acme di resilienza della Terra? È quello che stiamo per raggiungere, quello che ci offrirà il punto di non ritorno all’equilibrio. Ma il pianeta Terra, a lungo termine, ha capacità di rigenerarsi, l’umanità no. 
De facto, nelle pratiche estrattive dei combustibili fossili, la pressione dei liquidi altamente inquinanti usati nelle perforazioni, creano grossi danni ambientali, fra cui il rischio delle contaminazioni delle falde acquifere, con ricadute sulla salute dell’uomo. Un esempio rilevante è quello che succede nell’ isola di Giava in Indonesia, il vulcano Lusi già dal 2006 sprigiona fango in grandi quantità, con la conseguenza dell’evacuazione di migliaia di famiglie[2]. La causa sarebbe la pressione dei liquidi usati durante le perforazioni che provoca la frattura idraulica delle rocce dalle quali fuoriesce il fluido contenuto nei loro pori, questa pratica assume la denominazione di “fracking”. Tuttavia, queste sono pratiche frequenti soprattutto negli Stati Uniti, anche se sono causa talvolta di sprofondamento della crosta terrestre, la cosiddetta “subsidenza”, che a sua volta può causare l’apertura di altre bocche vulcaniche [3].
Dette estrazioni provocano anche la combustione dei fossili con sprigionamento del gas flaring dalle torri petrolifere in fiamme, con conseguente produzione di anidride carbonica CO2, di anidride solforosa SO2 e di protossido di azoto N2O, inter alia tale gas risulta nocivo al sistema periferico dell’uomo, incide fortemente sullo sviluppo della demenza e dell’Alzeheimer [4].
Inoltre, i ricercatori della rivista “Scientific American” affermano che esistono forti legami fra movimenti sismici e le attività di trivellazione per petrolio e gas e citano parecchi casi clamorosi in molte parti del mondo. I vari consessi governativi, trascinati da interessi delle grandi lobbies, non sono lungimiranti nello scegliere politiche a favore dei consumi delle risorse naturali non rinnovabili: si estraggono più risorse di quanto la Natura ne possa offrire. “Oggi con i combustibili fossili prendiamo ciò che si è accumulato nell’arco di milioni di anni e lo liberiamo in un istante geologico” [5]. I combustibili fossili sono limitati, invece sono le fonti rinnovabili che la Natura ne dà in abbondanza, e il loro uso e consumo è ben integrabile con le attività umane.
Su questo argomento, inevitabilmente è d’uopo accennare all’altra violenza perpetrata a danno dell’ambiente, mi riferisco alla riduzione delle foreste. Per la F.A.O. si definisce foresta quel grande complesso arboreo avente tre caratteristiche [6]:

  1. deve coprire almeno il 10% del territorio su cui sorge
  2. deve avere una superficie minima di 0,5 ettari
  3. l’altezza degli alberi deve essere minimo di 5 metri.

Sappiamo che le foreste assorbono CO2, quindi sono vitali per il nostro pianeta, inoltre proteggono dalle alluvioni, altrimenti sarebbero devastanti, e proteggono il suolo dall’erosione. Ma quando le foreste vengono abbattute (deforestazione) a fini speculativi per il legname pregiato o per monocolture intensive per produrre biocarburante come materia prima per l’industria, o ancora per l’espansione urbana o per infrastrutture, si ha incremento della CO2 nell’atmosfera e come conseguenza, l’aumento del fenomeno dei gas serra e del riscaldamento globale, ergo un decremento dei livelli di biodiversità. Ed allora risultano insufficienti le pratiche di riforestazione.
La deforestazione provoca il rilascio del carbonio responsabile del 15% dell’inquinamento globale (WWF). Per fermare la deforestazione è necessario contenere la crescita della domanda di materie prime che la provocano. Per cui si rende necessario aumentare la produttività dei terreni già lavorati e orientare l’espansione dell’agricoltura verso aree degradate, anziché verso le foreste. Negli ultimi venti anni sul Pianeta Terra è stata deforestata un’area pari a Francia, Germania, Spagna e Portogallo messe assieme [7].
“L’impoverimento ambientale può innescare la transizione economica, ma il cambiamento strutturale rischia un risultato regressivo” [8].
Secondo la F.A.O. (Food and Agriculture Organization) inizialmente le foreste erano 6,2 mld di ettari, oggi restano solo 4 mld di ettari, circa il 30% di meno, una perdita irrecuperabile.
“Quando si pianta un albero, si pianta il seme della pace e della speranza”[9].
Per quanto riguarda la manipolazione e la devastazione del territorio, è il caso di non tralasciare le grandi opere finanziate dalla Banca Mondiale per la costruzione di dighe e di sbarramenti fluviali con miliardi di dollari negli ultimi vent’anni. Ma già nel 1981 con le dighe costruite in Cina, la quale detiene il 50% delle dighe progettate nel mondo, circa 22.000 di cui la più costosa è stata quella” Delle tre gole” con 28 mld di dollari e terminata il 2006 dopo 13 anni di lavoro, con 70 città sommerse, migliaia di villaggi scomparsi, 1 mln di persone trasferite [10]. La “Commissione mondiale sulle dighe” ha calcolato che a livello globale, gli sfollati per la costruzione di dighe sono tra i 40 e gli 80 mln, quasi sempre con l’intervento dei bulldozer e della polizia.
“I costi per l’impatto ambientale, ecologici e sociali, superavano di gran lunga i benefici che venivano gonfiati per dare le informazioni che gli utili dovevano essere superiori al capitale investito dalla Banca Mondiale”[11].
La maggior parte di questi grandi progetti non hanno portato alcun miglioramento economico, l’energia prodotta viene destinata alle grandi industrie, "e hanno aumentato il peso del debito pubblico e in un periodo di fragilità idrogeologica le grandi dighe aumentano la vulnerabilità climatica dei paesi poveri" [12].
Ogni uomo ha un ben preciso fine nella vita e i mezzi per raggiungerlo devono essere gestiti in modo molto oculato per non inficiare il futuro di quelli che verranno, in quanto il rapporto uomo – natura deve essere considerato "bene comune" nel senso che ognuno di noi deve agire con responsabilità verso gli altri e non con indifferenza e individualismo per il "dio profitto", sottoponendosi al dominio del denaro.
"L’uomo può essere felice nella misura in cui rende felici gli altri". Raoul Follereau, poeta francese.
ESSO, posto al centro dell’universo, non può arrogarsi il potere di recare nocumento a tutto e a tutti, anzi ha l’obbligo di donare e donarsi per il bene dell’universo stesso al fine di migliorarlo.
Si parla di sviluppo e di progresso, ma come si può concepire tale concetto se non si lascia ai popoli futuri un mondo sviluppato sotto l’aspetto economico, sociale ed etico? L’antropocentrismo è stato soppiantato dal pecuniacentrismo. L’era glaciale dell’animo mira a spegnere l’universalità dei diritti dell’uomo per dare ulteriore vitalità all’arte della "crematistica degenerata", Aristotele la definiva "crematistica non naturale", quell’arte che monetizza ogni cosa, persino le nostre vite.

 

 

 

 


[1] Karl Marx: Teorie sul plusvalore, Editori Riuniti, Roma, 1971
[2] Dal National Geographic del marzo 2011
[3]AdnKronos del 27.08.2015 (Agenzia di stampa italiana), sede nella città di Roma
[4]Da uno studio 2016 del Crown Corporation Public Health Ontario del Canada
[5]James Zachos, Università della California, Santa Cruz, National Geographic, ottobre 2011
[6] Dal rapporto “Brevetto Foreste” del 2013, dell’Alleanza mondiale fra i giovani e le Nazioni Unite (Yunga)
[7] Dal rapporto di aprile 2015 del WWF (World Wild Fund)
[8] Structural change and economic dynamics, “Distibutive impact of structural change: does environmental degradation matter?”, Angelo Antoci, – Paolo Russu – Elisa Ticci, Dicembre 2009, pag. 266
[9] Wangari Muta Maathai, 1940 – 2011, ambientalista e biologa Keniota, Premio Nobel per la pace 2004, dal National Geographic, ottobre 2011
[10] Corriere della Sera del 25 luglio 2015
[11] Vandana Shiva: Le guerre dell’acqua, Ed. Feltrinelli, Milano, 2004, pag.78
[12] Libre (associazione di idee) del 22.03.2014 (rivista online).

 

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Irriverenza verso l’ambiente


Partendo dall’idea che il Pianeta Terra non è di nostra proprietà, ma che noi siamo solo ospiti, ci arroghiamo il diritto di trivellare, cementificare e disboscare; questi obbrobri non nascono dai nostri bisogni, ma da desideri effimeri e di profitto.

Tutto questo impoverisce la Terra, la abbruttisce.

Ecco che nasce un processo avverso alla cura e alla tutela della Natura, un processo immeritato per la bontà e la generosità della Natura stessa. Però essa non può subire a lungo questi trattamenti, de facto tende a ribellarsi. Non a caso Papa Francesco, grande sensibilizzatore delle coscienze, nella sua seconda Enciclica Laudato si’ ammonisce “Dio perdona, la natura no”, e invoca la fratellanza tra uomo e natura. Se viene a mancare questo rapporto, nascono le cosiddette catastrofi naturali, ma non sono naturali, sono catastrofi indotte dai maltrattamenti verso la Natura.
La Natura viene flagellata per i continui saccheggiamenti dell’uomo, infatti negli ultimi due ventenni è nato un rapporto persecutorio e schizofrenico verso la Natura senza precedenti. Secondo alcune recenti risoluzioni dell’assemblea ONU, la natura “ha diritti”, come quello di non essere violentata o depredata per fini di profitto. Il programma “UN Harmony with Nature” suggella di fatto questa linea normativa e fornisce suggerimenti con leggi e sentenze per riconoscere tali diritti, di esistere, prosperare ed evolversi. Sin dal protocollo di Kyoto a dicembre del 1997, i 170 Stati aderenti si impegnarono a ridurre i gas serra dell’8% fino al 2012, ma nulla di fatto, vox clamantis in deserto. 
Ora, il Comitato Scientifico mondiale, per mantenere il livello attuale del mare e la sua temperatura, afferma che fino al 2050 l’aumento della temperatura globale dovrà essere contenuto entro i 2°C. Nelle ultime tre conferenze COP21 (Parigi 2015), COP22 (Marrakesh 2016) e COP23 (Bonn 2017) i 194 Paesi aderenti hanno confermato l’accordo di non superare i 2°C.
Alcuni studi empirici della rivista Nature Communications [1] hanno asserito che dal 2007 al 2013 c’è stata una diminuzione di emissione dei gas serra del 20% a livello globale, dovuta alla crisi socio – economica e quindi alla diminuzione della produzione, e non per il rispetto di impegni presi da parte dei Paesi. Purtroppo la Cina non ha contribuito a questo miglioramento, basti pensare che da sola emette il 29% della COmondiale [2].
Il W.T.O. (World Trade Organization) ha lasciato che essa indisturbatamente continuasse a produrre a dismisura, soprattutto prodotti di qualità scadente, in quanto ancora inserita nel programma dei Paesi in via di sviluppo. E non solo, nel dicembre del 2013 a Bali (Indonesia) è stato raggiunto l’accordo sulla “Liberalizzazione degli scambi” da parte dei 159 Stati aderenti al W.T.O., dopo che Cuba ha desistito sulla minaccia di veto, per la gioia della regione ultimamente denominata “CINDIA” (Cina e India).
Queste liberalizzazioni e deregolamentazioni commerciali sono agevolate dalla mancanza di paletti alle reiterate e devastanti operazioni di trivellazioni, cementificazioni e disboscamenti in più parti della terra. A quasi la totalità di queste operazioni vengono assoggettati i Paesi più poveri, meglio specificare “impoveriti” in quanto ricchi di risorse ma depauperati, dei loro beni naturali di sostentamento, dalle imprese sovranazionali mediante accordi, talvolta illeciti, con i locali governi e Capi di Stato. Specie in materia di accaparramento delle terre dei contadini che vivono in maniera autarchica, impoverendoli ulteriormente, non solo economicamente, ma anche svuotandoli della capacità di ricorrere giuridicamente contro siffatti abusi.
Il land grabbing è il fenomeno economico che da oltre un decennio si perpetua ai danni delle comunità più povere del sud del mondo nell’era della globalizzazione neoliberista. Lo denuncia il Global justice now [3], grandi multinazionali, complice la Banca Mondiale con politiche di deregolamentazione, senza limiti hanno acquistato grandi terreni, per un totale di circa 31 mln di ettari, in Sud America, in Africa e in Asia oltre per le risorse naturali, anche per le coltivazioni intensive e monocolture. Infatti le multinazionali inducono le popolazioni autoctone a specializzarsi in monocolture, per es. abbiamo in Costa d’Avorio grandi coltivazioni di cacao, in Etiopia di caffè, in Kenya di the, nel Senegal di arachidi, in Madagascar di biocarburante e soia, in Tanzania di riso, etc. [4], senza considerare le loro esigenze alimentari, manipolando inter alia i prezzi sui mercati mondiali dei prodotti agricoli. Ogni quattro giorni viene venduta a capitali stranieri un’area più grande della città di Roma [5].

Ma, ritornando al problema del riscaldamento globale, buone politiche sarebbero quelle di eliminare le barriere che ostacolano lo sviluppo delle fonti rinnovabili ed abrogare i sussidi alle trivellazioni per gas e petrolio. 
Inoltre, per i territori sottoposti a grandi fenomeni meteorologici, bisogna rafforzare la loro resilienza e metterli in sicurezza; ma anche cambiare paradigma nell’agricoltura è imperativo, per esempio mettere dei paletti all’uso dei pesticidi, dei fertilizzanti chimici e alle pratiche di coltivazioni intensive.
In definitiva, bisogna promuovere uno sviluppo sostenibile e fare entrare nei fatti economici mondiali anche i Paesi del terzo e del quarto mondo.
Infine, per quanto riguarda l’impermeabilizzazione del suolo, o cementificazione, essa inibisce una appropriata organizzazione del territorio e degli ecosistemi in modo irreversibile, causando i grandi disastri ambientali di cui ultimamente siamo a conoscenza.
Tutto questo non è giustificabile con l’abbandono da parte degli agricoltori delle aree agricole, quindi con l’esodo verso le aree urbane. Un esempio eclatante di abbandono delle campagne ci è stato fornito dalla Cina di Deng Xiao Ping, agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso quando, con l’apertura ai mercati esteri, si è avuto il boom economico. Assistiamo oramai da un quinquennio al controesodo, dalle città alle campagne, dovuto all’inquinamento ambientale e all’invivibilità delle metropoli industrializzate: l’inquinamento è dovuto principalmente all’anidride solforosa SO2 emessa dalle industrie a carbone e dalla produzione di energia. La Cina ricava dalla combustione del carbone il 70% dell’energia prodotta e consuma circa il 50% del carbone mondiale [6]. Per la concentrazione di polveri sottili PM2.5 di 35 volte superiore ai livelli consentiti dall’O.M.S., la rivista britannica Lancet 2013 ha calcolato 1,2 mln di decessi l’anno, oltre al peggioramento della qualità della vita del 20%. Ed è per questo che l’XI Piano Quinquennale del 2006 della Cina ha imposto l’installazione di impianti di desolforazione in molte centrali elettriche, quelle ritenute più nocive. “La riduzione delle emissioni richiede l’uso di tecnologie prodotte in paesi ad alto reddito. Pertanto, la sfida per la politica climatica è quella di incoraggiare il trasferimento di queste tecnologie rispettose del clima al mondo in via di sviluppo” [7].
Infatti, per il calo dei livelli occupazionali dal 2010 al 2011 le esportazioni si sono dimezzate, ma il governo cinese prende le contromisure mediante grossi investimenti pubblici per quanto riguarda le infrastrutture e l’edilizia abitativa con prezzi molto accessibili.  Inoltre, su scala planetaria, la N.A.S.A. (National Aeronautics and Space Administration) sostiene che nel dicembre 2015 la concentrazione in atmosfera di COha superato la soglia di 400 parti per milione, aumentando il rischio delle migrazioni e della sicurezza (Report I.C.C.P. 4/2016). 

 

 


[1] Nature Communications 2015 (rivista): Dopo il 2007, la diminuzione delle emissioni è avvenuta in gran parte a causa della recessione economica, con i cambiamenti nel mix dei combustibili che hanno svolto un ruolo relativamente minore
[2] V° Assessment Report 2014 – Intergovernmental Panel on Climate Change ( I.P.C.C.)
[3] Global justice now: Associazione britannica che si batte per la giustizia sociale. Nel suo rapporto del 28.11.2016 ha definito questa pratica The new scramble for Africa
[4] www.buongiornoAfrica.it, 2013
[5] International Land Coalition, rapporto del 18.11.2012. Essa è una organizzazione di ricerca internazionale che ha sede presso l’agenzia delle Nazioni Unite, ed ha lo scopo di ridurre la povertà e le diseguaglianze per la dignità e l’inclusione
[6]Alcorn T. (2013). China’ s skies: a complex recipe for pollution with no quick fix,. The Lancet 381
[7]  Review of Environmental Economics and Policy: International technology transfer, climate change, and clean development mechanism, di David Popp, 24 maggio 2011, pag. 131.


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Abstract


Human activities are depleting the so-called “commons” given to us spontaneously by Nature and accessibile for the sustainable production and use of earth’s wealth.  The process driving this degenerative interaction is capitalist development, both constructive and destructive: this dualism has been perpetuated for about two centuries and transforms ethical and social values into mere economic values.  For Capital, the sole value is the maximization of profit: this is the great engine of this process leading to disaster. If it does not destroy the environment, it destroys itself. 

Thanks to the natural greenhouse effect, we have a temperature on Earth of about 15°C. Without that natural effect, the average temperature would be -18°C. However, if we continue to pollute the atmosphere without any control, given the recklessness of human activities, global warming will be our self–destruction. In fact, the rising temperatures will reduce the ability of plants to absorb CO2.The environment needs care and stewardship of the common resources. Protesting  nature means protecting ourselves.

Cenni di Economia Ambientale. Il rapporto utilitaristico degli uomini con la natura

Prefazione

Dubito che ci sia altra espressione letterale che possa dare il vero significato al presente lavoro di ricerca scientifica meglio di quella testé indicata nella magistrale lezione pastorale di uomo, ancor prima che di Alto Prelato, il più alto rappresentante della Chiesa Cattolica.
“Gli ecosistemi intervengono nel sequestro dell’anidride carbonica nella purificazione dell’acqua, nel contrasto di malattie e infestazioni, nella composizione del suolo, nella decomposizione dei rifiuti e in moltissimi altri servizi che dimentichiamo o ignoriamo. Quando si rendono conto di questo, molte persone prendono nuovamente coscienza del fatto che viviamo e agiamo a partire da una realtà che ci è stata previamente donata, che è anteriore alle nostre capacità e alla nostra esistenza”. (PAPA FRANCESCO: LAUDATO SI’, enciclica sulla cura della casa comune. (Pag. 133, Libreria Editrice Vaticana, Roma 2015). 

“Relazione di coppia e violenza”

Giovedì 23 maggio 2019 alle ore 17.30 in Sala Anziani a Palazzo Moroni, la Società Dante Alighieri di Padova ha organizzato la conferenza “Relazione di coppia e violenza”. Parteciperanno Gabriella Imperatori, opinionista per il Corriere del Veneto e autrice di saggi racconti e romanzi e il prof. Luigi Pavan, già ordinario di psichiatria nell’Università di Padova. Modera Giuseppe Rosin, già magistrato penalista. Ingresso libero e gratuito fino ad esaurimento posti.


Le manifestazioni di violenza nel rapporto di coppia, con particolare riguardo ai comportamenti a danno della donna e quindi al femminicidio sono al centro della conferenza organizzata dalla Società Dante Alighieri di Padova che si terrà giovedì 23 maggio 2019 alle ore 17.30 in Sala Anziani a Palazzo Moroni, Comune di Padova.

Attraverso la descrizione criminologica del fenomeno e del suo andamento statistico e con l’individuazione delle cause psicologiche che lo determinano, l’incontro vuole far luce su un fenomeno mai come oggi di stretta attualità cercando di intravedere possibili indicazioni di direttive per un suo possibile contenimento.

Ingresso libero e gratuito fino ad esaurimento posti


Per informazioni:

SOCIETÀ "DANTE ALIGHIERI”, Comitato di Padova – Prato della Valle 97 – 35123 Padova

ladante.padova@alice.it

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La Giornata mondiale in difesa degli oceani

Musikè 2019

Al via l’edizione 2019 di Musikè: dodici spettacoli nelle province di Padova e Rovigodal 4 maggio al 26 novembre, con alcuni dei nomi più prestigiosi del panorama nazionale e internazionale


L’ottava edizione di Musikè, rassegna itinerante di musica, teatro, danza promossa e organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, propone una serie coordinata di appuntamenti nei teatri, nelle sale da concerto e nelle chiese dei due capoluoghi e delle due province. 

Dodici spettacoli improntati al dialogo tra le arti: attrici e attori del calibro di Anna FogliettaFederico BuffaAntonella QuestaElsa Bossi; compagnie come l’Accademia Arte della Diversità del Teatro La Ribalta di Bolzano; il teatro comico musicale della Banda Osiris con il professor Telmo Pievani; concerti di prestigiose compagini come la Filarmonica Arturo Toscanini, i Wiener Sängerknaben e l’ensemble Trombone Unit Hannover. In particolare, in questa ottava edizione della rassegna saranno ben tre gli appuntamenti con la danza, che affiancheranno a una compagnia giovanile italiana, l’Eko Dance Project di Pompea Santoro, la compagnia del ballerino e coreografo angloindiano Aakash Odedra e, in chiusura, un vero e proprio kolossalLes nuits barbares ou les premiers matins du mondedella compagnia franco-algerina di Hervé Koubi. Sarà Anna Foglietta, attrice tra le più note e amate dal grande pubblico, la protagonista dello spettacolo inaugurale dell’edizione 2019 di MusikèSabato 4 maggio alle 21.00, nella splendida cornice della Sala dei Giganti al Liviano, l’attrice, accompagnata dal violoncellista Francesco Mariozzi, porterà in scena Una guerra. Storie dal Decamerone, testo attualissimo di Michele Santeramo che allude alla tragedia dei migranti e dei barconi attraverso una novella del Boccaccio. Una madre, per salvare i suoi figli dalla guerra del suo Paese, decide di fare il viaggio che in molti fanno, arrivando al Mediterraneo. In mare dovrà prendere una decisione che le segnerà la vita. Una storia del Decamerone sarà la guarigione, per ricordarci che le novelle di Boccaccio hanno una funzione salvifica: nascono come via di fuga dalla peste, cioè da una tragedia collettiva, e qui diventano lo specchio in cui guardarci, per guarire dai nostri dubbi e, forse, dalle nostre ipocrisie.

Dopo aver ospitato più volte orchestre sinfoniche giovanili, Musikè quest’anno ospiterà la Filarmonica Arturo Toscanini, nata a Parma nel 2002, punta di diamante della produzione musicale della Fondazione Arturo Toscanini. Domenica 19 maggio alle ore 18.00 al Teatro Verdi di Padova l’orchestra sinfonica di 87 musicisti, con il suo direttore principale Alpesh Chauhan, presenterà un programma di musica “a passo di danza”, ispirata dal teatro: il teatro povero e popolare della maschera di Petruška e il teatro shakespeariano di Romeo e Giulietta. Stravinskij Prokofiev ne hanno tratto due balletti che sono tra i capolavori assoluti del Novecento musicale.

Il teatro comico musicale, che è stato uno dei motivi caratterizzanti delle prime edizioni di Musikè, torna lunedì 27 maggio alle 21.00 al Teatro Aldo Rossi di Borgoricco (PD) con AquaDue0, una lezione-spettacolo della Banda Osiris con Telmo Pievani, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova. Lo spettacolo tratta in chiave brillante un tema indispensabile e urgente, quello dell’acqua come risorsa vitale del pianeta Terra. Cinque scienziati si interrogano in un laboratorio, con il tavolo degli esperimenti, una lavagna gigante e tante bocce d’acqua che riescono perfino a suonare Com’è profondo il mare di Lucio Dalla, tra citazioni a pioggia (in senso figurato e in senso proprio) che vanno da D’Annunzio a Jovanotti, dalla Barcarola di Offenbach a una versione di Smoke on the Water per quartetto di fiati, mentre un improbabile documentario in stile anni Sessanta racconta la vita subacquea dei pesci, rappresentati con gli strumenti musicali.

Venerdì 31 maggio alle 21.00 il Teatro Balzan di Badia Polesine (RO), dopo aver ospitato con successo gli spettacoli teatrali e musicali delle scorse edizioni di Musikè, vedrà per la prima volta sul proprio palco la danza contemporanea della compagnia Eko Dance Project di Pompea Santoro, grazie alla concessione delle coreografie di Mats Ek, maestro famoso in tutto il mondo per le sue rivisitazioni dei grandi classici del balletto. Lo spettacolo s’intitola La Bella… Giselle e si compone degli estratti di due capolavori del coreografo svedese: La Bella Addormentata e Giselle. Nella rilettura di Ek la Bella Addormentata diventa un’adolescente in contrasto con i genitori, che scivola nella droga. Nella seconda parte dello spettacolo l’ambientazione cambia rispetto alla versione originale ottocentesca del balletto Giselle, perché Giselle non muore di crepacuore, ma impazzisce; e invece di trovarci in una radura illuminata dalla luna, ci troviamo catapultati all’interno di un manicomio, dove Giselle trova donne che come lei sono ferite, violate, spezzate. Al termine dello spettacolo è previsto un incontro informale tra la compagnia e il pubblico, in modo che i giovani artisti possano spiegare le ragioni del loro lavoro.

Vicende sportive che diventano un affresco storico, poetico, musicale. Questo è Il rigore che non c’era, spettacolo di teatro e musica di Federico Buffa in programma mercoledì 9 ottobre alle 21.00 al Teatro Ballarin di Lendinara (RO). Dopo la consueta pausa estiva, la ripresa della rassegna è affidata a questo caleidoscopio di storie intrecciate tra loro e contrappuntate dalla musica, che sottolinea e impreziosisce le parole. Un angelo custode, interpretato da Jvonne Giò; uno strampalato attore, interpretato da Marco Caronna; e un pianista, Alessandro Nidi: sono i tre compagni di viaggio che porteranno Federico Buffa a scoprire che quella volta, quel rigore, ha cambiato la storia di tutti.

L’ottetto di tromboni dell’ensemble Trombone Unit Hannover proporrà, domenica 13 ottobre alle 21.00 al Tempio della Beata Vergine del Soccorso (La Rotonda) a Rovigo, una rilettura originale e potente dei Quadri di un’esposizione di Modest Musorgskij, a continuare idealmente un discorso che Musikè ha iniziato nel 2017 con Mikhail Rudy (pianoforte e videoproiezioni, su quella stessa musica). Il confronto prosegue, all’interno della rassegna di quest’anno, con la suite dal Romeo e Giulietta di Prokofiev, eseguita dalla Filarmonica Toscanini e ripresa qui in una versione affidata interamente ai tromboni. Completa il programma un particolarissimo arrangiamento della celebre Musica per i reali fuochi d’artificio di Händel.

Con Infanzia felice. Una fiaba per adulti, in programma venerdì 25 ottobre alle 21.00 al Teatro Goldoni di Bagnoli di Sopra (PD), l’attrice Antonella Questa prosegue la sua ricerca sulla natura delle relazioni umane, scegliendo come tema l’educazione dei bambini e partendo da Pedagogia nera, una raccolta di saggi e manuali pubblicati tra la fine del Seicento e i primi anni del secolo scorso. Un viaggio appassionato e divertente all’interno della famiglia e della scuola di oggi, per capire dove affondi le radici quella rabbia che si insinua tra genitori e insegnanti e che troppo spesso spinge bambini e ragazzi verso il bullismo.

Giovedì 31 ottobre alle 21.00 il Piccolo Teatro Don Bosco di Padova ospiterà Ali di Antonio ViganòGian Luigi Gherzi e Remo Rostagno, portato in scena dall’Accademia Arte della Diversità. La compagnia, nata in seno al Teatro La Ribalta di Bolzano, è costituita in maggioranza da attori e attrici in situazione di disagio psichico, che da cinque anni fanno teatro in forma professionale. Ali è il racconto dell’incontro tra un giovane uomo qualunque, disilluso e pessimista, e un individuo con due ferite rosse sulle spalle, un angelo sceso dal cielo attraverso un palo della luce, che ha voglia di soffrire e di amare come fanno tutti gli esseri umani. Scoprendo ricordi sepolti sotto mucchi di sassi, l’angelo mette a nudo la vita del giovane uomo, i suoi dolori, le sue gioie: un gioco crudele e poetico in cui l’uomo scopre la propria storia unica e irripetibile, mentre l’angelo sarà chiamato a scegliere se essere tutto e niente oppure assumere un’identità precisa, terrena, rinunciando alla dimensione divina.

La condizione femminile indagata non solo con le parole e le tragedie di oggi, ma anche con le parole e le tragedie di ieri. Venerdì 8 novembre alle 21.00 al Teatro Filarmonico di Piove di Sacco (PD) l’attrice Elsa Bossi, con le musiche originali di Alberto Braida al pianoforte, darà voce ai racconti di Ada Negri, svelando il lato passionale di una scrittrice comunemente nota solo per le sue poesie da libro di scuola. Lo spettacolo Ada. La solitaria propone al pubblico una prosa per molti aspetti coraggiosa e scomoda, che parla di aborto, di violenza di genere, di prostituzione, di gelosia, di sogni spezzati, mostrando un’autrice – e una donna – attenta ai temi sociali del suo tempo molto più di quanto si immagini.

Come da tradizione consolidata di Musikè, sarà dedicato alla danza lo spettacolo al Teatro Ferrari di Camposampiero (PD), che venerdì 15 novembre alle 21.00 vedrà accendere i riflettori sul nuovo lavoro della compagnia del ballerino e coreografo angloindiano Aakash Odedra, già ospite di Musikè come solista nel 2013. Lo spettacolo, vincitore del Premio “Freedom of Expression” di Amnesty International, ha un titolo che prende spunto da un hashtag tra i più usati nei social, #JeSuis, per cercare di cambiarne il senso: da proiezione individuale ed egoistica, sfruttata per mettersi in luce anche nei momenti più drammatici, a reale condivisione delle vicende di una parte più sfortunata dell’umanità. In #JeSuis la lente è focalizzata su un gruppo di danzatori la cui storia è quella dei “vicini indesiderati”: nato da alcuni workshop che Odedra ha tenuto a Istanbul dal 2012, e in particolare da un periodo trascorso con i danzatori nel 2016 sia in Inghilterra che in Turchia, lo spettacolo esplora temi come la disinformazione, la crescita della xenofobia in Occidente, la soppressione della libertà, la disperazione delle persone che sono fuggite dalla Siria nel 2015.

Dopo il Tölzer Knabenchor, il coro di voci bianche di Monaco di Baviera che ha inaugurato la scorsa edizione a Rovigo, sabato 23 novembre alle ore 21.00 nella Chiesa di S. Maria dei Servi di Padova Musikè ospiterà i Wiener Sängerknaben, il coro di voci bianche di Vienna, internazionalmente noto per le sue partecipazioni al concerto di Capodanno. Il repertorio del coro spazia dal barocco al contemporaneo, dai canti popolari alla musica etnica. Innumerevoli sono i CD, DVD, documentari e film realizzati in questi anni di attività, come pure i direttori d’orchestra e le orchestre con cui il coro ha collaborato e collabora ogni anno. Per Musikè i Wiener Sängerknaben, diretti da Jimmy Chiang, eseguiranno pagine di Couperin, Mozart, Schubert, Britten e canti tradizionali natalizi.

Per l’ultimo appuntamento della rassegna 2019, martedì 26 novembre alle 21.00, il Teatro Sociale di Rovigo vedrà protagonista la compagnia del coreografo francese di origine algerina Hervé Koubi con un vero e proprio kolossal che indaga le origini della cultura mediterranea e la paura ancestrale dello straniero, per rivelare la raffinata potenza delle culture cosiddette «barbare»: Les nuits barbares è uno spettacolo che unisce la suggestione ipnotica della parata da guerra e la precisione di un balletto classico, per mostrare al pubblico la parte più affascinante dell’incontro tra culture e religioni. I danzatori fanno vorticare le loro gonne come dervisci, brandendo lame e coltelli al suono della musica sacra di Mozart e Fauré miscelata con melodie tradizionali algerine. La loro energia evoca un’umanità intera di «barbari»: Persiani, Celti, Goti, Unni, Vandali, apparizioni da tempi remoti e oscuri, emblemi splendidi e terribili di quel crocevia di popoli e culture che chiamiamo Mediterraneo. Questi elementi insieme storici e culturali si mescolano, dal punto di vista stilistico, con il linguaggio della breakdance e dell’hip hop, reinventato in un mix di generi che è insieme sensuale e spirituale.

Tutti gli spettacoli sono a ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria sul sito www.rassegnamusike.it


Per informazioni:

tel. 345 7154654

info@rassegnamusike.it

www.rassegnamusike.it

Musikè è una rassegna promossa e organizzata dalla

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo