Tutela della biodiversità: un patto tra uomo e natura

di Alessandro Campiotti

Il 28 luglio si è celebrata la giornata mondiale per la conservazione della natura, eppure il patrimonio naturale globale si trova in condizioni di costante declino. Il WWF certifica un calo medio delle popolazioni di vertebrati del 69% negli ultimi cinquanta anni. Quali sono le cause? E quali le possibili soluzioni?

Il 28 luglio è stata celebrata la Giornata mondiale per la conservazione della natura, con l’obiettivo di porre lo sguardo su un tema che da decenni interessa sempre più l’opinione pubblica, e che negli ultimi anni è stato oggetto di attenzione e dibattito anche da parte della politica, nazionale e sovranazionale, a partire dall’Unione europea. I più recenti studi concordano sul fatto che la natura stia attraversando un momento di gravi difficoltà, vedendo diminuire rapidamente il patrimonio biologico dei propri ecosistemi, con decine di migliaia di specie animali e vegetali sottoposte a drastici tassi di declino, che in molti casi portano all’estinzione. Il Living Planet Report, pubblicato dal WWF ogni due anni per monitorare l’abbondanza media delle diverse popolazioni di vertebrati a livello globale e regionale, nel 2022 ha certificato un calo medio del 69% rispetto al 1970 tra le popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci. Una graduale riduzione ha riguardato anche le aree protette, a partire dalle riserve naturali, che oggi occupano circa il 13% della superficie terrestre, contribuendo alla fondamentale azione di tutela della biodiversità.
La Federazione italiana dei parchi e delle riserve naturali (Federparchi) certifica che l’Italia è tra i paesi mediterranei più ricchi di biodiversità e specie endemiche, con 24 parchi nazionali, 135 parchi regionali, 32 aree marine protette, per un totale di circa 6 milioni di ettari tra terra e mare, e 658 chilometri di costa. Molti dei siti protetti rientrano nella Rete Natura 2000, istituita dalla Comunità Europea con la Direttiva Habitat del 1992 per favorire il monitoraggio, la conservazione e la valorizzazione della natura e dei suoi più variegati ecosistemi. Come sottolineato dal primo report annuale prodotto dal National Biodiversity Future Center (NBFC) sullo stato di salute della biodiversità in Italia, tra i principali fattori di rischio per gli ecosistemi, ci sono il consumo di suolo e l’agricoltura intensiva, poiché causano una costante delimitazione alla distribuzione geografica delle specie viventi in tutte le ecoregioni. Inoltre, sempre più spesso si riscontrano invasioni biologiche di specie aliene e incendi boschivi, che contribuiscono ulteriormente al danneggiamento e all’impoverimento del patrimonio naturale. Per far fronte a questa situazione, nel 2020, la Commissione Europea ha approvato la Strategia UE sulla biodiversità per il 2030, con l’ambizioso obiettivo di tutelare almeno il 30% delle aree naturali del territorio dell’UE entro il 2030. Tra le proposte a sostegno della salvaguardia della biodiversità, c’è la riduzione del 50% dei prodotti chimici di sintesi utilizzati nell’agricoltura convenzionale, ed una graduale spinta alla transizione verso l’agricoltura biologica, alla quale destinare almeno al 25% dei terreni agricoli.
Tra le azioni di fondamentale importanza c’è il potenziamento degli spazi verdi nelle aree urbane, tramite la realizzazione di infrastrutture verdi quali i corridoi ecologici, con lo scopo di potenziare la connettività ecologica e favorire la produzione di servizi ecosistemici, necessari alla natura e all’essere umano. A questo proposito, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), organizzazione non governativa fondata nel 1948, da oltre mezzo secolo persegue la missione di conservare e ripristinare la natura tramite azioni di finanziamento e promozione della conoscenza, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della sostenibilità ambientale e delle interconnessioni con la società. Per favorire il graduale processo di riconoscimento del valore della natura, nel febbraio del 2022, l’Italia ha approvato la revisione dell’articolo 9 della Costituzione, introducendo tra i principi fondamentali dell’ordinamento la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.

Per approfondire:

Foto di intestazione: Alessandro Campiotti

Giornata Mondiale delle Foreste Pluviali: verso un futuro più verde

22 giugno 2024

Il 22 giugno si celebra la Giornata Mondiale delle Foreste Pluviali, un’occasione per riflettere sull’importanza di questi straordinari tesori di biodiversità, fondamentali per garantire un futuro sostenibile al nostro pianeta. Tra le tante iniziative dedicate alla salvaguardia delle foreste, grandi novità stanno arrivando dal settore turistico.

Le foreste pluviali sono veri e propri “polmoni verdi” che coprono il 31% della superficie terrestre, ospitando ben l’80% della biodiversità terrestre. Si trovano principalmente in Amazzonia (Sud America), in Congo (Africa centrale) e nel Sud-est asiatico e sono significative non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello culturale ed economico per le popolazioni di tutto il mondo.

Le foreste agiscono come regolatori del ciclo dell’acqua, aiutano a purificare l’aria, a filtrare l’acqua e rappresentano un’importante fonte di risorse naturali e di prodotti preziosi per la nostra salute. Fondamentale è il loro ruolo nel contrastare il cambiamento climatico: si stima che 1.000 alberi possano assorbire circa 36 tonnellate di CO2 in 20 anni.

La minaccia della deforestazione

A livello globale, la deforestazione e il degrado forestale sono le principali minacce per questi preziosi ecosistemi.
La deforestazione avviene per molte ragioni, soprattutto per la conversione in terreni coltivati (50%), per il bestiame (40%), per l’espansione delle aree rurali e urbane, per l’industria forestale e per lo sfruttamento minerario. Questo processo può essere osservato in tutto il mondo, ma avviene principalmente nei paesi in via di sviluppo.

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), tra il 1990 e il 2020 sono andati persi 420 milioni di ettari di foresta a causa della deforestazione, un’area equivalente a quella dell’Unione Europea.

La deforestazione è una delle maggiori cause dei cambiamenti climatici: i grandi incendi provocati dall’uomo per liberare territori da destinare all’agricoltura e all’allevamento aumentano la produzione di CO2, uno dei gas responsabili dell’effetto serra, con aumento della temperatura globale. La deforestazione provoca dissesti idrogeologici e erosione del suolo, che non è più trattenuto dalle radici superficiali degli alberi e viene portato via dalle intense piogge senza essere più sostituito.

Rigenerare il pianeta

Ma non è ancora troppo tardi per agire. In tutto il mondo si stanno attivando iniziative e progetti di riforestazione che mirano a ripristinare le foreste pluviali degradate e a proteggere quelle ancora intatte.
La riforestazione è una strategia chiave per combattere la distruzione delle foreste pluviali; l’obiettivo è quello di proteggere l’ambiente facilitando e accelerando il ripristino di una sana struttura forestale, attraverso la rigenerazione del manto forestale e la preservazione della biodiversità dell’ecosistema.

Turismo responsabile: un viaggio verso la sostenibilità

Il settore turistico svolge un ruolo fondamentale nella tutela dell’ambiente, ma se non gestito in modo efficace può produrre un grave impatto negativo sul territorio. Fortunatamente oggi sempre più viaggiatori sono attenti alla tutela del territorio e al rispetto dell’ambiente, contribuendo attivamente alla diffusione del turismo responsabile.

In questo contesto la World Sustainability Foundation (WSF) ha lanciato l’iniziativa “1 Guest – 1 Tree Planted” che propone alle strutture turistiche di piantare un albero per ogni ospite. Sono invitate a partecipare tutte le attività legate al settore turistico come hotel, resort, residence, B&B, campeggi, agenzie viaggi in tutto il mondo.

Il progetto di riforestazione consiste nel piantare nuovi alberi dove erano già presenti in passato, utilizzando solo specie endemiche, cioè tipiche ed esclusive del territorio. L’iniziativa ha anche l’obiettivo di valorizzare le comunità locali, proteggere la biodiversità e la fauna selvatica, contribuendo attivamente alla salute del pianeta.

In Africa centrale la WSF ha piantato finora più di 5.500 alberi in collaborazione con Trees for the Future; decine di persone delle comunità locali sono coinvolte nei lavori di piantagione e monitoraggio. Un altro progetto di riforestazione è in corso in Indonesia.

In questo contesto la World Sustainability Foundation (WSF) ha lanciato l’iniziativa “1 Guest – 1 Tree Planted” che propone alle strutture turistiche di piantare un albero per ogni ospite. Sono invitate a partecipare tutte le attività legate al settore turistico come hotel, resort, residence, B&B, campeggi, agenzie viaggi in tutto il mondo.
Il progetto di riforestazione consiste nel piantare nuovi alberi dove erano già presenti in passato, utilizzando solo specie endemiche, cioè tipiche ed esclusive del territorio. L’iniziativa ha anche l’obiettivo di valorizzare le comunità locali, proteggere la biodiversità e la fauna selvatica, contribuendo attivamente alla salute del pianeta.
In Africa centrale la WSF ha piantato finora più di 5.500 alberi in collaborazione con Trees for the Future; decine di persone delle comunità locali sono coinvolte nei lavori di piantagione e monitoraggio. Un altro progetto di riforestazione è in corso in Indonesia.
La WSF consente alle aziende e ai privati di partecipare attivamente alle iniziative di riforestazione: per aderire piantando uno o più alberi, contattare alla mail info@worldsustainabilityfoundation.org.

Fonte.https://worldsustainabilityfoundation.org/.

Desertificazione e degrado del suolo: facciamo il punto a trent’anni dalla Convenzione ONU di Parigi del 1994

di Alessandro Campiotti

Secondo un recente rapporto delle Nazioni Unite, circa il 40% delle superfici globali sono degradate e ogni anno il fenomeno della desertificazione causa la perdita di 12 milioni di ettari di suolo, interessando oltre 2 miliardi di persone nel mondo

Ogni anno, il 17 giugno, si celebra la Giornata mondiale per il contrasto alla desertificazione e alla siccità. Quest’anno ricorrono i trent’anni da quando il 17 giugno 1994 i rappresentanti di oltre duecento paesi si riunirono a Parigi per ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (UNCCD). L’anno seguente l’ONU istituì questa Giornata con l’obiettivo di porre l’attenzione sul tema della perdita di suolo e delle numerose conseguenze per l’ambiente e per l’uomo.

Un recente studio dell’UNCCD riporta una serie di dati sconfortanti in merito alle condizioni di salute del suolo, evidenziando che circa il 40% delle superfici globali sono considerate degradate e che ogni anno il fenomeno della desertificazione causa la perdita di 12 milioni di ettari di suolo, interessando oltre 2 miliardi di persone nel mondo. A questo proposito, il rapporto del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPAI), aggiornato al 2023, conferma questi dati, ricordando che il suolo è una “risorsa vitale, limitata, non rinnovabile e insostituibile”.

I temi scelti per celebrare la Giornata per la lotta alla desertificazione 2024 guardano agli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, promuovendo la cooperazione inclusiva tra i paesi al fine di raggiungere la neutralità del degrado del suolo. Il processo di deterioramento delle proprietà chimico-fisiche del terreno riduce la complessità degli ecosistemi e incide negativamente sulla produttività biologica ed economica dei territori. Da alcuni anni questo tema è al centro del dibattito internazionale, anche grazie ai numerosi eventi, conferenze scientifiche e iniziative culturali, con lo scopo di informare e sensibilizzare l’opinione pubblica.

Ma da quanto tempo i concetti di desertificazione e degrado del suolo sono entrati a far parte del nostro lessico comune? Il termine “desertificazione” fu introdotto negli anni ’20 del secolo scorso, quando le amministrazioni coloniali in Africa Occidentale si resero conto che l’aumento della siccità e l’uso intensivo del suolo causavano una graduale riduzione della fertilità, rendendolo simile a quello delle zone aride e desertiche. Tuttavia, il concetto di desertificazione fu formalizzato solo nel 1977, in occasione della prima Conferenza Internazionale sulla Desertificazione di Nairobi (UNCOD), dove fu definito come “diminuzione o distruzione del potenziale biologico del suolo”.

Proprio a partire dagli anni ‘70, l’UNCOD incrementò le azioni di monitoraggio del territorio attraverso la realizzazione di mappe mondiali della desertificazione prodotte a partire dai dati acquisiti mediante il telerilevamento satellitare. Nel 1992, alla Conferenza delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro fu compiuto un ulteriore passo avanti in relazione all’analisi del fenomeno. In particolare, si affermò che le cause fossero dovute a plurimi fattori, riconducibili tanto alle naturali variazioni climatiche quanto alle attività antropiche.

Dopo alcuni decenni di dibattito sulle diverse definizioni del concetto di “desertificazione”, la Commissione europea, alla fine del 2021, ha approvato la “Strategia dell’UE per il Suolo per il 2030”, ribadendo l’importanza della salute dei suoli per il conseguimento degli obiettivi del Green Deal europeo in materia di clima e biodiversità. Tra questi, di particolare rilievo risultano il ripristino degli ecosistemi degradati, la bonifica dei suoli contaminati, il miglioramento delle condizioni ecologiche e chimiche delle acque e la riduzione del consumo di pesticidi del 50% entro il 2030, fino ad arrivare ai più ambiziosi obiettivi dell’azzeramento del consumo di suolo e della “neutralità climatica” (zero emissioni nette di anidride carbonica) entro il 2050.

In Italia, dalla fine degli anni ’90 sono stati promossi programmi di azione nazionale e locale per il contrasto alla siccità tramite una gestione più sostenibile degli ecosistemi agrari, la riduzione dell’impatto delle attività produttive e la salvaguardia delle risorse idriche e biologiche. Tuttavia, secondo un recente rapporto dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), il 28% della superficie nazionale risulta in uno stato di degrado e a rischio desertificazione, e il problema interessa in particolare le regioni meridionali e le isole. Il costo economico della desertificazione è difficilmente quantificabile, sebbene, in una review dell’UNCCD si stima che a livello globale possa toccare cifre pari ai 23.000 miliardi di dollari entro il 2050.

Per approfondire

  • Commissione Europea: Strategia dell’UE per il suolo per il 2030 “Raccogliere i benefici di suoli sani per le persone, il cibo, la natura ed il clima”, COM (2021) 699 final;
  • ONU – Centro Regionale di Informazioni delle Nazioni Unite: Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile;
  • ONUITALIA.IT: 17 giugno – Giornata mondiale contro la desertificazione;
  • Sistema Nazionale per la Prevenzione dell’Ambiente (SNPA): Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici, Edizione 2023. Doc. n 218/23;
  • Sterk, G.; Stoorvogel, J.J. Desertification–Scientific Versus Political Realities. Land 20209, 156. https://doi.org/10.3390/land9050156.

Foto d’intestazione: Croste superficiali causate dalla siccità (www.pixabay.com)