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Conclusioni

 

L’importante risultato raggiunto, ovvero l’ottenimento di alcool dalla degradazione della fibra presente negli effluenti zootecnici e la crescita algale successiva sulle borlande di distillazione prodotte, è ancora migliorabile. I reflui zootecnici possono essere considerati validi nella produzione di bioetanolo, anche se i quantitativi di zuccheri fermentescibili sono minori rispetto a quelli di altre biomasse lignocellulosiche.

Riguardo alla produzione di bioetanolo, le rese di idrolisi dimostrano anche in questo studio come la de-cristallizzazione delle fibre sia, di fatto, lo step limitante dell’intero processo di produzione di etanolo da fibre lignocellulosiche (Chen et al., 2003; Galbe and Zacchi, 2002).

Un altro passaggio cardine dell’intero processo è quello della fermentazione degli zuccheri pentosi. Pichia stipitis mostra una ridotta efficienza nella trasformazione degli zuccheri pentosi in etanolo nei liquami, pertanto al fine di migliorare le rese fermentative verrà testato il ricorso a tecniche di immobilizzazione dei lieviti e all’utilizzo di altri microrganismi che siano in grado di fermentare gli zuccheri pentosi.

Rispetto alla crescita di microalghe, i risultati migliori sono stati ottenuti con diluizioni più elevate (1:50), in quanto il grado di penetrazione della luce è un fattore decisivo per l’intera dinamica del processo. Questo è sicuramente un aspetto molto importante per riuscire ad ipotizzare e studiare, in altri contesti, la possibilità di trasferire alla scala industriale questo tipo di processo.

La capacità di rimozione dei nutrienti, in particolar modo azoto ammoniacale, in seguito a processi di organicazione dello ione ammonio per la formazione di amminoacidi e quindi proteine, si attesta in media, nei tre campioni saggiati, attorno a valori prossimi al 90%, registrando comportamenti migliori nel caso della borlanda bovina.

A valle di questo step significativo, attraverso il quale si dimostra l’efficacia della soluzione adottata sia nella rimozione dei nutrienti, sia nella produzione di nuova biomassa, è importante sottolineare la necessità di un passaggio di separazione dal refluo e di una successiva ulteriore valorizzazione delle microalghe, ad esempio per l’estrazione di composti di interesse farmacologico e nutraceutico o per la produzione di bioenergia. La frazione liquida restante risulta depurata dalla componente ammoniacale e ha un tenore di azoto decisamente inferiore rispetto alla borlanda tal quale.

Dai dati emersi si giustifica la considerazione di questa soluzione tecnica per la gestione delle borlande residue, ottenute anche da filiere diverse rispetto a quelle della produzione di bioetanolo da reflui zootecnici. Ulteriori progetti e lavori potranno essere dedicati alla messa a punto di una filiera di produzione di masse microalgali integrata ad altre filiere di produzione di biocarburanti.

Analisi sperimentale della produzione massiva di microalghe: test con Chlorella vulgaris e Scenedesmus sp.

La possibilità di produrre biomassa microalgale valorizzando il contenuto in nutrienti delle borlande è stata testata analizzando la potenzialità di crescita di due specie diverse di microalghe sui tre campioni delle tre diverse filiere zootecniche.

Le microalghe sono specie ubiquitarie, in grado di adattarsi a diverse condizioni ambientali. Quando nei corpi idrici, luce e temperatura sono adeguate ed i nutrienti, specialmente azoto e fosforo, non limitanti, le microalghe possono crescere fino a raggiungere concentrazioni di centinaia di milioni di cellule per millilitro (Tredici, 2007). Se poste nelle corrette condizioni ambientali, quindi, queste quantità massive di biomassa possono essere potenzialmente utilizzate come alimento zootecnico, o come materia prima per la produzione di biocarburanti (Travieso et al., 2006). Dalla separazione/estrazione e successiva trasformazione della biomassa microalgale è possibile ottenere diversi prodotti, quali biocarburanti (bioetanolo, biodiesel, bioolio), prodotti farmaceutici, alimenti e mangimi. Attualmente la produzione di microalghe per fini energetici avviene in impianti pilota (in vasche da 10 m fino ad impianti da 2 ha), mentre la produzione di alghe da destinare ai settori di nicchia (alimenti salutistici e dietetici, prodotti farmaceutici, cosmetici) è pari a una decina di migliaia di tonnellate annue (Lagioia G. et al. 2011; Nigam PS., Singh A. 2010; Thurmond W. 2011).
Le alghe si sono rivelate interessanti grazie alla loro capacità di proliferare utilizzando varie forme di azoto inorganico come azoto ammoniacale, nitrico, nitroso e ossido nitrico (Olguin, 2003; Park et al., 2009; Park et al., 2010). Recentemente sono state studiate diverse ipotesi di processi di trattamento per la rimozione di nutrienti inorganici da diverse tipologie di reflui (Li et al., 2010; Park et al., 2010).

Nello specifico, rispetto ai processi di depurazione delle acque di scarico e dei reflui zootecnici, le alghe maggiormente impiegate sono Chlorella sp. e Scenedesmus sp. I ceppi microalgali utilizzati sono stati acquistati presso “Culture Collection of Algae and Protozoa – CCAP “http://www.ccap.ac.uk/index.htm”.

I due ceppi algali sono stati inizialmente coltivati utilizzando come terreno di coltura Proteose Peptone medium (MgSO4*7H2O 1g/l, K2HPO4 1g/l, KNO3 1g/l, Proteose Peptone 1g/l).

Dato il rischio di interferenza con i valori di densità ottica e le elevate concentrazioni di azoto ammoniacale, sono state fatte delle diluizioni sui campioni prima di sottoporli al trattamento con i 2 ceppi microalgali per ottenere un substrato con maggiore possibilità di penetrazione da parte della luce. Le diluizioni scelte sono 1:10 e 1:50. L’inoculo algale è stato aggiunto in concentrazione del 20% v/v ai campioni di borlande di distillazione così diluiti. Tutti i test sono stati effettuati alla scala di laboratorio con beute in borosilicato della capacità di 250 ml. Tutti i test sono stati condotti in batch, sottoposti ad un ciclo giorno-notte pari a 12:12, a temperatura ambiente, in agitazione continua e con aerazione naturale.

La cinetica del processo di crescita algale è stata monitorata valutando la variazione della densità ottica del campione contenente le alghe attraverso una misura spettrofotometrica effettuata a 530 nm di lunghezza d’onda correlabile con la velocità di crescita algale (μ). Un altro parametro correlato con la crescita algale è il pH; il processo fotosintetico porta infatti al consumo di carbonio organico (come HCO3-) e quindi all’accumulo di ioni idrossilici; l’aumento del pH è pertanto un buon indicatore della crescita microalgale (de Morais and Costa, 2007; Ji et al., 2012). Di seguito a titolo esemplificativo si riporta un grafico, che rappresenta la variazione della densità ottica e del pH nel corso del trattamento della borlanda di suino (diluizione 1:50), e le fotografie del medesimo test scattate al tempo iniziale, dopo 20 giorni di trattamento e al tempo finale (Figure 2a e 2b).

Figura 2a – Variazione della densità ottica e del pH nel corso del trattamento della borlanda di suino

 

Figura 2b – Variazione della densità ottica della borlanda di suino (diluizione 1:50) sottoposta a test, al tempo iniziale, dopo 20 giorni di trattamento e al tempo finale

Al termine del trattamento, il refluo è stato analizzato per valutare l’efficienza del processo di “rimozione” soprattutto dell’azoto ammoniacale, e la contestuale produzione di nuova biomassa, analizzando i contenuti in azoto totale, nitrico e nitroso, oltre alla domanda chimica di ossigeno, COD.

Tabella 5 – Concentrazione delle diverse specie chimiche dell’azoto e della domanda chimica d’ossigeno delle borlande avicole (pollina) dopo trattamento con Chlorella vulgaris e Scenedesmus sp

 

 

Azoto
totale

Azoto
ammoniacale

Azoto
nitrico

Azoto
nitroso

COD

Crescita
algale (μ)

mg/kg

mg/kg

mg/kg

mg/kg

mg/l

 

Borlanda bovino
tal quale

1200

650

<1

<1

27250

Borlanda bovino
(dil 1:10) + 20%
Chlorella vulgaris

7100

16

<1

<1

14250

0.84/giorno

Borlanda bovino
(dil 1:50) + 20%
Chlorella vulgaris

34500

40

100

<1

42750

1.89/giorno

Borlanda bovino
(dil 1:10) + 20%
Scenedesmus sp.

277

14

<1

<1

27750

0.09/giorno

Borlanda bovino
(dil 1:50) + 20%
Scenedesmus sp.

12309

165

<1

100

37000

0.15/giorno

Borlanda suino

tal quale

3300

720

<1

1.99

27000

Borlanda suino
(dil 1:10) + 20%
Chlorella vulgaris

13800

7

<1

<1

21250

<0

Borlanda suino
(dil 1:50) + 20%
Chlorella vulgaris

<25000

90

<1

<1

56750

1.72/giorno

Borlanda suino
(dil 1:10) + 20%
Scenedesmus sp.

3092

13

<1

<1

22000

<0

Borlanda suino
(dil 1:50) + 20%
Scenedesmus sp.

24824

200

<1

<1

41750

0.22/giorno

Borlanda avicoli
tal quale

5800

1050

<1

<1

51500

Borlanda avicoli
(dil 1:10) + 20%
Chlorella vulgaris

6400

22

<1

<1

36250

<0

Borlanda avicoli
(dil 1:50) + 20%
Chlorella vulgaris

NR

NR

<1

<1

69500

1.80/giorno

Borlanda avicoli
(dil 1:10) + 20%
Scenedesmus sp.

4115

7

<1

<1

36250

<0

Borlanda avicoli
(dil 1:50) + 20%
Scenedesmus sp.

38465

125

<1

<1

45250

0.019/giorno

I valori di crescita microalgale rapportati con i valori di pH monitorati durante l’intero processo aiutano a capire se vi è stata o meno proliferazione algale. I risultati migliori si ottengono con le diluizioni più elevate in cui si assiste ad una notevole proliferazione microalgale grazie alla maggiore penetrazione della luce e alla possibilità di effettuare i processi fotosintetici. Le microalghe sono pertanto in grado di organicare l’azoto ammoniacale ad azoto organico, utilizzato per la formazione di amminoacidi e proteine, e l’anidride carbonica. Tale condizione va riferita al tenore di sostanza organica (COD) e azoto totale; questi valori esprimono appunto la costruzione di nuova biomassa.