* Premio Start up 2021. Premiata l’innovazione per la neutralità climatica della Wind City che porta l’energia eolica in città.

Promosso da Italy for Climate e STEP Tech Park, innovation hub italiano,  in collaborazione con Ecomondo – Italian Exhibition Group


Ad aggiudicarsi il riconoscimento è Windcity, la startup under 35 che ha brevettato una turbina eolica a geometria variabile passiva, che può produrre energia anche con flussi di vento ridotti, inferiori a quelli usati dalle turbine convenzionali, e a costi competitivi, sfruttanto “l’anima turbolenta del vento”. Le turbine di Wind City possono raggiungere l’80% in più di energia prodotta, offrendo nuove e interessanti prospettive al settore del mini-eolico in città, in ambito industriale, ma anche siti caratterizzati da un alto traffico veicolare (autostrade o stazioni), che contribuiscono a creare movimenti d’aria. Come ha affermato Tommaso Morbiato, CEO e R&D Head di Wind City “abbiamo accettato la sfida di produrre energia dall’anima turbolenta del vento, quella che fino ad oggi nessuno ha pensato di raccogliere e che grazie alla nostra turbina, già attiva dopo un minuto, permetterà di produrre energia eolica in modo diffuso, anche in città”.

Sono state 70 le giovani startup italiane che hanno partecipato alla prima edizione del Premio, che ha raccolto da tutta Italia progetti che, puntando su innovazione e creatività, hanno individuato tecnologie e soluzioni per accelerare il percorso del Paese verso l’obiettivo della neutralità climatica.
Grazie al Premio Startup 2021, Windcity avrà l’opportunità di intraprendere un percorso di supporto a sostegno dello sviluppo dell’azienda, insieme ad attività di networking, promozione e visibilità. Obiettivo dell’iniziativa è, infatti, proprio quello di dare risalto, visibilità e sostegno alle esperienze più interessanti per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra con impatto positivo e durevole a beneficio del Paese.

Per approfondire leggi il comunicato stampa allegato

Nel terzo anniversario della tempesta Vaia, PEFC e Adaptation lanciano il Webdoc “Trentino”

Ricordare il dramma della tempesta Vaia ma, soprattutto, mostrare al pubblico il grande impegno messo in campo da enti, associazioni e aziende per recuperare e utilizzare il legno degli alberi schiantati.
 


Con questo obiettivo, in occasione dell’anniversario della tempesta Vaia che il 29 ottobre 2018 ha colpito l’area alpina dalla Lombardia al Friuli Venezia Giulia con piogge e raffiche di vento stimate oltre i 150 km/h che hanno distrutto 42.500 ettari di foreste, PEFC Italia, ente promotore della corretta e sostenibile gestione delle foreste e il progetto giornalistico internazionale Adaptation.it presentano il capitolo del webdoc “Trentino”, dedicato alle storie di coloro che stanno lavorando per “adattare” questa regione al cambiamento climatico. 

Nato per documentare la convivenza tra l’uomo, la tecnologia e la natura nell’era della crisi climatica, il progetto Adaptation è un webdoc che, attraverso storie di "constructive journalism", mette in evidenza le soluzioni trovate dalle comunità per resistere agli eventi meteo-climatici estremi.
Il nuovo capitolo di Adaptation dedicato al Trentino sarà online e visionabile gratuitamente e all’indirizzo Adaptation.it a partire dal 26 ottobre, proprio nella settimana in cui ricorre il terzo anniversario della tempesta Vaia.
Negli scorsi mesi il giornalista scientifico Marco Merola, ideatore del progetto Adaptation, si è recato, con il supporto di PEFC Italia, nei luoghi della tempesta ed ha intervistato esperti dell'Università di Trento, imprenditori e rappresentanti delle comunità locali, proprietari dei boschi abbattuti e gestori forestali. Un “viaggio” illuminante, grazie al quale è oggi possibile raccontare un territorio che non ha mai smesso di lavorare per diventare più forte e consapevole di prima.

“Il Trentino è stata una delle aree più danneggiate, anche a livello economico, da Vaia, ma è stata in grado di mettere in atto sin da subito una strategia di adattamento e ripristino. Allo stesso tempo, ha iniziato una riflessione  sulle scelte compiute in passato, comprendendo ancora di più l’importanza della gestione forestale attiva”, sottolinea Francesco Dellagiacoma, Presidente del PEFC Italia. “Come PEFC Italia ci siamo mossi da subito nel post Vaia creando la Filiera Solidale PEFC, unico sistema e logo pensato per sostenere le zone colpite dalla tempesta tramite il recupero del legno proveniente dalle piante abbattute da Vaia. Ora siamo orgogliosi di supportare il webdoc Adaptation che punta i riflettori su questo territorio e sull’impegno delle tante aziende che hanno fatto sempre della sostenibilità e della resilienza i principi attorno cui far ruotare il proprio lavoro”. 

Nella puntata “Trentino” viene evidenziato il problema dei boschi monocolturali di abete rosso, il legno più utilizzato, dall’edilizia agli strumenti musicali, che hanno confermato la loro fragilità dinanzi ad eventi estremi originati dal cambiamento climatico. Pianificatori forestali ed esperti di selvicoltura hanno infatti consigliato di incrementare la biodiversità e non ripiantare tutti gli alberi abbattuti.

La tempesta – emerge dal documentario – ha anche insegnato come solo una comunità veramente coesa possa adattarsi rapidamente a scenari non prevedibili. Le popolazioni che si sono trovate a gestire milioni di metri cubi di legname abbattuto hanno saputo costruire nuovi mercati e investire in usi altamente sostenibili per il “legno di Vaia”, anche grazie ad iniziative come la “Filiera Solidale PEFC”, come testimonia il grattacielo di nove piani costruito a Rovereto, la più alta e imponente costruzione in legno mai realizzata in Italia.

Per approfondire leggi il comunicato stampa allegato.

Adaptation – Trentino è disponibile anche su Audible.

* Nasce “Urban Blue”, Società per lo sviluppo internazionale della Urban Air Mobility (UAM)

 


Nasce Urban Blue, un progetto di mobilità sostenibile che prevede la costituzione di una società partecipata da Aeroporti di Roma, Aeroporto di Venezia, Aeroports de la Cote d’Azur e Aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna per lo sviluppo delle infrastrutture di mobilità aerea urbana a livello internazionale. La società, che sarà aperta a nuovi partner industriali, tecnologici e finanziari per la progressiva  espansione dell’UAM in diverse area geografiche, oltre che inizialmente in Italia e Francia, si occuperà di studiare, progettare, costruire e gestire le infrastrutture – anche conosciute come vertiporti – indispensabili per permettere ai velivoli elettrici a decollo verticale (e-VTOL) di collegare gli aeroporti con i centri abitati e favorire la mobilità intra-city, favorendo il decongestionamento del traffico nei centri urbani.

In tale contesto, Urban Blue intende posizionarsi come leader facendo leva su alcuni elementi distintivi:

  • unico player attivo nel segmento con profonde competenze integrate di masterplanning e gestione di infrastrutture per aviazione commerciale, generale ed elicotteri;
  • forte esperienza specifica nella UAM maturata negli ultimi due anni nell’ambito delle principali taskforce italiane ed europee, contribuendo attivamente nel disegno della regolamentazione del settore e nella definizione del business model di riferimento;
  • portafoglio di progetti vertiportuali ad elevato potenziale di sviluppo già identificato nelle specifiche geografie di riferimento;
  • relazione consolidata con costruttori e operatori e-VTOL leader a livello globale;
  • ampio network di relazioni di settore ed industriali per un roll-out a livello internazionale.

La società conterà sulla partnership industriale attivata nel 2020 con Volocopter, prima società al mondo a sviluppare e operare velivoli e-VTOL per il trasporto di passeggeri e merci all'interno delle aree urbane, con elevato potenziale di first-mover per le certificazioni di riferimento.

Inoltre, EDF Invest, azionista di Aeroports de la Cote d’Azur, supporterà Urban Blue quale player di riferimento internazionale nel segmento della mobilità innovativa e sostenibile.

* Ice Cube, nuovo impianto fotovoltaico che produce ghiaccio dal sole della Sicilia

Una vera novità nella produzione di ghiaccio che, con Ice Cube, è in grado di ridurre il consumo di energia nel rispetto dell’ambiente. 


Secondo quanto stabilito dall’Unione Europea, il 2030 sarà un anno decisivo per il clima e l’ambiente. Entro quella data sono stati quindi fissati obiettivi inerenti alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40%, la quota di almeno il 32% di energia rinnovabile, il miglioramento dell’efficienza energetica per almeno il 32,5%.
(https://ec.europa.eu/clima/policies/strategies/2030_it).

Alla luce di questa esigenza, Ice Cube, azienda leader in Italia del ghiaccio alimentare confezionato, introduce un grande cambiamento in termini di tutela ambientale.  Nasce in Sicilia l’impianto fotovoltaico ICE3, che copre l’intera superficie di 1.600 metri quadri del tetto dello stabilimento produttivo con una potenza nominale di circa 200 kw. La Sicilia è d’altronde la regione d’Italia con il più alto rendimento medio per gli impianti fotovoltaici, dato dalla favorevole latitudine che permette una minore inclinazione dei raggi solari sia d’estate che d’inverno rispetto alle altre regioni italiane e dall’alta media di giornate di sole nell’arco dell’anno. Con il nuovo impianto ICE3 aumenta l’efficienza di produzione: sarà possibile produrre in un anno energia elettrica per la produzione di circa 2 milioni di kg e oltre 100 milioni di cubetti di ghiaccio confezionato.

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Nella preistoria erano già prodotti e consumati birra e formaggio blu (Focus.it)

La prova, dagli escrementi millenari rinvenuti nella miniera di sale di Hallstatt, in Austria


Un escremento umano di 2.700 anni rivenuto nella miniera di sale di Hallstatt: fagioli, miglio e orzo sono ancora visibili. © Anwora/NHMW


Birra e formaggio blu – cioè formaggi erborinati tipo il gorgonzola, caratterizzati dalla presenza di muffe commestibili – sono i cibi fermentati più antichi della storia dell'umanità. Un team di ricerca guidato da Eurac Research e dal Museo di storia naturale di Vienna, ha scoperto che già i nostri antenati li producevano e li consumavano: è quanto risulta dalle analisi su escrementi umani fossili (coproliti) che risalgono al periodo compreso tra l'età del bronzo e il barocco (XVI-XVII secolo), rinvenuti nelle miniere di sale di Hallstatt, in Austria. Lo studio, pubblicato su Current Biology, dimostra che la combinazione di metodi archeologici e di tecnologie biomolecolari ha potuto fornire infomazioni sulle abitudini alimentari della preistoria.

Campioni di coproliti sottoposti all’analisi multidisciplinare descritta nello studio. © © Eurac Research/Frank Maixner 


Grazie all'alta concentrazione di sale nelle gallerie e alla temperatura costante di 8 °C, nelle antichissime miniere di Hallstatt resti millenari di tessuti, utensili, resti di cibo si sono conservati eccezionalmente bene, così come quelli degli escrementi umani. «I campioni che abbiamo esaminato contengono ancora DNA umano, così come DNA di batteri intestinali, e anche proteine e parti del cibo ingerito», spiega Frank Maixner, microbiologo di Eurac Research.
In un campione dell'età del ferro, il team ha scoperto grandi quantità di due specie di funghi – Penicillium roqueforti e Saccharomyces cerevisiae – usati per raffinare e far fermentare il cibo, in questo caso formaggio blu e birra. «Le analisi mostrano chiare indicazioni che queste specifiche varianti di lievito non sono state utilizzate casualmente, ma coltivate e utilizzate per la produzione di birra», spiega Maixner. Inoltre, è stato documentato anche il consumo di un cibo prodotto di sangue di bestiame, una specie di sanguinaccio dell'età del ferro.
Sarebbe questa la prima prova a livello molecolare che alimenti che richiedono una lavorazione complessa risale già all'età del ferro. «Sta diventando sempre più chiaro come le pratiche culinarie preistoriche fossero sviluppate. E che gli alimenti lavorati in modo complesso e la tecnica della fermentazione hanno giocato un ruolo importante nella nostra storia nutrizionale», sottolinea Kerstin Kowarik, uno dei ricercatori.
Dagli escrementi, attraverso esami microscopici e molecolari, è stato possibile ricostruire la dieta dei minatori di Hallstatt nel corso di 3.000 anni: ricca di fibre e carboidrati, con integrazione di proteine da fagioli e occasionalmente da frutta, noci o cibo animale. Inoltre, i ricercatori hanno ottenuto informazioni accurate sulla colonizzazione batterica dell'intestino, cioè sul microbioma intestinale.

IL MICROBIOMA DI ÖTZI
Anche se lo studio ha dimostrato che il minatore dell'età barocca, rispetto a quelli dell'età del bronzo o del ferro, mangiava grano in una forma più elaborata – era finemente macinato –, il suo microbioma è risultato più simile a quello di Ötzi che a quello di un uomo di oggi. «Se 300 anni fa le persone avevano ancora un microbioma simile a quello dei loro antenati di migliaia di anni fa, significa che si sono verificati grandi cambiamenti in un periodo di tempo relativamente breve», afferma Maixner.

In conclusione, secondo i ricercatori, i risultati dello studio aprono nuove prospettive sulle abitudini alimentari del nostro passato. Inoltre, l'impoverimento del microbioma dovuto allo stile di vita delle società industriali occidentali è ora riconosciuto dagli scienziati come un fattore importante in relazione a numerose malattie. Per questo, sottolinea Albert Zink, direttore dell'Istituto per lo studio delle mummie di Eurac Research, le indagini di Hallstatt sono «di interesse attuale».

Leggi l'articolo su Scienze-Focus.it

 

*CleanChanger©: Riciclare plastica senza sprechi e inquinamento: da un’azienda emiliana il sistema di filtraggio che lo rende possibile

Il sistema messo a punto dall’emiliana BD Plast, consente di recuperare il 100% del materiale


Processare plastica riciclata senza spreco di materiale, e senza, quindi, disperderlo nell’ambiente, e garantendo un livello di pulizia pari a quello della plastica nuova. A renderlo possibile è CleanChanger© , il nuovo sistema cambiafiltri messo a punto dall’emiliana BD Plast. Filtrare la plastica riciclata è un passaggio essenziale per il suo riutilizzo. Una delle principali sfide del settore è rendere questo sistema il più efficiente possibile, riducendo gli sprechi e garantendo un elevato grado di purezza e pulizia delle plastiche recuperate. I sistemi cambiafiltri vengono utilizzati proprio per ottimizzare i processi di estrusione. Studiati per un filtraggio completo del termoplastico, questi sistemi garantiscono alle aziende e agli utilizzatori finali eccellenti risultati sui rigenerati, consentendo un processo di lavorazione di alta qualità su materiali con un elevato grado di prezza. 

BD Plast, azienda attiva da anni nello sviluppo di nuovi sistemi per l’estrusione, ha creato CleanChanger© , un cambiafiltri idraulico autopulente e continuo. Si tratta di una vera e propria svolta innovativa per il settore, perché il sistema automatico di espulsione dei residui permette un’autonomia particolarmente elevata. CleanChanger©  consente inoltre il recupero del 100% del materiale di estrusione, senza sprechi per le aziende e ripercussioni sull’ambiente.

BD Plast è una family company fondata nel 1986 a Bondeno, in provincia di Ferrara, dedicata alla produzione e alla vendita di cambiafiltri per linee d’estrusione della plastica, che ha consolidato nel tempo la propria posizione in Italia attraverso la tecnologia downstream. L’azienda emiliana impiega oggi una cinquantina di dipendenti altamente formati e qualificati, capaci di contribuire alla crescita della società attraverso la progettazione e la realizzazione di nuove linee di macchine e di prodotti come adattatori, curve e colli d’estrusione, consolidando nel tempo importanti partnership internazionali e potenziando il service, inteso come un vero e proprio valore aggiunto per la massima soddisfazione della clientela.  Trentacinque anni d’innovazione, sviluppo d’idee e proposte di soluzioni all’avanguardia hanno caratterizzato l’approccio di BD Plast al mercato, con una propensione al rinnovamento non solo per quanto riguarda l’offerta di impianti, ma anche per scelte strategiche volte a rispondere ai vari cambiamenti del contesto produttivo.  

Più informazioni:
CleanChanger
BD Plast
www.bdplast.com
BD PLAST FILTERING SYSTEMS SRL
via Copernico 32, 44012 Bondeno – Ferrara, Italy
T. +39 0532 888811