Gli agricoltori europei scenderanno in piazza a Bruxelles contro la riforma della Pac
Di Alessandro Campiotti
Le novità introdotte dalla Commissione europea per modificare l’impianto della prossima Politica agricola comune (Pac) 2028-2034 non trovano l’accordo del settore agricolo. Tra le proposte più contestate c’è l’accorpamento dei due “pilastri” in un fondo unico e il taglio del 20% delle risorse finanziarie.

Oltre cinquemila agricoltori scenderanno in piazza a Bruxelles il prossimo 18 dicembre e sfileranno in sella a più di mille trattori per bloccare le strade della città e protestare contro la riforma della Pac che ha preso forma in sede europea negli ultimi mesi. Dopo un anno e mezzo dalle mobilitazioni della prima metà del 2024, gli agricoltori europei tornano ad alzare la voce per rappresentare le istanze di un settore strategico in cui operano oltre 30 milioni di persone, che si sente fortemente minacciato dalla proposta avanzata dalla Commissione europea la scorsa estate per modificare il quadro finanziario pluriennale della Pac 2028-2034.
Rispetto alla precedente programmazione 2021-2027, sono state introdotte diverse novità che non incontrano il favore delle associazioni di categoria e degli operatori del settore. Tra queste, la più controversa è la volontà di modificare il tradizionale impianto della Pac costituito su due pilastri – il primo, Feaga, per i pagamenti diretti di sostegno al reddito e il secondo, Feasr, per le politiche di sviluppo rurale – e di definire un fondo unico in cui far confluire i finanziamenti necessari a coprire non solo le esigenze del mondo agricolo, bensì altri asset strategici come le politiche di coesione, innovazione e welfare.
La scelta è giustificata dall’obiettivo di semplificare la gestione dei fondi europei, superando l’attuale frammentazione, riducendo la complessità amministrativa e dando maggior flessibilità di pianificazione finanziaria agli Stati. Tuttavia, secondo molti rappresentanti del comparto, un simile impianto potrebbe determinare una forte competizione tra gli Stati membri dell’Ue nell’allocazione delle risorse sui diversi settori produttivi, in quanto non è ancora chiara la percentuale minima di finanziamenti da destinare all’agricoltura. La seconda obiezione, non meno importante, riguarda l’entità della dotazione finanziaria, che nella programmazione 2028-2034 potrebbe ridursi di circa il 20%, passando da 386 a circa 300 miliardi, che per l’Italia si tradurrebbe in un taglio da 40 a 31 miliardi.
Per quanto riguarda alcuni dettagli più tecnici, la Pac del futuro continuerà ad essere incentrata principalmente sul sostegno al reddito degli agricoltori tramite i pagamenti diretti, che non avverranno più in base alla detenzione di “titoli”, ma in relazione alla superficie ammissibile condotta dagli agricoltori, i quali avranno diritto a maggiori incentivi nel caso in cui operino in zone montane o svantaggiate. In un settore in cui l’età media supera i 55 anni e dove appena il 12% ha meno di 40 anni, restano confermati i sostegni ai giovani agricoltori (fino a 41 anni non compiuti), mentre a partire dal 2032 i pensionati saranno esclusi dagli aiuti.
Inoltre, nessun imprenditore potrà beneficiare di più di 100.000 euro annui per via del “capping” (tetto) fissato a quella soglia, e i pagamenti diretti saranno soggetti al meccanismo di “degressività”, che prevede una progressiva riduzione dei sostegni all’aumentare dell’importo dovuto in base agli ettari, il che penalizzerà le aziende agricole più grandi. Infine, i già controversi “ecoschemi”, cioè quei pagamenti aggiuntivi per le imprese che adottano pratiche agronomiche più rispettose dell’ambiente e del benessere animale, confluiranno nei più generici sostegni agroambientali.
In un periodo in cui la redditività del settore agricolo è già minata dalla crisi climatica e dalle tensioni geopolitiche, le principali associazioni di categoria nazionali, come Confagricoltura, CIA e Coldiretti, ed internazionali, come Copa-Cogeca (Comitato delle organizzazioni agricole dell’Ue), si sono poste in maniera unanime contro l’impianto della nuova Pac, sostenendo che la riforma causerebbe di fatto uno smantellamento della struttura basata su regole comuni per tutti gli Stati membri dell’Ue, come fu concepita dai Trattati di Roma del 1957.
In questo contesto, sostengono alcuni esponenti del governo, l’Italia rafforzerà il proprio impegno ai tavoli delle trattative europee, per negoziare un pacchetto di proposte ai fini di aumentare la dotazione finanziaria della Pac, mantenere la struttura basata su due pilastri e regolamentare il mercato agroalimentare europeo per ridurre le distorsioni legate alla concorrenza sleale da parte di Paesi che non rispettano determinati standard produttivi e di qualità.
La sfida negoziale prosegue, ma dopo mesi di discussioni e dibattiti, gli agricoltori europei hanno deciso di sospendere questa fase interlocutoria e passare ai fatti, scendendo in piazza il prossimo 18 dicembre con una mobilitazione che dovrà naturalmente restare pacifica, ma in cui il messaggio potrà arrivare forte e chiaro nel cuore delle istituzioni europee, che non potranno fare a meno di prenderne atto.


