Carbon dioxide removal (CDR): nuove tecniche di rimozione della CO2

Di Alessandro Campiotti

La corsa alla decarbonizzazione può contare su una serie di soluzioni innovative di rimozione netta della CO2 atmosferica che ne consentono lo stoccaggio permanente in depositi naturali o artificiali. Tuttavia, al momento risultano ancora troppo costose e manca una legislazione condivisa.

Veduta di un bosco presso la città di Granada (Spagna)
Foto di Alessandro Campiotti

Mancano solo cinque anni al 2030, anno in cui l’Unione europea (UE) dovrà fare un necessario bilancio degli obiettivi raggiunti in materia di sostenibilità ambientale dalle politiche attuate a partire dal Green Deal del 2019, passando per la Politica agricola comune (PAC) del 2023 fino alla Legge sul ripristino della natura approvata nel 2024. In questi anni gli Stati membri hanno dovuto affrontare – non senza difficoltà economiche e contrapposizioni sociali – la sfida di convertire le filiere produttive di settori strategici come industria, agricoltura, energia e trasporti secondo logiche più rispettose dell’ambiente e delle risorse naturali.

Tra i principali obiettivi che orientano il tortuoso cammino della transizione ecologica c’è la riduzione del 55% delle emissioni di gas climalteranti rispetto ai livelli del 1990 da raggiungere entro il 2030 e il conseguimento della neutralità climatica, ovvero l’azzeramento delle emissioni nette, entro il 2050. A questo proposito, le strategie di decarbonizzazione attuate fino ad ora sembrerebbero ottenere risultati decisamente inferiori rispetto agli ambiziosi obiettivi prefissati dalla Commissione europea, complice anche la drammatica situazione geopolitica che interessa gran parte del pianeta, che ha determinato importanti modifiche alla lista delle priorità degli Stati.

Nonostante ciò, il settore della ricerca non ha mai smesso di ideare e sperimentare nuove tecniche di sequestro attivo della CO2 atmosferica da affiancare ai metodi naturali di mitigazione che vedono come protagonisti piante, microrganismi, acque e minerali, conseguendo alcuni risultati di notevole interesse sotto il profilo scientifico, industriale e tecnologico. Si tratta di una serie di soluzioni innovative che prendono il nome di Carbon dioxide removal – CDR (rimozione dell’anidride carbonica) e che secondo il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) possono essere definite tali se rispecchiano due principali criteri: rimuovere CO2 atmosferica e stoccarla in modo permanente all’interno di depositi naturali o artificiali.

Trattandosi di un settore ancora in via di sviluppo, la gran parte della CO2 viene attualmente rimossa tramite metodi di CDR convenzionali, quali tecniche agronomiche sostenibili, processi di rimboschimento e metodi di gestione forestale ed ecosistemica atti a massimizzare la rimozione di anidride carbonica e il suo stoccaggio sotto forma di carbonio negli organi vegetali delle piante e negli aggregati minerali del suolo. Allo stesso tempo, una quota parziale di CO2 proveniente da aria, acqua o scarti industriali, viene sequestrata per mezzo di tecniche di CDR innovative basate su processi chimici in grado di trasformare le molecole di anidride carbonica in una forma tale da essere stoccata all’interno di materiali commerciali come il biochar, il cemento e il calcestruzzo, oppure inglobate sotto forma di carbonati direttamente in formazioni geologiche stabili nel sottosuolo terrestre o marino.

Negli ultimi anni la ricerca in materia di azioni di CDR e il relativo sviluppo all’interno di impianti sperimentali è stata ampiamente finanziata negli Stati Uniti e in forma ridotta anche in Unione europea, dove sono attivi gruppi di ricerca di vari istituti, tra i quali in Italia spicca il CNR, impegnato nella sfida di rendere alcuni metodi sperimentali riproducibili a livello industriale. Tuttavia, come ogni processo in via di evoluzione, le soluzioni di CDR innovative sono ancora eccessivamente costose per risultare competitive rispetto a metodi di mitigazione climatica rodati come le energie rinnovabili, le tecniche di efficienza energetica e il complesso delle soluzioni di rimozione convenzionali.

Per queste ragioni, la diffusione di tecniche di CDR su una scala più ampia avrà bisogno del tempo necessario a far maturare una maggiore consapevolezza delle sue potenzialità presso l’opinione pubblica e i decisori politici. Questi avranno la responsabilità di definire un assetto legislativo e procedurale che incentivi la raccolta di finanziamenti da parte di quei settori industriali interessati alla decarbonizzazione delle loro filiere produttive, anche per cogliere le opportunità economico-finanziarie legate al crescente mercato dei crediti di carbonio.

Per approfondire:

European Commission: Nature Restoration Law – https://environment.ec.europa.eu/topics/nature-and-biodiversity/nature-restoration-law_en.

Net Zero, The state of carbon dioxide removal (2024), https://netzeroclimate.org/research/carbon-dioxide-removal/

Rudi Bressa, Rimozione obbligata e insidiosa, le Scienze, Agosto 2025, https://www.lescienze.it/archivio/articoli/2025/07/29/news/rimozione_obbligata_e_insidiosa-19712982/

Soluzioni di mitigazione climatica basate sulla natura: il caso di Roma

Di Alessandro Campiotti

Il Comune di Roma ha affidato la pianificazione di alcuni interventi di rigenerazione urbana ad un nutrito partenariato pubblico-privato che coinvolge imprenditori, ricercatori, tecnici del verde e cittadini. Dopo un’attenta analisi delle aree di intervento, ENEA ha proposto un decalogo di 25 soluzioni basate sulla natura.


Esempio di inverdimento urbano lungo le rotaie del tram. Immagine di Alessandro Campiotti

Dopo Londra, Amburgo, Milano e Torino, Roma è stata selezionata come nuovo hub sperimentale di soluzioni innovative in grado di promuovere azioni di mitigazione e adattamento agli effetti del cambiamento climatico seguendo una logica di progettazione urbana che ruota intorno alla natura. Si tratta del progetto europeo “Adattamento Climatico – L’Effetto Isola di Calore Urbana nella Città di Roma”, finanziato nell’ambito della Legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law) e coordinato dal network internazionale PwC Italia in collaborazione con ENEA, Università Roma Tre ed Ecologic Institute di Berlino.

Il progetto si pone l’obiettivo di realizzare una serie di interventi che possano contribuire al contrasto del fenomeno “isola di calore”, che consiste nel particolare riscaldamento di alcune aree della città durante la stagione estiva, in cui il livello di urbanizzazione, la densità abitativa e la scarsità di aree verdi possono determinare temperature maggiori di alcuni gradi rispetto alle zone suburbane e rurali. Coerentemente con il concetto di Nature-based Solution (NbS), che prevede la co-progettazione degli interventi per mano di un team eterogeneo composto da soggetti provenienti dal mondo istituzionale, accademico, dell’impresa e dell’associazionismo, sono stati organizzati quattro workshop per favorire il coinvolgimento ed il confronto tra i diversi stakeholders.

Durante il primo incontro sono state presentate le aree di intervento selezionate nell’ambito del progetto, che fanno riferimento a due municipi di Roma molto distinti tra loro sotto il profilo socio-economico, ma accomunati dalla presenza di alcuni fattori che determinano condizioni microclimatiche simili. All’interno del I Municipio è stata considerata la zona del Centro Storico, un’area di grande interesse architettonico, turistico e commerciale, densamente popolata per la coabitazione tra residenti e visitatori, mentre nel V Municipio sono stati selezionati i quartieri residenziali di Centocelle e Alessandrino, entrambi caratterizzati da un’elevata concentrazione di edifici e una folta densità abitativa. Dopo un’attenta analisi delle criticità socio-economiche e microclimatiche delle due aree, condotta dai soggetti coinvolti tramite interviste a rappresentanti delle istituzioni, associazioni di quartiere e cittadini, le informazioni e le idee raccolte sono state messe a sistema per la definizione degli interventi di mitigazione.

A questo proposito, ENEA ha stilato un decalogo di 25 soluzioni basate sulla natura che vanno dalle microforeste urbane ai parcheggi verdi, dai corridoi ecologici agli orti comunitari, passando per tetti e pareti verdi, canali drenanti e bacini di infiltrazione idrica. Molti degli interventi proposti hanno la caratteristica di essere multifunzionali, in quanto possono erogare allo stesso tempo più servizi ecosistemici, come favorire l’ombreggiamento e il raffrescamento delle temperature, migliorare la qualità dell’aria e contribuire ad una migliore gestione delle acque piovane, scongiurando allagamenti di strade, abitazioni e attività commerciali.

La configurazione geometrica e la topografia della città non renderanno semplice il lavoro dei tecnici, che dovranno progettare interventi compatibili con il territorio urbano e che rispondano contemporaneamente a sfide di carattere sociale, economico e ambientale. Per queste ragioni, il progetto prevede di fornire alle amministrazioni coinvolte una formazione tecnico-scientifica e di governance tale da rafforzare e aggiornare le competenze in materia di gestione del verde urbano, favorendo la pianificazione degli interventi e la loro realizzazione e replicabilità in altre aree della città.

Per approfondire:

https://www.kyotoclub.org/wp-content/uploads/26022025_roma_capitale_adattamento.pdf

https://www.media.enea.it/comunicati-e-news/archivio-anni/anno-2025/ambiente-da-enea-25-soluzioni-green-per-contrastare-le-isole-di-calore-in-citta.html


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L’Unione europea, l’Italia e la corsa all’approvvigionamento energetico

di Alessandro Campiotti

La crescente richiesta energetica spinge gli Stati a potenziare e diversificare il mix di energie fossili e rinnovabili. In questo contesto l’Italia si interroga sull’opportunità di riprendere in considerazione l’energia nucleare.

Scorcio di un paesaggio rurale con campi fotovoltaici e pale eoliche
Immagine di Alessandro Campiotti

La crescita demografica, l’elevata urbanizzazione, il riscaldamento globale e il miglioramento delle condizioni di vita nei Paesi emergenti sono tra i principali fattori ad aver determinato l’aumento della domanda energetica a livello mondiale, che nel 2024 ha registrato un incremento superiore al 2%. Oltre la metà dei consumi è imputabile agli edifici residenziali, che in un periodo di frequenti ondate di calore risultano sempre più energivori a causa del crescente utilizzo di condizionatori per il raffrescamento degli ambienti interni di abitazioni e uffici. Di fronte ad una maggiore richiesta energetica, tuttavia, la buona notizia è che circa il 40% dei consumi elettrici è stato coperto dalle energie rinnovabili, la cui produzione nel 2024 è aumentata del 15% su scala globale, trainata in particolare dagli asset di solare ed eolico.


Il panorama internazionale vede Cina ed India rispettivamente al primo e secondo posto nella produzione di energie alternative, mentre l’Italia è impegnata nel perseguimento degli ambiziosi obiettivi prefissati dal PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), che prevede un robusto aumento della capacità di energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Allo stesso tempo, l’Unione europea sta promuovendo lo sviluppo di una rete infrastrutturale di elettrodotti transfrontalieri per il trasporto dell’energia elettrica, che metta in connessione gli stati confinanti per favorire gli scambi energetici, ridurre le perdite legate alla rete di distribuzione e scongiurare il rischio di blackout totale.

Come è noto, le energie rinnovabili derivano da fonti intermittenti, quali sole e vento, ed essendo scarsamente accumulabili non possono soddisfare la costante richiesta necessaria a sostenere le esigenze della società. Tuttavia, sono stati fatti notevoli passi avanti nello sviluppo di tecnologie per i sistemi di accumulo, come le batterie al litio, che trattengono l’energia prodotta in eccesso dagli impianti fotovoltaici, eolici o idroelettrici e la rilasciano nei momenti di minor produzione, fungendo da riserva strategica per l’impianto e alimentando al contempo la rete elettrica.

Sul concetto di condivisione delle risorse si basano anche le comunità energetiche rinnovabili (CER), costituite da gruppi di cittadini, imprese ed enti territoriali, che nell’ambito di una certa area si organizzano per mettere in comune l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili rilasciandola nella rete di distribuzione e partecipando sia come produttori che come consumatori. Negli ultimi anni, l’Italia ha regolamentato questo sistema di autoconsumo energetico ed incentivato la costituzione di nuove comunità con finanziamenti superiori ai 5 miliardi di euro, di cui circa il 40% provenienti dai fondi PNRR, ottenendo come risultato migliaia di nuove richieste arrivate presso il GSE (Gestore dei Servizi Energetici), la società pubblica responsabile della gestione delle CER.

La forte spinta in avanti operata nel settore delle rinnovabili, tuttavia, non basta a soddisfare il crescente fabbisogno energetico globale, e ancor meno riesce a disincentivare la produzione di energie derivanti da combustibili fossili. Il 2024, infatti, viene ricordato per il paradosso dei due record: da un lato il picco di produzione di energie rinnovabili, dall’altro quello di energie fossili come carbone, gas e petrolio, che sebbene siano più inquinanti, sono più facilmente gestibili, stoccabili e garantiscono la continuità richiesta.

In un contesto di crescente richiesta energetica, esacerbato dagli squilibri geopolitici che stanno interessando vaste aree del pianeta, il governo italiano ha posto l’attenzione sullo spinoso tema dell’energia nucleare, che da decenni genera opinioni fortemente contrastanti. Nonostante l’Italia abbia espresso la propria contrarietà verso la produzione di energia nucleare per ben due volte, nei referendum del 1987 e del 2011, va ricordato che ad oggi questo asset è ancora parte integrante del mix energetico che sostiene la produzione di energia elettrica nel continente europeo, soprattutto nei mesi in cui le fonti rinnovabili risultano meno efficienti. Per queste ragioni, lo scorso 16 giugno il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha ufficializzato l’adesione dell’Italia all’Alleanza Nucleare Europea, di cui fanno parte 17 dei 27 Stati membri, con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione e la ricerca in materia di nuove tecnologie a sostegno della produzione di energia nucleare, a partire dai reattori di Quarta Generazione, più piccoli, sicuri ed efficienti.

Per approfondire:

Il Sole 24 Ore, Il Futuro dell’Ambiente, 6 giugno 2025: https://i2.res.24o.it/pdf2010/Editrice/ILSOLE24ORE/ILSOLE24ORE/Online/_Oggetti_Embedded/Documenti/2025/06/06/AllPage-20250605.pdf;

Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Energia Nucleare: https://www.mase.gov.it/portale/energia-nucleare.

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