Ecomondo 2025 ospita gli Stati Generali della Green Economy


Di Alessandro Campiotti

Nella relazione di apertura ai lavori della due giorni di kermesse, Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, ha sottolineato i punti di forza e le criticità della transizione verde, mettendo in guardia l’Unione europea dalla retromarcia trumpiana sugli impegni ambientali e dall’accelerazione cinese sul settore delle tecnologie green.

Fiera di Rimini – Ecomondo media kit

Lo scorso 6 novembre si è conclusa la 28° edizione di Ecomondo, l’evento internazionale organizzato presso la Fiera di Rimini che ogni anno pone l’attenzione sulle frontiere della green, blue and circular economy, nonché sullo stato di raggiungimento degli obiettivi posti dalla transizione ecologica. Quest’anno l’evento ha registrato un incremento del 7% delle presenze, vedendo la partecipazione di 1700 espositori, oltre 600 giornalisti e decine di esponenti del panorama politico, industriale, scientifico e delle imprese, che hanno avuto l’occasione di incontrarsi e confrontarsi sulle strategie di sviluppo della politica ambientale europea.

Un ricco e articolato programma ha orientato lo svolgimento della kermesse con l’obiettivo di intercettare l’interesse del maggior numero di partecipanti, spaziando dalle nuove tecnologie allo stato di salute della biodiversità, dall’economia circolare al ruolo del settore assicurativo nella crisi climatica, dai nuovi modelli di governance ambientale alla finanza verde. Nell’ambito dell’evento si è svolta anche la 14° edizione degli Stati Generali della green economy, organizzata dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, il Ministero delle Imprese e promossa dal Consiglio Nazionale della Green Economy.

L’onore e l’onere di aprire i lavori della due giorni sono spettati come di consueto ad Edo Ronchi, già ministro dell’ambiente e attualmente presidente della Fondazione, che con il suo intervento introduttivo ha illustrato ad una folta platea la Relazione sullo Stato della Green Economy 2025. Ronchi ha esordito descrivendo i risultati positivi raggiunti dalle politiche ambientali messe in campo dall’Unione europea (Ue) negli ultimi decenni, come il taglio del 37% delle emissioni di gas serra rispetto al 1990, l’incremento delle energie rinnovabili, che nel 2024 hanno prodotto il 47% dell’elettricità e il maggiore livello di circolarità delle risorse, senza tuttavia tralasciare gli aspetti più critici e controversi che sono emersi negli ultimi anni.

Poi, alzando gli occhi sul panorama internazionale, Ronchi ha messo in guardia l’Unione europea rispetto a due fronti che potrebbero mettere in discussione il percorso del continente verso un modello di sviluppo più sostenibile, che ad oggi sono rappresentati dalla retromarcia trumpiana sugli impegni ambientali e dall’accelerazione cinese sul settore delle tecnologie verdi. Sul fronte occidentale, gli USA rappresentano la prima potenza mondiale per produzione di energia da fonti fossili come gas e petrolio, che consumano ad un livello doppio rispetto all’Ue, nonostante abbiano oltre 100 milioni di abitanti in meno. La retromarcia dettata dall’amministrazione guidata da Trump rispetto agli impegni sottoscritti dal predecessore Biden in materia di salvaguardia della natura e mitigazione della crisi climatica, rischia non solo di minare le sfide ambientali, ma di determinare un effetto emulazione da parte di alcuni Stati europei.

Sul fronte orientale, invece, la Cina dimostra una condotta ambivalente, infatti da un lato è il primo emettitore di gas serra a livello mondiale, dall’altro detiene il primato sullo sviluppo di tecnologie green, mettendo a dura prova la concorrenza europea. In questo contesto, ha ammonito Ronchi, l’Ue dovrebbe proseguire il cammino tracciato dal Green Deal, correggendo gli elementi di maggiore criticità, ma senza rinnegarlo complessivamente, per evitare di accumulare ulteriori ritardi nel raggiungimento degli obiettivi e scongiurare il rischio che il costo economico, sociale e ambientale della crisi climatica sia superiore agli investimenti in prevenzione e adattamento.

È stata poi ribadita la necessità di tutelare il capitale naturale, in quanto da questo dipende la fornitura di servizi ecosistemici, come la produzione di cibo, la rigenerazione delle risorse naturali e la regolazione dei cicli biogeochimici, che sono strettamente legati allo sviluppo economico del continente. Lo sguardo si è quindi spostato sul ruolo cruciale giocato dalle città nel processo di transizione verde, e sull’impegno che queste dovranno mantenere per gestire i numerosi interventi finanziati con i fondi del PNRR nel periodo successivo al giugno 2026, mese che decreterà la fine del copioso piano di finanziamenti.

La Relazione si è quindi conclusa con un appello a quella “maggioranza silenziosa” di cittadini europei che secondo i più recenti sondaggi condotti da Eurobarometro si dichiarano favorevoli ad una transizione verso un modello di sviluppo più rispettoso della natura, e tra questi l’85% ritiene il cambiamento climatico un problema serio mentre il 77% concorda sul fatto che intervenire in azioni di mitigazione e adattamento sia economicamente più vantaggioso rispetto che agire a seguito di eventi estremi.

Per approfondire:

Stati Generali della Green Economy 2025, i documenti della quattordicesima edizione, https://www.statigenerali.org/documenti/.

Comunicato stampa conclusivo di Ecomondo 2025, https://www.ecomondo.com/it/dettaglio-comunicato/nota%20stampa%20conclusiva%0A%0AGRANDE%20ECOMONDO!%0ANELL%E2%80%99EDIZIONE%202025%20+%207%25%20DI%20PRESENZE%20TOTALI.%0ASALGONO%20DEL%2010%25%20QUELLE%20ESTERE.%0AL%E2%80%99HUB%20DELLA%20TRANSIZIONE%20ECOLOGICA%20%C3%88%20SEMPRE%20PI%C3%99%20GLOBALE%0A?pressId=5010267.

Foto d’intestazione: Ecomondo media kit – https://www.ecomondo.com/media-room/download-loghi-immagini-e-foto

Stati Generali del Verde: Roma fa il punto sulla situazione del capitale naturale urbano

Di Alessandro Campiotti

I lavori degli Stati Generali del Verde hanno consentito all’Amministrazione capitolina di fare un bilancio dei risultati delle politiche ambientali attuate negli ultimi anni. L’evento ha favorito il dialogo tra attori istituzionali, mondo della ricerca, ordini professionali e cittadinanza.

“Roma punta ad avere un milione di nuovi alberi entro il 2026”, ha annunciato il sindaco della Capitale Roberto Gualtieri in occasione degli Stati Generali del Verde, ospitati lo scorso 24 ottobre presso la storica Sala della Protomoteca del Campidoglio. L’evento è stato promosso dall’Assessorato all’agricoltura e ambiente e ha visto la collaborazione di soggetti istituzionali come la Città Metropolitana e il Comando dei Carabinieri Forestali (CUFAA), di istituti di ricerca come il CREA e il CIRBISES e degli Ordini professionali del settore, come quello dei dottori agronomi e forestali (ODAF) e degli agrotecnici.

La giornata è stata scandita da una serie di panel che hanno toccato le diverse questioni che riguardano il verde pubblico, spaziando dalla gestione del capitale naturale di Roma, con i suoi parchi fluviali e le sue ville storiche, al confronto con i principali Comuni italiani sulle scelte intraprese negli ultimi anni in merito alla pianificazione delle aree verdi urbane e alla manutenzione del patrimonio arboreo. I lavori degli Stati Generali del Verde sono stati l’occasione per ribadire il ruolo strategico svolto dalle piante nelle nostre città riguardo l’erogazione di servizi ecosistemici, come il raffrescamento dell’aria e la mitigazione dell’effetto “isola di calore” nel periodo estivo, la migliore regimazione delle acque meteoriche, la fito-depurazione dell’aria dagli inquinanti atmosferici e la salvaguardia della biodiversità.

L’Amministrazione capitolina ha quindi illustrato i punti principali del Piano del Verde e della Natura, approvato dalla Giunta comunale alla fine dell’estate, annunciando un ambizioso progetto di riforestazione urbana finanziato con i fondi del PNRR, che prevede la piantumazione di un milione di nuovi alberi entro il 2026 nel territorio dell’area metropolitana, di cui circa 800.000 solo a Roma, distribuiti su decine di nuovi impianti boschivi. Negli ultimi mesi sono stati inaugurati e messi a disposizione della cittadinanza cinque parchi d’affaccio lungo gli argini del fiume Tevere, dal centro storico fino ad Ostia Antica, che hanno previsto una serie di azioni di bonifica e riqualificazione ecologica delle sponde fluviali, dove sono state piantumate specie erbacee e arboree autoctone e realizzate passerelle eco-compatibili in legno di larice, concepite per le più diverse funzioni: dal passeggio allo sport, dal relax alla didattica all’aperto. È prevista invece per il 30 ottobre la riapertura di Villa Glori, uno storico parco nel cuore del quartiere Parioli, che è stato oggetto di interventi di rimozione delle superfici impermeabili e successivo ripristino del suolo drenante, tale da consentire la messa a dimora di nuovi pini in sostituzione di quelli persi a causa di patologie, eventi atmosferici estremi e scarsa manutenzione.

Ma l’evento è stato anche teatro di un dialogo costruttivo tra istituzioni, mondo della ricerca, ordini professionali e cittadini, i quali hanno avuto l’opportunità di porre domande e curiosità agli esperti del settore in merito alle politiche ambientali e alle decisioni urbanistiche che orienteranno i prossimi passi delle amministrazioni a livello nazionale e locale, da nord a sud della penisola. A questo proposito, sono state prese ad esempio alcune delle principali capitali europee, come Parigi o Berlino, Vienna o Madrid, in cui le strategie di pianificazione del verde pubblico sono il frutto di un articolato lavoro di sintesi tra numerosi fattori in gioco, che vanno dagli aspetti agronomici e botanici a quelli logistici e di viabilità, passando per i costi finanziari e il consenso politico.

Come ha spiegato Francesco Ferrini, ordinario di arboricoltura presso l’Università di Firenze, ogni proposta dovrebbe partire da un’attenta analisi preliminare del luogo di intervento, in cui valutare le condizioni di salute delle specie arboree presenti in relazione alla stabilità degli apparati radicali e dei fusti e all’assenza di stress abiotici e biotici, come la carenza idrica e le fitopatologie. Successivamente, andrebbero considerati i benefici prodotti dagli alberi in termini di servizi ecosistemici, così come gli eventuali disservizi che potrebbero impattare la sicurezza di pedoni e ciclisti o interagire negativamente con la viabilità stradale. Sulla base dei dati raccolti, sarà possibile decidere se intervenire in modo conservativo, sostituendo singole piante, o in blocco, rinnovando completamente la dotazione arborea di una via secondo un progetto che sia innovativo dal punto di vista tecnologico, ma che possa essere al contempo accolto dalle persone come un elemento migliorativo del luogo in cui vivono.

Da Slow Food al “National Biodiversity Future Center”: l’impegno unanime per un’alimentazione più sana e sostenibile

Di Alessandro Campiotti

In vista della prossima COP30 di Belém, associazioni e istituzioni rinnovano l’impegno di sensibilizzare la società sul rapporto tra alimentazione, sostenibilità ambientale e tutela della biodiversità. L’appello è rivolto tanto agli studenti quanto ai rappresentanti dei 198 Paesi che prenderanno parte alla Conferenza.

Un orto nella campagna toscana – foto di Alessandro Campiotti

Dal 10 al 21 novembre 2025 la città brasiliana di Belém ospiterà la COP30, 30° Conferenza delle Parti promossa dalle Nazioni Unite che avrà al centro dei negoziati l’attuale, nonché controverso, dibattito sui cambiamenti climatici. Migliaia di delegati provenienti da 198 Paesi si incontreranno nella città amazzonica in rappresentanza del mondo politico, scientifico, accademico, industriale e associativo, per promuovere il multilateralismo e discutere dello stato di salute del pianeta, dei risultati raggiunti in termini di salvaguardia ambientale e delle tante sfide ancora da perseguire.

Ad animare i lavori della Conferenza saranno questioni che da anni alimentano il dibattito pubblico nazionale e internazionale, che vanno dallo sviluppo sostenibile all’equità sociale, dalla salvaguardia della natura alla riorganizzazione dei sistemi agricoli e alimentari, con l’auspicio di giungere alla ratifica di un pacchetto di accordi che orienti le politiche ambientali globali dei prossimi anni. La necessità di un rapido intervento in questa direzione è dettata dallo stato in cui versa la natura, che da decenni subisce un graduale impoverimento delle proprie risorse a causa del sovrasfruttamento di origine antropica, che nel tempo ha determinato elementi di instabilità a livello socioeconomico, politico e sanitario, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

In vista dell’inizio della COP30, non mancano gli appelli e le mobilitazioni da parte di numerose associazioni e movimenti culturali, che si stanno muovendo per fare rete e trasmettere la loro voce ai governi e alle istituzioni che prenderanno parte ai lavori della Conferenza. Lo scorso 16 ottobre, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, Slow Food, il movimento internazionale fondato da Carlo Petrini, che da quasi quaranta anni promuove la consapevolezza delle scelte alimentari, ha rivolto un appello al Ministero dell’Ambiente italiano, in cui sostiene la necessità di rendere più sostenibili i sistemi agricoli e alimentari che caratterizzano vaste aree del pianeta.

Tra le proposte che Slow Food auspica possano pervenire ai tavoli dei negoziati della COP30 figura la promozione di sistemi alimentari che rispettino i principi dell’agroecologia e che siano basati su una gestione integrata delle risorse naturali, che veda il progressivo abbandono dei prodotti chimici di sintesi, come fertilizzanti e fitofarmaci, e la netta riduzione degli allevamenti intensivi, a favore di tecniche di produzione più rispettose dell’ambiente, della fertilità dei suoli e degli ecosistemi naturali. Allo stesso tempo, si richiede ai governi di sostenere le filiere locali, valorizzare le peculiarità dei territori e rafforzare la coesione sociale nelle zone depresse, incentivando le comunità energetiche e sostenendo le attività locali e sostenibili con sussidi economici e sgravi fiscali. Infine, si mettono in discussione le dinamiche della finanza climatica, che spesso favoriscono le imprese in attività energivore, inquinanti e basate sul consumo di combustibili fossili, salvo poi dargli la possibilità di “rimediare” attraverso progetti di compensazione della CO2 prodotta, magari a migliaia di chilometri da dove è stata emessa.

Nelle stesse ore in cui Slow Food rinnovava l’impegno per un’alimentazione sana e consapevole, il National Biodiversity Future Center (NBFC), centro di ricerca nazionale sulla biodiversità, finanziato dall’Unione Europea, ha lanciato I Feel Food, un progetto di edutainment, neologismo che unisce le parole education (educazione) ed entertainment (intrattenimento), per descrivere un approccio didattico che integra l’apprendimento con il divertimento. L’iniziativa, portata avanti da ricercatori ed esperti del settore, si pone l’obiettivo di entrare in decine di scuole superiori da nord a sud della penisola per coinvolgere gli studenti in laboratori ed attività di sensibilizzazione sui temi legati all’importanza che una sana alimentazione riveste nei confronti della salute umana e dell’ambiente, e per invitare i giovanissimi a ragionare sui numerosi elementi che mettono in relazione i sistemi alimentari con la sostenibilità ambientale e la tutela della biodiversità.