Inequalities: un itinerario interdisciplinare tra le disuguaglianze della società contemporanea

Di Alessandro Campiotti

Il tema delle disuguaglianze è al centro della 24° Esposizione Internazionale dal titolo Inequalities, in programma dal 13 maggio al 9 novembre 2025, presso gli spazi dell’istituzione culturale Triennale Milano, nella più ampia cornice di Parco Sempione.

Interni della mostra

La mostra mira ad analizzare la questione delle disuguaglianze secondo un approccio trasversale, toccando numerose sfere disciplinari, come quella sociale, economica, etnica, geografica, culturale, ambientale ed ecologica. Per fare ciò, l’esposizione è articolata secondo due principali chiavi di lettura del tema, rappresentate dalla geopolitica e dalla biopolitica delle disuguaglianze. Il primo concetto si riferisce in maniera particolare alle città, luoghi in cui le differenze socioeconomiche tra persone risultano più evidenti, mentre il secondo analizza in che modo le disparità determinate dall’essere umano influenzano non solo la qualità della vita umana, ma anche quella dell’ambiente circostante, a partire dagli ecosistemi naturali e dalla biodiversità.

Attraverso un percorso multidisciplinare che spazia dall’arte all’architettura, dall’antropologia alla biologia, la mostra delinea i principali elementi che contribuiscono ad accentuare le disparità nella società contemporanea, fornendo al pubblico l’opportunità di riflettere sui tanti temi trattati, e coinvolgendolo al tempo stesso nella ricerca delle migliori soluzioni per far fronte ai diversi scenari.

Passeggiando per le sale dell’esposizione, è possibile imbattersi nel controverso paradosso del surplus calorico, secondo il quale l’aspettativa di vita delle persone non rispecchia sempre i livelli di PIL dello stato in cui si vive. È il caso degli Stati Uniti, che pur detenendo il più alto PIL mondiale, hanno un’aspettativa di vita di 76.4 anni, nettamente inferiore ai quasi 85 anni di molti paesi europei, in quanto l’eccesso calorico che caratterizza la dieta di milioni di persone, spesso appartenenti alle fasce meno abbienti della popolazione, causa problemi di obesità e disturbi metabolici.

Proseguendo l’itinerario museale, ci si può immergere tra le mappe e gli scenari del mondo futuro, dove le numerose conseguenze del cambiamento climatico, a partire dall’innalzamento del livello dei mari, potrebbero mettere a rischio la sopravvivenza stessa delle città lagunari. Oltre al caso di Venezia, risulta emblematico quello di Jakarta, capitale dell’Indonesia, dove l’eccessiva urbanizzazione, abbinata al progressivo smottamento del terreno e al pericolo di inondazioni, ha determinato l’esigenza da parte delle istituzioni di progettare il trasferimento della capitale da Jakarta a Nusantara, in una deserta giungla sulla costa orientale dell’isola del Borneo.

Dall’Asia si torna poi in Italia, in particolare a Milano, città che oltre a 1.360.000 abitanti, ospita anche altre 21 specie di mammiferi, 250 di uccelli, 1000 di insetti e 1200 di specie vegetali, che insieme contribuiscono ad arricchire la biodiversità urbana. La presenza di uccelli, insetti o piccoli mammiferi, infatti, rappresenta un bio-indicatore di qualità degli habitat all’interno del più ampio ecosistema urbano, in cui la diversità specifica viene fortemente influenzata dalle caratteristiche dei diversi quartieri, come il grado di urbanizzazione, la presenza di aree verdi quali parchi e viali alberati e persino il contesto socioeconomico.

Rotaie del tram su un viale alberato a Milano

A questo proposito, alcuni studi dimostrano che ad un maggior livello di urbanizzazione – che in alcune città si rileva nei quartieri più abbienti mentre in altre in quelli meno abbienti – corrisponde una minore presenza di biodiversità, anche a causa del fatto che molte persone prediligono una cura intensiva delle aree verdi cittadine. Tuttavia, considerando che nei prossimi anni sempre più persone vivranno nelle città, i recenti canoni di progettazione urbana prevedono un graduale aumento della percentuale di aree verdi per abitante, che oggi a Milano è uguale ad appena 15 m2 mentre secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dovrebbe essere di almeno 50 m2 per garantire quel pacchetto di servizi ecosistemici che migliorano la qualità dell’ambiente sia per l’essere umano che per la biodiversità circostante.

Per approfondire tutto questo, e parlare di tanto altro, è stato definito un ricco programma di incontri e conferenze che nei prossimi mesi vedrà la partecipazione di personalità internazionali del mondo dell’arte, della scienza, della cultura, del design e dell’architettura, che porteranno il loro punto di vista sulla questione drammaticamente attuale delle disuguaglianze.

Per approfondire:

https://triennale.org/24-esposizione-internazionale

https://triennale.org/forum-inequalities

https://triennale.org/eventi/geopolitica-delle-disuguaglianze

Foto di Alessandro Campiotti

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Dalla ricerca alla comunicazione: Stefano Bertacchi ci ha spiegato l’evoluzione del ruolo del ricercatore nella divulgazione scientifica

Di Alessandro Campiotti


La sua folgorazione per la divulgazione scientifica è avvenuta a causa di un imprevisto e da quel momento non ha più smesso. Parliamo di Stefano Bertacchi, classe 1990, ricercatore nell’ambito delle biotecnologie industriali presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca ma anche divulgatore scientifico, autore di articoli e testi sui temi che più lo appassionano, come la biologia sintetica, gli OGM e la microbiologia, che spiega con un linguaggio semplice e divertente ai non addetti ai lavori tramite canali social, eventi in presenza e spettacoli teatrali. Lo abbiamo incontrato in quello che definisce ironicamente il suo “habitat naturale”, ovvero l’ambiente universitario, affaccendato tra l’attività di laboratorio, la revisione di tesi e paper e la partecipazione ad un convegno scientifico e ha risposto ad alcune nostre domande e curiosità sulla divulgazione della scienza.

Stefano Bertacchi

Stefano, qual è stato il momento chiave in cui hai iniziato ad interessarti alla divulgazione scientifica? 

Probabilmente è iniziato tutto a causa di un imprevisto! Alcune persone, infatti, si erano introdotte nello stabulario dell’università, dove vengono allevati gli animali utilizzati per le sperimentazioni, e ne avevano portato via alcuni esemplari, compromettendo il lavoro di molti ricercatori. Quel gesto di così scarso rispetto nei confronti della ricerca scientifica e di chi la porta avanti con passione e fatica mi ha spinto ad attivarmi per fare informazione su questi temi, coinvolgendo numerose persone e creando un vero e proprio network. Da quel momento, quindi, ho iniziato a “farmi le ossa” interessandomi alla comunicazione e alla divulgazione della scienza tramite i canali social e gli eventi dal vivo.

In cosa consiste oggi il ruolo del divulgatore scientifico e come pensi che sia cambiato rispetto al passato? 

La professione del divulgatore scientifico è molto sfaccettata, perché tocca un mix eterogeneo di discipline che vanno dalla ricerca al giornalismo, dal teatro all’attività museale, ma direi che il suo ruolo principale è quello di servirsi di vari mezzi comunicativi per avvicinare le persone alla scienza, rendendo comprensibili e/o di intrattenimento le tematiche più complesse. Il ruolo poi si è molto evoluto rispetto al passato, soprattutto grazie all’avvento dei social e alla loro crescente esplosione mediatica, che ha fatto della divulgazione una professione più pop, in quanto sempre più persone si affacciano a questo mondo, spesso arricchendolo con nuovi temi e linguaggi, ma in altri casi abbassando il livello qualitativo dei contenuti.

Chi sono i tuoi riferimenti nell’ambito della divulgazione e perché? 

Tra i miei riferimenti in questo ambito ci sono alcuni nomi noti al grande pubblico, come Dario Bressanini, Roberta Villa e Beatrice Mautino, ma anche diversi nomi appartenenti alla nuova generazione di divulgatori e giornalisti, come Ruggero Rollini, Simone Angioni e Barbascura X, che oggi sono miei colleghi e amici, e nonostante ci occupiamo di argomenti diversi, collaboriamo sempre con piacere ispirandoci a vicenda. Oggi, inoltre, posso dire di avere la soddisfazione di essere io stesso il riferimento di molti giovani che si approcciano alla divulgazione, quindi sarò contento di poter passare gradualmente il testimone.

Come selezioni gli argomenti da trattare in modo che siano rilevanti e sempre di interesse per il pubblico? 

Da un lato seguo la cronaca del momento e cerco di legarmi alle notizie che reputo di maggiore interesse, dall’altro, però, mi concentro sulle tematiche che più mi appassionano, sia perché le racconto con maggiore facilità ma soprattutto perché credo interessino al pubblico che segue i miei canali e le mie ricerche. Alcune volte, tuttavia, mi è capitato di prendere spunto direttamente dai fatti di cronaca, come quando nelle scorse Olimpiadi di Parigi 2024 si parlava della contaminazione del fiume Senna causata dalla presenza del batterio Escherichia coli, di cui ho parlato in radio e in alcuni articoli.

Qual è la principale sfida che ti trovi ad affrontare in qualità di divulgatore? 

Rendere interessante per il pubblico ciò che è interessante per me e adattare il livello delle tematiche trattate e il registro linguistico ai diversi contesti a cui mi rivolgo. Nei miei libri, per esempio, ho la possibilità di prendermi tutto il tempo e lo spazio necessario a trasmettere certi concetti. Negli eventi dal vivo o nei video social, al contrario, i tempi sono più stretti e bisogna sempre trovare il giusto compromesso tra l’argomento, la situazione e la platea che ascolta. In questo senso, devo ammettere di essere molto agevolato dall’esperienza maturata come ricercatore, sempre pronto a adattarmi alle diverse situazioni, ma non nascondo che in alcuni casi ho qualche difficoltà ad interpretare il pubblico che mi segue, soprattutto nel caso dei social.

Quali sono le principali tematiche di cui ti sei interessato negli ultimi anni?  

Sicuramente si tratta di tematiche in linea con la mia attività di ricerca, come le tecnologie genetiche CRISPR e TEA che si utilizzano per la modificazione genetica delle piante, gli OGM (organismi geneticamente modificati) in generale, poi mi sono molto interessato di plastiche, bioplastiche e microrganismi a 360 gradi, da quelli necessari alla preparazione del pane fino a quelli che causano malattie infettive. Ogni argomento, poi, apre a sua volta molte derivazioni di grande interesse.

Pensi che la scienza oggi persegua obiettivi che intercettano le esigenze e la sensibilità delle persone o va più veloce rischiando in alcuni casi di non essere compresa o addirittura di rappresentare un elemento di rischio? 

La scienza e l’innovazione tecnologica corrono veloci e non sempre la società corre di pari passo, soprattutto per quanto riguarda i temi relativi all’intelligenza artificiale, alla produzione di carne coltivata e alle nuove tecnologie genetiche. Per queste ragioni, come scienziato e comunicatore sento il dovere di spiegare al pubblico il processo di transizione che stiamo vivendo, che in alcuni casi può avere delle evidenti ripercussioni economiche e politiche, basti pensare alle nuove dinamiche che caratterizzano il lavoro in molti settori. In questo senso trovo fondamentale instaurare un dialogo sincero con il pubblico, per evitare di alimentare i dubbi e le incomprensioni sui diversi argomenti.

Cosa consiglieresti ad una persona che volesse approcciarsi al mondo della divulgazione? 

Il primo consiglio che darei sarebbe di interessarsi ad un argomento, approfondirlo ed esercitarsi a raccontarlo, senza avere paura di sbagliare. Quando ho cominciato io, nel 2014, questa porzione di mercato era sicuramente più inesplorata, anche perché i social non erano ancora così sviluppati. Io ho cominciato a condividere i miei contenuti su Facebook e poi, dal 2018, sono passato anche su Instagram, che da qualche anno è diventato un’interessante vetrina di prodotti di vario genere. Allo stesso tempo, però, bisogna ammettere può risultare più complicato inserirsi in un mercato più maturo e saturo rispetto a dieci anni fa, ma dobbiamo ricordare che la divulgazione scientifica non è solo social e ci sono tante altre opportunità da cogliere in un settore molto variegato e sempre disposto a collaborare e darsi una mano.

Il ruolo della biodiversità per generare valore ecologico, socioeconomico e artistico

Di Alessandro Campiotti

Ricerca scientifica e innovazione tecnologica, impresa e finanza green, ma anche arte, teatro e cultura hanno contribuito ad animare il Forum Nazionale della Biodiversità, dove oltre 300 studiosi, manager e professionisti di svariati settori si sono confrontati in merito alle nuove frontiere della tutela della biodiversità e dello sviluppo sostenibile.

Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, sede del convegno

Milano. Si è da poco conclusa la quattro giorni di lavori del Forum Nazionale della Biodiversità, l’annuale convegno scientifico organizzato dal National Biodiversity Future Center (NBFC) per fare il punto sullo stato di salute della diversità biologica in Italia e nel mondo e celebrare la Giornata mondiale della biodiversità, che da 25 anni solleva l’attenzione su una tematica troppo spesso sottovalutata e ancora molto controversa.

Ad ospitare l’evento è stata l’aula magna dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, dove oltre 300 studiosi della biodiversità, economisti, giuristi, pedagogisti e rappresentanti di istituzioni e imprese hanno avuto l’occasione di dialogare sul ruolo che la sostenibilità ambientale e la tutela della biodiversità rivestono nei settori che vanno dalla ricerca scientifica all’innovazione tecnologica, dall’impresa alla finanza, passando per la politica e l’associazionismo.

Durante il convegno, numerosi interventi, tavole rotonde e interviste hanno alimentato il confronto costruttivo tra esponenti dei diversi ambiti, favorendo la condivisione delle conoscenze con la prospettiva di rispondere alle sfide sociali, economiche e ambientali in un’ottica di medio-lungo periodo. La biodiversità, come è stato più volte ribadito, non è un argomento di interesse per la sola comunità scientifica, ma ha una valenza di carattere trasversale, in quanto rappresenta un asset strategico per il corretto funzionamento degli ecosistemi terrestri, marini, costieri e urbani, che sostengono la vita dell’essere umano sul pianeta.

Generare valore con la biodiversità” è stato il tema centrale di questo Forum, in cui si è discusso del “paradosso della doppia sostenibilità”, secondo cui sarebbe particolarmente complesso perseguire pratiche di sviluppo che risultino sostenibili sia dal punto di vista ambientale che socioeconomico. Per tali ragioni i rappresentanti della comunità scientifica hanno ribadito l’importanza di potenziare le relazioni con gli stakeholders che operano nell’ambito della pubblica amministrazione e del settore privato e hanno presentato i principali prodotti realizzati da NBFC nel corso degli ultimi due anni. Tra questi, il Biodiversity Gateway è un portale digitale che ha la funzione di contenere la conoscenza sviluppata in tema di biodiversità e di fornire al contempo una serie di strumenti, come piattaforme e cataloghi interattivi, che possano supportare progettisti, funzionari e amministratori in azioni di pianificazione territoriale e urbana che rispondano ai criteri delle Nature-based Solutions (NbS), ovvero le soluzioni basate sulla natura.

Per favorire la traduzione di queste buone pratiche in vere e proprie linee guida alla progettazione, inoltre, la comunità scientifica ha sottoscritto l’impegno di fornire risposte concrete in merito alle principali questioni poste dalle imprese relativamente alla valutazione dell’impatto ambientale, agli ostacoli normativi, alla quantificazione dei rischi fisici e di transizione legati alle politiche green, alla contabilità dei servizi ecosistemici prodotti dalla natura e alla relativa rendicontazione in base a standard internazionali.

In questo contesto, la comunicazione scientifica assume un ruolo centrale per la diffusione di idee e concetti presso i diversi settori della società, con l’obiettivo di passare dalla dimensione tecnico-scientifica a quella socioculturale tramite l’organizzazione di attività interdisciplinari come mostre fotografiche, spettacoli teatrali, percorsi didattici e progetti di Citizen science. Il processo di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, affiancato da un impegno parallelo a livello di diplomazia scientifica, ha lo scopo di intercettare anche la politica, per favorire il trasferimento dei concetti di sviluppo sostenibile in regolamenti, direttive e leggi.

Ma il Forum è stato anche arte, cultura e riflessione grazie ai preziosi contributi di ospiti come l’attore e regista Marco Paolini, che insieme al filosofo evoluzionista Telmo Pievani ha offerto al pubblico alcuni brani del loro comune impegno artistico che unisce la narrazione teatrale alla divulgazione scientifica sui temi della salvaguardia del territorio e della biodiversità.

Nella prima immagine Marco Paolini e Telmo Pievani.
Nella seconda Michelangelo Pistoletto e Marina Calloni


Dell’esigenza di ricucire un dialogo tra essere umano e natura ha discusso anche l’artista, pittore e scultore Michelangelo Pistoletto, commentando un’appassionante rassegna di opere da lui realizzate negli ultimi anni, in cui l’esaltazione dell’incontro tra arte e natura rappresenta il punto centrale della sua fenomenologia artistica. Prima di dare seguito ad una performance partecipativa nel cortile dell’Università, in cui riprodurre plasticamente il simbolo del suo “Terzo Paradiso”, il Maestro Pistoletto ha posto all’attenzione della platea una questione di scottante attualità, chiedendosi fino a che punto il perseguimento dell’intelligenza artificiale valga la distruzione del mondo reale.

Per approfondire:

https://www.unimib.it/eventi/forum-nazionale-della-biodiversita

https://www.cnr.it/it/evento/19896/il-gateway-della-biodiversita-al-forum-nazionale-della-biodiversita-2025

Immagini di Alessandro Campiotti