Cop30: il braccio di ferro tra le Parti ha prodotto un risultato deludente
Di Alessandro Campiotti
L’esito della Cop30 di Belém ha disatteso le aspettative di molti. Non è stata delineata una road map sul superamento dei combustibili fossili né sulla riduzione della deforestazione. Tuttavia, il multilateralismo ha retto e sono stati triplicati i finanziamenti per le misure di adattamento ambientale a sostegno dei Paesi più colpiti dagli eventi atmosferici estremi.

Dopo quasi due settimane di interlocuzioni, trattative e dibattiti, si è chiusa la Cop30 di Belém, trentesima Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico promossa dall’ONU, che ha avuto luogo nella città brasiliana dal 10 al 22 novembre, portando alla chiusura di un accordo che ha preso il nome di Global Mutirão Decision. All’evento hanno partecipato i rappresentanti di circa duecento Paesi da tutto il mondo, oltre a migliaia di delegati e professionisti provenienti dal panorama dell’impresa, della ricerca scientifica, del giornalismo e dell’associazionismo.
Per la prima volta nella trentennale storia delle Cop, sono stati coinvolti ai tavoli delle trattative i rappresentanti delle popolazioni indigene dell’America Latina, così come per la prima volta gli Stati Uniti hanno optato per non inviare una delegazione ufficiale, marcando ulteriormente la distanza espressa dall’amministrazione Trump nei confronti della questione ambientale. Tra gli Stati partecipanti, fin dalle prime riunioni si è delineata una geografia politica che vede il mondo diviso in tre fazioni: da una parte il gruppo dei Paesi a sostegno della transizione verso modelli di sviluppo più sostenibili, guidato da Unione europea e America Latina; sul fronte opposto, il gruppo degli Stati produttori come Russia ed Emirati Arabi Uniti; al centro, con una posizione minoritaria, le economie mondiali in via di sviluppo.
Il primo gruppo si è speso in fase negoziale per giungere all’approvazione di una road map globale che includesse i due principali obiettivi espressi dal Presidente brasiliano Lula durante il discorso di apertura della Cop, cioè il graduale superamento della dipendenza dai combustibili fossili e la drastica riduzione dei fenomeni di deforestazione, a partire dalla già martoriata foresta amazzonica. Oltre ottanta Paesi hanno sottoscritto questi obiettivi con l’auspicio di definire un piano pluriennale da monitorare durante i prossimi appuntamenti internazionali, tuttavia i lunghi negoziati notturni non sono bastati ad avere la meglio sulla compattezza e determinazione del fronte dei contrari, che sono riusciti nell’intento di rinviare la decisione sull’uscita dai combustibili fossili, sostituita con un generico “allontanamento volontario”.
Tra le misure confermate, invece, c’è il mantenimento degli obiettivi climatici in materia di decarbonizzazione e contenimento delle temperature globali, il finanziamento del Fondo Perdite e Danni a sostegno dei territori danneggiati da eventi atmosferici estremi e la definizione di un pacchetto di indicatori di monitoraggio e valutazione di performance per favorire la progettazione di interventi di adattamento. A questo proposito, ha riscontrato notevole soddisfazione tra i promotori della Cop la disposizione di triplicare i fondi per le politiche di adattamento destinati agli Stati più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico, aumentando a 120 miliardi di dollari il budget da erogare a fondo perduto entro il 2035.
A pochi giorni dalla chiusura, non si può dire che la Cop30 non abbia alimentato un acceso dibattito sugli esiti più controversi del Global Mutirão Decision, che vanno dall’intoccabilità dei combustibili fossili alla mancanza di un accordo sulla deforestazione, dall’aumento della produzione di biocarburanti ai modelli di sfruttamento delle risorse naturali per fini agricoli e industriali. A questo si aggiunge la polemica sulla massiccia partecipazione all’evento di lobbisti e rappresentanti del settore delle energie fossili e dell’agribusiness, giunti autonomamente o all’interno di delegazioni istituzionali, che secondo i numeri ufficiali sarebbero stati circa duemila. Nonostante ciò, il consolidato impianto negoziale basato sul multilateralismo è rimasto in piedi e per il momento sembrerebbe essere stato scongiurato il temuto effetto domino secondo cui molti Stati avrebbero potuto allinearsi alla posizione statunitense di retromarcia sugli impegni ambientali o non partecipare per nulla alla conferenza brasiliana.
Inoltre, dal momento che le decisioni che emergono dalle Cop mirano a fornire le linee guida per i modelli di sviluppo del futuro, ma non sono vincolanti per gli Stati partecipanti, una coalizione di circa ottanta Paesi guidati da Colombia e Olanda ha deciso di non arrendersi all’esito condizionato dal fronte dei produttori di energie fossili, e ha stabilito di procedere di comune accordo a delineare una road map con annessa tabella di marcia per avviare quanto prima iniziative di governance ambientale più coerenti all’agenda green.


