Rapporto ASviS 2024: il timore di un futuro insostenibile

Di Alessandro Campiotti

Il Rapporto ASviS 2024 fotografa una situazione globale preoccupante sotto il profilo sociale, economico e ambientale. Di questo passo, si stima che solo il 17% degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 verrà raggiunto nei tempi stabiliti. Eppure, oltre il 70% dell’opinione pubblica si dichiara favorevole ad intensificare le azioni volte a promuovere la sostenibilità ambientale.

Foto di Alessandro Campiotti


L’alternativa ad un mondo sostenibile è un mondo insostenibile. Così si può riassumere in estrema sintesi il messaggio lanciato lo scorso giovedì 17 ottobre presso l’Acquario Romano, dove si è tenuta la presentazione del Rapporto ASviS 2024 dal titolo Coltivare ora il nostro futuro. L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. L’evento, giunto alla sua nona edizione, ha avuto lo scopo di fare il punto sullo stato di raggiungimento dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Suntainable Development Goals – SDGs) definiti nell’ambito dell’Agenda 2030 sottoscritta nel 2015 dai 193 Stati membri dell’ONU. Gli obiettivi sono plurimi e includono un eterogeneo ventaglio di tematiche che vanno dalla salute all’istruzione di qualità, dalla riduzione delle disuguaglianze al lavoro dignitoso, dalla lotta ai cambiamenti climatici alla crescita economica. Ad aprire la giornata è stata Marcella Mallen, Presidente dell’ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile), che ha sottolineato come l’Italia sconti un grave ritardo su tutti gli obiettivi, e ha espresso preoccupazione per l’aumento del rischio di povertà ed esclusione sociale, che nel 2023 ha riguardato circa 6 milioni di persone, toccando il picco rispetto agli ultimi dieci anni. I dati del Rapporto sono poi stati approfonditi dall’economista Enrico Giovannini, già ministro e co-fondatore dell’ASviS, nonché attuale direttore scientifico, che durante la sua relazione ha fatto presente l’impossibilità di rimandare l’attuazione di politiche che perseguano il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030, in quanto i costi del rinvio potrebbero rivelarsi superiori a quelli per gli investimenti in materia di prevenzione dal punto di vista sociale, economico e ambientale. In merito a questi tre aspetti, il Rapporto fotografa una situazione globale preoccupante, dal momento che circa due miliardi di persone vivono in condizioni di insicurezza alimentare, senza avere accesso ad acqua potabile né ad alcuna forma di protezione sociale. Allo stesso tempo, le crescenti emissioni di gas climalteranti in atmosfera, che nel 2022 hanno raggiunto la cifra record di 57,4 gigatonnellate di anidride carbonica (CO2), contribuiscono a peggiorare sensibilmente la qualità dell’aria che respiriamo, aumentando l’inquinamento atmosferico, che ogni anno è responsabile di circa 5 milioni di morti premature causate da malattie all’apparato cardio-vascolare e respiratorio. Inoltre, il costante aumento delle temperature e gli eventi climatici estremi sempre più frequenti contribuiscono al deterioramento degli ecosistemi naturali e alla perdita delle produzioni agricole. Di questo passo, sottolinea il Rapporto, solo il 17% dei target globali verrà raggiunto entro il 2030, mentre su molti fronti si registrano elementi di staticità e peggioramento.

Per quanto riguarda l’umore dell’opinione pubblica in merito alla questione ambientale, un’indagine condotta da Earth4All e Global Commons Alliance nei paesi del G20, mette in evidenza la crescente domanda di sviluppo sostenibile. In Italia, per esempio, oltre il 70% delle persone si dichiara preoccupato per lo stato di salute degli ecosistemi terrestri e della biodiversità, il 62% si pronuncia favorevole alla transizione ecologica e il 92% ritiene necessario intensificare le azioni volte a ridurre le emissioni climalteranti in atmosfera e a rallentare il riscaldamento globale. A questo proposito, l’ASviS propone un pacchetto di possibili misure, basato su quattro “game changer”, ovvero “punti di svolta”, con lo scopo di orientare le politiche nazionali dei prossimi anni. Particolare attenzione viene rivolta alla necessità che l’Italia recepisca quanto prima il Regolamento europeo sul ripristino della natura (Nature Restoration Law), che vincola gli Stati membri a ripristinare gli ecosistemi degradati, e assuma l’impegno di definire il proprio “Piano nazionale di ripristino” delle aree naturali ed urbane, azzerando il consumo di suolo netto nelle zone più urbanizzate. Allo stesso tempo, di prioritaria importanza saranno l’approvazione di una Legge sul clima per sancire gli obiettivi di neutralità climatica al 2050, l’adeguamento dei piani per l’assetto idrogeologico alle nuove mappe di pericolosità e l’attuazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC) approvato nel dicembre 2023. Per favorire questo processo, auspica ancora l’ASviS, i governi dovranno farsi carico di sostenere le imprese impegnate a rimodulare i propri modelli produttivi e di business secondo i canoni della transizione digitale, energetica ed ecologica, tramite la sostituzione dei sussidi dannosi per l’ambiente con nuovi strumenti più favorevoli. Infine, sulla base delle recenti revisioni costituzionali del 2022 e 2024, che hanno valorizzato i principi di tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità, anche nell’interesse delle future generazioni, l’ASviS propone che la futura legislazione sia sottoposta a una “valutazione d’impatto generazionale”, come strumento di analisi dell’impatto generato dalle politiche pubbliche sulle nuove generazioni, al fine di contrastare il problema del divario generazionale.

Per approfondire:

Decreto-legge 17 ottobre 2024, n. 153. Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e dissesto idrogeologico.

Legge costituzionale 11 febbraio 2022 n. 1 recante “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente“, pubblicata  nella Gazzetta ufficiale n. 44 del 22 febbraio 2022.

Rapporto ASviS 2024: https://asvis.it/rapporto-asvis-2024/

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5 ottobre giornata internazionale degli insegnanti e delle realtà che entrano nelle scuole come Enti Formatori

Anche quest’anno il 5 ottobre è stata celebrata la giornata internazionale degli insegnanti con il tema “Insegnare in libertà, dare maggior potere agli insegnanti”. Istituita dall’UNESCO nel 1994, questa giornata ricorda la sottoscrizione delle Raccomandazioni dell’UNESCO sullo status di insegnante. Si tratta di un riferimento per i diritti e le responsabilità dei docenti su scala mondiale. L’obiettivo fondamentale è quello di suscitare riflessioni sul ruolo dei professionisti della formazione, sulle sfide che affrontano quotidianamente, sulle difficili condizioni di lavoro nei vari posti del pianeta. Insegnare in una nazione libera è molto diverso che insegnare in una nazione in cui la libertà è preclusa.

A questo va aggiunta l’adozione dell’Obiettivo 4 di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, “Istruzione di qualità”, nel quale gli insegnanti vengono riconosciuti come soggetti chiave per l’attuazione della stessa. Il loro impegno infatti, è fondamentale, per fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti. Importante è l’obiettivo di incrementare il livello di alfabetizzazione globale e ridurre l’abbandono scolastico precoce, contribuendo a migliorare la vita delle persone e a raggiungere lo sviluppo sostenibile.

Nelle scuole entrano anche Enti Formatori riconosciuti dal MIM, Ministero dell’Istruzione e del Merito. Tra i tanti citiamo il CAI, Club Alpino Italiano, riconosciuto in particolare per il ruolo che svolge nella promozione e valorizzazione del patrimonio naturale e per il contributo al tema della sostenibilità. Il Comitato Direttivo Centrale, ha costituito il Gruppo di Lavoro “CAI Scuola” il 14 giugno 2024 e proprio il 5 ottobre scorso il Consiglio Centrale CAI, riunito a Milano, ha scelto il simbolo che accompagnerà le azioni rivolte al mondo della Scuola. Importante e benaugurante la coincidenza dell’approvazione del logo CAI Scuola nello stesso giorno in cui il mondo parla di istruzione, insegnamento, educazione, di giovani!

Il CAI scuola è vicino ai docenti con molte proposte ne citiamo una in particolare: Turismo Sostenibile Montano in Ambito Scolastico https://caiscuola.cai.it/progetti-educativi/i-nostri-progetti/turismo-scolastico-sostenibile/, avviato a settembre e in programma nei prossimi mesi di ottobre e novembre. Nel logo la C di CAI ingloba una lente d’ingrandimento come stimolo a fermarsi e osservare, avvicinandoci ai particolari che il nostro occhio non riesce a cogliere, palese richiamo alle attività incluse nei Piani di Offerta Formativa che hanno come acronimo STEM Science, Technology, Engineering and Mathematics. È un messaggio di mobilità lenta e attenta che, nel percorrere un sentiero, suggerisce di guardarci attorno. Ma è anche una metafora perché ci invita a raccontare una società che cambia, utilizzando la montagna così sensibile alla crisi climatica, come “lente di ingrandimento”, che ci porta a osservare la realtà attorno a noi e dentro di noi, riconducendo ad essa gli irrinunciabili valori di equilibrio, sostenibilità e resilienza delle “terre alte”. Proprio in questo il CAI scuola è vicino ai docenti di ogni ordine e grado.

Alberta

PAC 2023-27: dibattito aperto sui vincoli ecologici

Di Alessandro Campiotti


La Corte dei conti europea sottolinea che la PAC 2023-27 risulta più ecologica della precedente, ma le numerose deroghe ed esenzioni introdotte rischiano di minare il raggiungimento degli obiettivi in materia di clima e ambiente. Nuove colture adattabili ai cambiamenti climatici e agroforestazione sono tra le soluzioni per garantire la produzione e promuovere la biodiversità.

Foto di Alessandro Campiotti

Dopo quasi due anni dall’entrata in vigore nel gennaio del 2023, la politica agricola comune (PAC), che regolamenta il settore agricolo degli stati membri dell’Unione europea (UE), non sembra soddisfare al meglio i requisiti in materia di neutralità climatica, contenimento dell’inquinamento atmosferico e contrasto alla perdita di biodiversità. È quanto emerge dalla relazione “Piani della politica agricola comune” recentemente pubblicata dalla Corte dei conti europea, che ha valutato i risultati fin qui ottenuti dalla PAC 2023-27, mettendo in luce una serie di aspetti che, nell’attuale situazione, limiterebbero il raggiungimento degli obiettivi prefissati in fase di programmazione. Per comprendere meglio l’attenzione rivolta nei confronti della PAC, bisogna considerare che si tratta di un ambito di intervento fondamentale per l’UE, per il quale sono stati stanziati circa 387 miliardi di euro, pari al 31% del bilancio europeo 2021-2027. L’intero budget fa capo a due fondi, anche chiamati pilastri della PAC, di cui il primo, Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), è legato ai pagamenti diretti a sostegno del reddito degli agricoltori, e attualmente gestisce 291 miliardi di euro, mentre il secondo, Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), ne gestisce 95.

Da quando è entrata in vigore per la prima volta nel 1962, dopo l’istituzione avvenuta nel 1957 con i Trattati di Roma, la PAC ha più volte cambiato volto e indirizzo, per far fronte alle diverse sfide poste dal contesto internazionale e orientare gli obiettivi di sviluppo e ammodernamento del settore primario affinché diventasse competitivo sul mercato globale. Nei primi anni, l’interesse prioritario era volto a perseguire l’incremento della produzione alimentare, per garantire ai cittadini dell’allora Comunità Economica Europea le risorse adeguate a prezzi accessibili, e assicurare allo stesso tempo un tenore di vita equo alla popolazione agricola, tramite l’imposizione di un prezzo minimo per i prodotti. Tra gli anni ’60 e ‘70, questa politica di sostegno ai prezzi incentivò gli agricoltori ad investire in nuove tecnologie, favorendo la meccanizzazione del settore agricolo, che consentì di aumentare la produttività e colmare il deficit produttivo del dopoguerra. Nei decenni a seguire, la Commissione europea, tramite le diverse riforme della PAC, si trovò a gestire le questioni legate alle eccedenze produttive, all’inserimento delle quote di produzione, all’ottenimento di prezzi che fossero competitivi sul mercato internazionale, fino all’introduzione di nuovi criteri di accesso ai finanziamenti vincolati non solo alla qualità dei prodotti, ma anche ad un maggior rispetto per la tutela ambientale, il benessere animale e la biodiversità.

Ai fini di una maggiore promozione di questi aspetti, l’ultima programmazione, elaborata tra il 2018 e il 2021, è stata fortemente condizionata dal Green Deal europeo, un ambizioso piano di crescita approvato nel 2019, che ha tracciato una serie di obiettivi al 2030, come la riduzione del 55% delle emissioni di gas climalteranti, il contrasto alla perdita di biodiversità, il raggiungimento del 25% delle superfici agricole coltivate a biologico e la riduzione del 50% dell’uso di prodotti chimici più dannosi. Per tali ragioni, la PAC 2023-27 ha ridimensionato la quota di pagamenti diretti facilmente ottenibili dall’85% al 48% rispetto alla precedente PAC 2014-20, e ha vincolato il 25% ad un pacchetto di misure green chiamate Ecoschemi, basate su pratiche agronomiche rispettose dell’ambiente, del clima e del benessere animale, come l’introduzione di fasce di inerbimento tra le piante arboree, l’avvicendamento tra colture “miglioratrici” e “depauperanti” per promuovere la fertilità del suolo, la destinazione di superfici agricole per la crescita prati melliferi per il richiamo degli impollinatori.

Come era prevedibile, le modifiche introdotte hanno determinato preoccupazione e malcontento tra gli agricoltori e gli operatori del settore, che lamentano una ridotta libertà di impresa causata dalle nuove condizioni di accesso ai fondi europei. Alcune delle principali critiche sollevate si riferiscono al divieto di coltivare per due anni consecutivi le colture cosiddette “depauperanti” sulla stessa particella di terreno, che nel tempo potrebbe indebolire le filiere produttive locali, così come è stato espresso dissenso nei confronti dell’obbligo di mantenere il suolo coperto in determinati periodi dell’anno, limitando la possibilità di effettuare le lavorazioni del terreno. Per tali ragioni, le associazioni di categoria hanno organizzato manifestazioni in tutti i paesi europei per protestare nei confronti della nuova PAC, chiedendo la modifica delle misure più limitanti. In risposta a questa situazione la Commissione europea ha approvato l’attenuazione di alcuni requisiti di condizionalità, fornendo una serie di deroghe ed esenzioni. A questo proposito, la Corte dei conti europea, nella sua relazione, ha sottolineato che l’assetto della PAC emerso dalle ultime modifiche favorirà l’accesso ai finanziamenti da parte degli agricoltori, ma avrà risultati meno soddisfacenti in materia di clima e ambiente, rendendo “molto improbabile” il raggiungimento di alcuni obiettivi comuni al Green Deal. Un passo in avanti si potrebbe fare rimodulando alcuni sistemi colturali, in modo tale da selezionare specie vegetali più adattabili ai cambiamenti climatici in atto, e al tempo stesso potenziare la tecnica dell’agroforestazione, che consiste nell’integrazione di specie arboree e arbustive nei terreni coltivati, per rendere più complesso l’agroecosistema e in questo modo potenziarne la biodiversità e la resistenza.

Per approfondire:

Commissione europea: “Il Green Deal europeo”, Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale delle regioni”. Bruxelles, 11.12.2019 COM (2019) 640 final.

Corte dei conti europea: Relazione speciale “Piani della politica agricola comune. Più verdi ma non all’altezza delle ambizioni dell’UE in materia di clima e ambiente” presentata in virtù dell’articolo 287, paragrafo 4, secondo comma, del TFUE.