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Agricoltura e sviluppo rurale (sito della Comunità Europea)
Agritata
Agriturismo: Il Dosso di S. Andrea
Agriturismo Cultural-didattico: Murnee
Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare
App4Inno
Associazione Agri Regioni Europa
Azienda Agricola: Alqueria de Morayma
Azienda Agricola: Arqueixal
Azienda Agricola: Milhulloa
Azienda Agricola: Granxa Maruxa
Azienda Agricola: Su Massaiu

Beelong
Biodiversity Friend

CIAM: Centro Investigaciòn Agrarias Mabegondo
ColdirettiColdiretti Donne Impresa
Coldiretti Giovani
Coldiretti Toscana
Commissione Europea
Comunità Montana di Vincios

Consejo Superior de Investigaciones Cientìficas
Consorzio per lo Sviluppo nel Polesine
Convegno Internazionale: The European Pilgrimage Routes for promoting sustainable and quality tourism in rural areas
Cool Farm Tool
Coop. COMAGRI
Coop. Sociale: Le Cinque Pertiche
CropLife International

Distretto Rurale Milano

EFFECT Project
EIP-AGRI – Inspirational ideas
Eit Climate KIC

Fattorie Didattiche Lombardia
FAO
FAO – Family Farming
FEARS –  Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale
Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale

Green Spirit Farm
Guardiani della natura

Il più grande lavoro sulla terra (portale curato dalla BASF sugli agricoltori e sull’agricoltura in Italia)
INEA
INRA
Ismea
ISPRA Ambiente

Jelly Fish Barge

La Lumaca Madonita
LINV

Ministero delle Politiche Agricole e Forestali

Nature Climate Change

Orti nelle Scuole
Orti nelle Scuole – Regione Lombardia
Ortodidattico di Lusia
Ortoveneto
Orto di Nemo
OVA Studio

Pianeta PSR
Pianete PSR – Agricoltura biologica
Piattaforma web sul family farming
Pick up your own
PNAT
Portale “Job in Country”
Progetto Centro Polivalente Bigattera
Progetto di Suwon (in tedesco)
Progetto di Suwon (articolo in inglese)
Progetto di San Diego
Progetto EcoFINDERS
Progetto: Mi Coltivo. Orto a scuola
Progetto Sky Green
Progetto Voghera

QualEnergia

Regione Lombardia
Rete rurale nazionale

SANA
Sinab (Sistema di Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica)
Studio Mobile
SOLINSA: Support of Learning and Innovation Networks for Sustainable Agriculture (LINSA)

Touring Club Italiano
Trattoria al ponte di Lusia

Urban Farmers

Vandebron

World Biodiversity Association

Ynsect

 

Vol. IB – Link utili

9th European Conference on Precision Agriculture Agraria

All Smart Pigs
Articolo: Sistemi innovativi di gestione degli effluenti zootecnici finalizzati al controllo dei nutrienti, in particolare azoto e fosforo
Articolo: Analisi dei margini di convenienza aziendali-distrettuali in alcuni modelli organizzativi di gestione degli effluenti di allevamento (EA)
Articolo: Progettazione e implementazione di un sistema logistico per la gestione degli effluenti zootecnici nell’area del bacino scolante della laguna di Venezia
Agricoltura 24
Associazione Australiana Produttori di Ortaggi e Patate

Basque Research
Batfarm
Bellucci GEA CowView

CEMA – Agricultural Machinery Industry in Europe
Centro de Biotecnología y Genómica de Plantas
CowView – EU-PLF
Communicating the bioeconomy – CommNet
Cordis – Servizio Comunitario in Materia di Ricerca e Sviluppo
COSAPAM
CRAST

DeLaval

Eco-FCE

Decision Support Systems in Agriculture: Some Successes and a Bright Future
Direttiva 91/676/CEE
Direttiva acque 2000/60/UE
Direttiva emissioni 2001/81/UE
Direttiva suolo 2004/35/UE
Direttiva 2010/75/UE
Direttiva IPPC– Kyoto 96/61/UE
Drone Magazine

Egnos – European Geostationary Navigation Overlay Service
Ente CRA
Ente CRA- Unità di Ricerca per l’Ingegneria Agraria
ERSAV – portale nitrati
ESA – Agenzia Spaziale Europea

Escuela Técnica Superior de Ingeniería de Montes, Forestal y del Medio Natural
EU-PLF

Fancom

GEA Farm Technologies

Lely
Life + – Bioxisoil
LUKE – Natural Resources Institute Finland(ex MTT)

Horta s.r.l.

IMPRO

Incontro EAAP/EU-PLF
INRA

MoDeM_IVM
Mondohonline – Differenze che creano soluzioni
MTT Science
MIT Tecnology Review

Natural Resource Institute Finland
Nature
Netafim
Niker Tecnalia
Novagricoltura

On the inside of Plant Physiology
Orizzonte 2020

PLF Agritech
PhysOrg
Plant Physiology
Plantoid Project
Progetto AGRICARE
Progetto Biomaster
Progetto BIOXISOIL
Progetto EIADES
Propero (articolo scientifico)
Prospero (produzione)

SAITAsrl
Seminario iFarming
SmartAgriMatics
Smart Farming for Europe(EU-PLF)
SoundTalks
Silvio Fritegotto
SoilConsWeb
SPIE Digital Library

Stanford University
Syngenta – E-licensing

The University of Sidney
The University of Wageningen UR

Unicarve
Universidad Politécnica de Madrid– Pioppo
Universidad Politécnica de Madrid – Rosphere
Università di Milano, Scienze veterinarie per la salute, la produzione animale e la sicurezza alimentare – VESPA
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2.1. La situazione in Europa e in Italia

L’Europa risponde alla richiesta di una maggior produzione di cibo dovuta all’aumento della popolazione e di una maggiore sostenibilità dell’agricoltura mobilitando agricoltori, scienziati, politici e ovviamente finanziamenti per sviluppare tecniche agricole alternative.

Il programma Orizzonte 2020, che succede temporalmente al 7° Programma Quadro, copre il settennio 2014-2020 e rappresenta il più grande Programma Europeo di Ricerca e Innovazione. La sezione del programma dedicata al settore agricolo-forestale si pone come guida nel trattare le tematiche e le sfide poste dal settore in un ottica di tripla prestazione, ovvero con obiettivi economici, sociali e ambientali.

La necessità di aumentare la produzione mantenendo l’integrità dell’area rurale sia nella salvaguardia dell’ambiente, sia nella qualità di vita e creazione di posti di lavoro, comporta l’adozione di un nuovo modello di agricoltura, ottenibile attraverso un approccio pluridisciplinare.
Da questo progetto globale si sviluppano altre strutture, quali ad esempio EIP-AGRI, ovvero una Partnership sull’Innovazione Europea (EIP – European Innovation Partnership) sul tema “Produttività agricola e sostenibilità”.

Quest’ultimo non è un programma di finanziamento, bensì rappresenta la chiave innovativa del processo che punta sulla cooperazione tra tutti gli attori del settore, sia pubblici sia privati, a livello regionale, nazionale ed europeo. Si vuole superare il modello lineare, dal laboratorio alla pratica, per arrivare ad un “modello innovativo e interattivo” che prevede la creazione di gruppi di lavoro multi – attore che lavorano su temi specifici. Oggetto di studio è certamente l’innovazione tecnologia ma molta importante anche quella non tecnologica e quella organizzativa e sociale.

L’agricoltura di precisione è vista come una delle migliori soluzioni per aumentare la produzione di cibo in un contesto di sostenibilità ambientale e, al tempo stesso, migliorare la condizione economica degli agricoltori.

Il progetto europeo dedicato al settore agro-alimentare, che combina le tecnologie di informazione e comunicazione (ICT) con la ricerca in agricoltura e robotica, è ICT-AGRI ERA-NET. Attualmente sono 18 i partner appartenenti a 16 paesi diversi che lavorano in questo progetto per ottimizzare l’equipaggiamento per l’agricoltura e l’allevamento di precisione: sensori high-tech, videocamere, monitor e robot.

L’agricoltura di precisione ha cominciato a diffondersi anche in Italia, soprattutto al nord, dove il supporto di Regioni e laboratori Universitari come il CRAST (Centro di Ricerca dell’Università Cattolica Sacro Cuore) di Piacenza ed enti di ricerca, tra cui l’ESA (Ente Spaziale Europeo) ne hanno facilitato la conoscenza e la diffusione. In questa area esistono diversi e validi esempi di come si può applicare e migliorare la tecnica adattandola ancora di più alle singole esigenze.

L’Italia inoltre partecipa al progetto AGRICARE (Introducing innovative precision farming techniques in AGRIculture to decrease CARbon Emissions) a cui partecipano Veneto Agricoltura (coordinatore), l’ENEA, l’Università di Padova – Dipartimento Territorio e Sistemi-Agroforestali, e la Maschio Gaspardo SpA. L’obiettivo di questo progetto europeo mira a realizzare un’agricoltura di precisione che permetta di contrastare fenomeni di degrado del terreno, di risparmiare risorse e ridurre la produzione dei gas serra.

Queste tecnologie forniscono la possibilità di impiegare le risorse (acqua e fertilizzanti) in maniera più razionale. I limiti sono dati dall’applicabilità di queste innovazioni, che si devono adeguare alla produzione agricola, e dall’agricoltore che deve imparare a usare tecnologie a volte complesse.
Per migliorare tecnologia e prestazioni è necessaria una condivisione dei dati raccolti anche con organismi di ricerca e istituzionali.


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6.4. Flusso i nutrienti e sostenibilità in agricoltura

Una ricerca dell’Istituto di Ricerca Agroalimentare Finlandese (MTT) afferma di aver creato un nuovo modello che consente la misurazione della sostenibilità nel settore agricolo. Il concetto di sostenibilità in generale, e in agricoltura in particolare, è spesso oggetto di controversie in quanto si basa più su dei concetti che su qualcosa veramente misurabile. Infatti, nonostante ci siano dei modelli atti a “misurare” la sostenibilità in agricoltura, questi presentano diversi limiti e spesso i risultati ottenuti sottostimano o sovrastimano l’impatto dell’agricoltura sull’ambiente in maniera da rendere il risultato fuorviante.

Grafico sul significato di sostenibilità
Crediti immagine:bankESA

La ricerca mette in evidenza i limiti dell’attuale modello in uso, ovvero quello sostenuto dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) che si basa principalmente sul calcolo dei nutrienti in entrata nel sistema.
I parametri presi in esame, però, possono venire pesantemente influenzati dalle condizioni metereologiche, nonché dall’operatore e dai rumori di fondo. Infatti, l’Istituto finlandese lamenta che tali misurazioni si prestano ad errori e a difficoltà interpretative in quanto sono presenti numerosi fattori di disturbo (rumori di fondo nelle misurazioni) a volte difficili da separare. Questi inesattezze in fase di misurazione possono portare ad un errore non trascurabile nella valutazione del parametro finale. Inoltre, il modello in uso è di tipo “statico”, pertanto male si adatta a una situazione dinamica come quella ambientale.

Il modello suggerito dall’OCSE, attualmente in uso, è abitualmente impiegato a livello politico-istituzionale per l’applicazione in norme e politiche europee e viene usato per il calcolo e la determinazione di aree potenzialmente inquinate da eccesso di nutrienti.
L’Istituto finlandese MTT, che mette in evidenza i limiti di tale modello e ne propone uno che considera migliore, si sta muovendo per ottenere l’impiego di questo suo modello a livello politico-legislativo, in quanto più affidabile e riproducibile del precedente, e in grado di fornire dati e indicatori più idonei a livello decisionale.

Modello di funzionamento per valutare la sostenibilità agricola (SA)
Crediti immagine: IISD

La proposta finlandese nasce al termine di uno studio, durato 48 anni, che ha coperto moltissimi aspetti dell’agricoltura. Tuttavia, la soluzione per la corretta definizione del modello, è venuta da una ricerca più recente che analizzava in dettaglio l’impatto ambientale degli allevamenti di vacche da latte. Il modello messo a punto si adatta non solo alla realtà finlandese ma può essere tranquillamente esportato in altri paesi. Infatti, al momento tale modello è stato sperimentato con successo già in 14 diversi stati europei.
Il modello parte dall’idea di calcolare un flusso dinamico di dati e sfrutta concetti e modelli sviluppati per industrie e banche per il calcolo di produttività ed efficienza. I parametri che vengono presi in considerazione sono ancora i nutrienti, ma invece di individuare i nutrienti immessi nel sistema si analizza il flusso di nutrienti in uscita dal sistema. Gli anni di ricerca hanno infatti rivelato una correlazione diretta tra il flusso di nutrienti in entrata con il flusso dei nutrienti in uscita, la differenza è che questi ultimi sono più facilmente monitorabili. I nutrienti possono defluire dal sistema attraverso diversi ambienti, quindi le analisi si svolgono su acqua, suolo e aria.
Questo modello ha inoltre il vantaggio di prendere in considerazione anche l’accumulo dei nutrienti nei vari ambienti come pure la natura dinamica dello stesso ciclo dei nutrienti.

 

6.3. La fertilizzazione fogliare

Una ricerca spagnola condotta da alcuni ricercatori dell’Università di Alcalà e del Politecnico di Madrid e pubblicata sulla rivista Environmental and Experimental Botany ha provato come sia possibile effettuare efficacemente la fertilizzazione fogliare. Questo metodo di fertilizzazione viene applicato direttamente sulle foglie e serve da complemento al metodo di fertilizzazione tradizionale (via apparato radicale). Le piante cresciute impiegando questo metodo risultano essere di alta qualità e particolarmente idonee per la forestazione.

Lo studio ha preso in esame quattro diversi fertilizzanti a base di azoto (urea, nitrati, ammonio e glicina) e due specie mediterranee usate in genere nella reintegrazione boschiva: il leccio (Quercus ilex L.) e il pino d’Aleppo (Pinus halepensis Mill.). Negli esperimenti si è provveduto ad effettuare la fertilizzazione direttamente sulle foglie.
L’alimentazione fogliare è usata in agricoltura per avere un controllo rapido e preciso della nutrizione della pianta. Questa tecnica, però, non era mai stata testata su questo tipo di piante e sui boschi.
Per poter studiare l’effetto e l’efficacia nell’adsorbimento di ciascun fertilizzante, i ricercatori hanno impiegato fertilizzanti marchiati con l’isotopo stabile dell’azoto, e quindi hanno analizzato il comportamento di entrambe le specie arboree.

 Fasi della ricerca di fertilizzazione fogliare

Dai risultati ottenuti, i ricercatori hanno osservato che l’urea ha il miglior quoziente di assorbimento, seguita da ammoniaca, glicina e quindi nitrati. Queste differenze tra i quattro fertilizzanti si possono spiegare attraverso un’analisi delle proprietà fisico-chimiche di ciascuno di essi, in particolare la differenza tra loro in polarità, igroscopicità e solubilità.

Tra le due specie arboree si è visto un adsorbimento fogliare maggiore per il leccio rispetto al pino. Anche in questo caso, la differenza di comportamento è spiegabile attraverso le diverse proprietà anatomiche a livello fogliare quali, ad esempio, la densità degli stomi.
I ricercatori hanno inoltre evidenziato che, all’interno in ciascuna specie, esiste una correlazione tra la permeabilità cuticolare e l’adsorbimento fogliare, e questa relazione può variare a seconda del tipo di fertilizzante impiegato.
Interessanti sono anche i dati ottenuti con l’impiego della fonte organica di azoto (la glicina). Al momento, infatti, non ci sono molti dati in letteratura a questo proposito.

I risultati ottenuti evidenziano come la fertilizzazione fogliare porti ad un aumento del contenuto di azoto nella pianta, sia del leccio come nel pino. Tutti i prodotti impiegati hanno riportato un risultato positivo. L’analisi dettagliata dei risultati mostra due aspetti molto importanti:

  • l’urea risulta essere il fertilizzante più efficiente
  • entrambe le specie studiate possono adsorbire la glicina intatta per via fogliare.

Inoltre, le differenze osservate sulla velocità di adsorbimento tra le due specie consente ai ricercatori di sviluppare dei modelli per poter prevedere il comportamento di altre specie arboree.
Questo metodo di fertilizzazione risulta essere uno strumento efficace per completare il regime di fertilizzazione soprattutto in presenza di suoli poveri di nutrienti o aridi. Le specie arboree così trattate presentano un miglioramento qualitativo.
Questo tipo di fertilizzazione può trovare largo impiego nei vivai, nelle aree boschive e in zone in cui l’adsorbimento per via radicale risulta difficile. 

 

6.2.1. La nuova normativa sul digestato

La digestione anaerobica è assimilabile ad una biotecnologia in quanto determina delle modificazioni chimico fisiche del refluo/ ingestato e può essere impiagata per produrre energia rinnovabilee fertilizzanti. Il processo è virtuoso in quanto da rifiuti che devono essere smaltiti si  arriva a fertilizzanti utilizzabili in agricoltura consentendo una forte sostenibilità economica e ambientale.

Tuttavia la normativa sui nitrati ha posto delle limitazioni al riutilizzo dei reflui zootecnici in agricoltura, ma il decreto di dicembre 2014 con il riconoscimento di un valore fertilizzante per una parte di digestato apre la porta a nuove possibilità future ed ad un utilizzo virtuoso dei reflui zootecnici.

 

6.2. Progetto LIFE+ RESAFE

Il progetto Life+ RESAFE ha come obiettivo principale il determinare uso di un innovativo fertilizzante che consentirà di ridurre l’impiego di fertilizzanti chimici e minerali in agricoltura, dal momento che i nutrienti necessari per l’azione fertilizzante saranno ottenuti in maniera naturale dai rifiuti organici urbani (UOW), residui organici agricoli (FOR) e dal bio-char grazie all’impiego di una complessa miscela enzimatica.

L’uso di ognuno di questi tre componenti ha un valore ambientale significativo:

  • UOW è prodotto in maniera costante da tutte le attività umane, il che lo rende una fonte di nutrienti ecologica e di qualità. Il suo uso consentirà di diminuire la quantità di rifiuti destinati alle discariche.
  • FOR presenta le stesse caratteristiche e il suo smaltimento, essendo complesso e costoso, rappresenta spesso un problema per gli agricoltori europei.
  • bio-char è un carbone di legna ottenuto dalla pirolisi della biomassa.

L’utilizzo del bio-char può ridurre in maniera consistente l’impatto globale del settore agricolo: quando usato come componente fertilizzante migliora la qualità dell’acqua, accresce la fertilità del suolo e aumenta la produttività agricola. Per queste ragioni il bio-char favorisce in maniera significativa la crescita delle piante e aumenta l’efficacia dei fertilizzanti a base di azoto. Inoltre i suoli arricchiti con il bio-char presentano migliori caratteristiche chimiche (porosità e grandezza delle particelle), maggiore fertilità e produttività e possono supportare una produzione agricola più consistente.

Bio-Char (Crediti immagine: KisOrganics)

Il principale fattore limitante ad un largo uso di fertilizzanti organici è spesso legato ad un uso incorretto dei materiali grezzi che determina una scarsa qualità del prodotto finale. RESAFE è nato proprio con lo scopo di migliorare tutta la catena di produzione, cominciando dal trattamento separato del UOW, FOR e Bio-char.

Il progetto vuole arrivare alla produzione di un fertilizzante caratterizzato da una ridotta salinità, basato su rifiuti organici urbani, bio-char e residui organici agricoli, per rimpiazzare i fertilizzanti chimici e minerali. Inoltre il nuovo prodotto dovrebbe accrescere il potenziale del suolo di contrastare l’azione dei patogeni.

Il progetto LIFE+ RESAFE studia la realtà locale per potersi meglio inserire e offrire pertanto delle soluzioni altamente sostenibili. Vengono quindi analizzate le sostanze organiche di scarto presenti nel contesto territoriale, quali rifiuti urbani, rifiuti derivanti da attività agricole e allevamenti, e biochar (residui della combustione di legno in impianti di produzione di energia elettrica) per poi arrivare alla progettazione di un percorso di produzione di fertilizzanti.

Il processo di compostaggio studiato in collaborazione con diversi enti universitari permette di massimizzare la ritenzione di azoto nel concime, di migliorare le caratteristiche igienico-sanitario del fertilizzante e di ottimizzare l’efficacia sul suolo.

 

6.1. Biofertilizzanti con batteri autoctoni

L’Istituto Basco per la Ricerca e lo Sviluppo in Agricoltura (Neiker-Tecnalia) ha dedicato una linea di ricerca ai biofertilizzanti con lo scopo di individuare e selezionare dei batteri autoctoni idonei ad essere impiegati nelle formulazione dei biofertilizzanti. La creazione di biofertilizzanti validi ad un prezzo accessibile potrebbe risultare estremamente vantaggioso sia per l’ambiente sia per gli agricoltori.

L’agricoltura sostenibile prevede un minor impiego di additivi chimici, siano fertilizzanti o fitofarmaci. I biofertilizzanti si stanno ponendo come delle possibili alternative e, tra questi, risultano particolarmente interessanti i formulati che contengono batteri autoctoni.
I batteri svolgono un ruolo importante in quanto, in un certo senso, aiutano le piante ad assorbire quei nutrienti già presenti nel suolo ma non normalmente fruibili in quanto insolubili. Inoltre, i batteri competono con gli altri microrganismi presenti nel suolo e possono, quindi, anche ostacolare la crescita e lo sviluppo di organismi nocivi per le colture.
Questa tipologia di biofertilizzante, pertanto, potrebbe portare non solo ad una diminuzione dell’uso di fertilizzanti di sintesi, ma pure di fitofarmaci.

I ricercatori dell’Istituto Neiker-Tecnalia hanno selezionato di recente un gruppo di batteri autoctono che ha dimostrato di possedere tutte le caratteristiche fondamentali per poter essere impiegato nella formulazione di biofertilizzanti.
Questi batteri si sono, infatti, dimostrati capaci di:

  • aumentare la disponibilità dei nutrienti presenti nel suolo (rendendoli così assimilabili da parte delle piante);
  • produrre ormoni che stimolano la crescita della piante;
  • stimolare lo sviluppo dell’apparato radicale;
  • impedire lo sviluppo di altri micro-organismi dannosi per la pianta.

Questa specie di batteri è normalmente presente sia nel terreno sia nel tessuto delle piante. Nei vari test effettuati in vitro, questi batteri hanno fornito degli ottimi risultati. Attualmente vengono testati su delle piante di lattuga coltivate in condizioni controllate. La scelta della lattuga come coltura per il test è dovuta ad una semplice convenienza temporale data la sua rapidità di crescita.
Il test comprende l’analisi di diversi tipi di fertilizzati per ottenere il maggior numero di informazioni sulla reale efficacia dei biofertilizzanti in generale.

Laboratorio Neiker Tecnalia per la sperimentazione di biofertilizzanti con batteri autoctoni
Crediti immagine: Neiker Tecnalia

 

Vengono quindi effettuate prove impiegando:

  • biofertilizzanti formulati con l’aggiunta di batteri;
  • biofertilizzanti prodotti in modo artigianale da agricoltori nella zona;
  • biofertilizzanti commerciali (come il bokashi);
  • fertilizzanti di sintesi.

Oltre al potere fertilizzante e alla capacità di aumentare la produttività in suoli poveri, i ricercatori misurano l’impatto del patogeno della Sclerotinia sclerotiorum sulle varie parcelle.
La Sclerotinia sclerotiorum è un fungo che attacca le radice e può causare la sclerotinosi, malattia che porta alla necrosi delle piante. Questo patogeno crea la formazione di strutture nere e rigide (chiamate scleroti) e di una polverina bianca di micelio che si forma sulle piante che ne sono affette.

Sclerotinia sclerotiorum su Phaseolus vulgaris
Crediti immagine:
Rasbak @ Wikimedia Commons

Ad essere maggiormente colpite sono le colture di patate, colza, girasole, fagioli, carote.
Se le prove in vitro verranno confermate, il biofertilizzante formulato con batteri dovrebbe aiutare la pianta a difendersi da sola da questo parassita.
Al termine delle prove in ambiente protetto si procederà con quelle in campo aperto.