Ruoli e potenzialità della cucina italiana, patrimonio Unesco dell’umanità
Di Alessandro Campiotti
Il prestigioso riconoscimento alla cucina italiana è stato accolto con grande estusiasmo da istituzioni e associazioni di categoria, che ora dovranno proseguire l’impegno per valorizzare i prodotti italiani, tutelarli dalle frodi e incrementare il turismo enogastronomico.

Eccellenza, creatività, territorialità e tradizione, sono solo alcune delle peculiarità che caratterizzano la cucina italiana, recentemente dichiarata dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità. La votazione si è tenuta a New Delhi da parte delle 24 nazioni che costituiscono il Comitato intergovernativo dell’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite responsabile di promuovere a livello internazionale l’educazione, la scienza e la cultura. Le ragioni che hanno condotto a questo successo sono numerose e tratteggiano il profilo della tradizione culinaria italiana come una perfetta combinazione di amore per il cibo, rispetto per gli ingredienti, ricette anti spreco, convivialità a tavola, maestria e trasmissione di sapori tra generazioni.
Questo risconoscimento è il frutto di una lunga e articolata attività di diplomazia condotta dal governo italiano con il supporto di alcuni partner promotori come l’Accademia Italiana di Cucina, la Fondazione Casa Artusi e la rivista La Cucina Italiana, che nel marzo del 2023 lanciarono la candidatura dell’Italia a competere per il prestigioso concorso. Rispetto ai traguardi raggiunti in passato dalla gastronomia italiana, la novità di quest’anno è che il riconoscimento non è stato attribuito ad un singolo prodotto o ad una specifica ricetta, ma alla cucina italiana nel suo complesso, come modello culturale e sociale.
Negli ultimi anni, infatti, l’Unesco ha premiato diversi aspetti e peculiarità appartenenti al patrimonio culinario di stati come Francia, Messico e Giappone, ma in nessun caso è stata considerata la loro intera tradizione culinaria. La Francia, per esempio, nel 2010 ha visto riconosciuto il suo pasto gastronomico come un’esperienza rituale in grado di celebrare la convivialità attraverso una serie di portate che prevedono aperitivo, entrée, piatto principale, formaggio/dolce e digestivo. Nello stesso anno, la cucina messicana è stata premiata per la sua ricchezza nutrizionale, mentre tre anni dopo, nel 2013, è stato il turno del Washoku, pasto tradizionale giapponese, di cui sono stati elogiati l’armonia tra i sapori e la freschezza degli ingredienti di stagione.
La notizia di questi giorni è stata accolta con grande soddisfazione dalle istituzioni italiane e da tutte le associazioni di categoria in rappresentanza del settore agroalimentare, che hanno sottolineato la rilevanza strategica di una filiera che tra agricoltura, trasformazione, distribuzione e ristorazione occupa circa quattro milioni di persone, producendo un valore economico complessivo di 600 miliardi di euro. Allo stesso tempo, i numeri dell’export agroalimentare sono in controtendenza rispetto ad altri settori in crisi, risultando in costante crescita con un valore di oltre 70 miliardi di euro nel 2024, che ha determinato un surplus di 2,8 miliardi nella bilancia commerciale tra le esportazioni e le importazioni.
Per queste ragioni, istituzioni e associazioni lanciano la sfida di sfruttare il riconoscimento Unesco come un volano per potenziare la valorizzazione dei prodotti italiani e per limitare i fenomeni imitativi che sfruttano nomi e immagini tipiche della tradizione italiana per commercializzare prodotti non autentici a prezzi più elevati. Questa usanza, che prende il nome di “italian sounding” (che suona italiano), è diffusa in particolare nei ristoranti “italiani” all’estero, che spesso adottano pubblicità ingannevoli nei confronti dei clienti, offrendo il “Parmesan” al posto del Parmiggiano Reggiano o la “Pasta chuta” al posto del ragù alla bolognese. Ma questo prestigioso traguardo dovrà essere anche occasione per rafforzare ulteriormente il turismo enogastronomico, dal momento che i viaggiatori provenienti da ogni luogo mostrano da sempre una fervente passione per la cucina italiana che è pari solo all’interesse dimostrato nei confronti dei musei e dei monumenti che arricchiscono le nostre città d’arte.
Come prevedibile, la notizia non ha lasciato indifferenti i più critici, che sostenendo l’inesistenza di un’unica cucina italiana, sottolineano di fatto che si tratta della miscela di cucine regionali e locali, che nel tempo si sono contaminate senza perdere la propria identità. Inoltre, se l’enogastronomia ha acquisito nei decenni un ruolo di primaria importanza per l’economia, la cultura e l’identità, la storia dimostra che in alcune circostanze delicate, come durante i consessi internazionali, il cibo ha assunto anche una funzione di soft-power ai fini della migliore riuscita delle negoziazioni politiche, spesso portate a termine dopo la degustazione di un lauto pasto a base di ricette della migliore tradizione italiana. I sociologi la chiamano gastrodiplomazia.
Per approfondire:
https://www.lacucinaitaliana.it/article/patrimonio-unesco-in-cucina-lista-completa-a-oggi
https://www.theguardian.com/world/2025/dec/10/italy-cuisine-first-unesco-heritage-recognition
