La funzione ecologica del suolo e l’inarrestabile consumo per le attività antropiche

Di Alessandro Campiotti


In occasione della Giornata mondiale del suolo, si torna a parlare dell’importanza di tutelare una risorsa necessaria allo svolgimento di servizi ecosistemici indispensabili per la vita dell’essere umano. Il Rapporto SNPA 2025 fotografa l’evoluzione del territorio italiano e lancia la duplice sfida di contenere l’urbanizzazione e potenziare il ripristino della natura.

Immagine di un paesaggio rurale in Toscana.
Foto di Alessandro Campiotti

Il 2024 non è stato un anno florido per le condizioni di salute del suolo italiano, oggetto di un rapido e crescente processo di artificializzazione e impermeabilizzazione, che ne ha determinato la perdita di 83,7 km2 (8370 ettari), traducibili in 23 ettari al giorno e in circa 2,7 m2 al secondo. È quanto emerge dall’edizione 2025 del Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” redatto dal SNPA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente), che ogni anno fa il punto della situazione sui processi di trasformazione del territorio italiano a seguito delle attività di origine antropica.

I dati del Rapporto, presentati nel mese di ottobre, sono tornati a far discutere in occasione della Giornata mondiale del suolo, 5 dicembre, instituita dalla FAO nel 2014 per porre l’attenzione dell’opinione pubblica su un tema troppo spesso sottovalutato, che riguarda una risorsa limitata, non rinnovabile e al tempo stesso necessaria per la vita dell’essere umano sul pianeta. Dalla fotografia scattata dal SNPA, le coperture artificiali, come edifici e infrastrutture, occupano oltre il 7% della superficie nazionale, rispetto ad una media europea del 4,4%.

Il crescente consumo di suolo, peraltro, risulta in controtendenza rispetto al calo demografico della popolazione residente in Italia, e ai tradizionali fenomeni di urbanizzazione si sono aggiunti numerosi cantieri per la realizzazione di campi fotovoltaici finalizzati alla produzione energetica e data center per sostenere le infrastrutture digitali e i servizi di cloud. A fronte di tutto ciò, risultano ancora troppo esigui i processi di ripristino delle aree naturali o seminaturali tramite interventi di demolizione edilizia e smantellamento di cantieri incompiuti, che nel 2024 hanno interessato appena 5 km2, portando il bilancio netto di consumo di suolo a circa 78 km2.

In Italia la questione riguarda la gran parte del territorio, dove quindici delle venti regioni presentano un consumo superiore al 5%, con picchi del 12% in Lombardia e Veneto e del 10% in Campania, mentre le provincie meno virtuose nell’ultimo anno sono state Viterbo, Sassari e Lecce, che hanno consumato rispettivamente 424, 245 e 239 ettari di terreno.

Quando si parla di perdita di suolo, sempre più rapida e inarrestabile, bisognerebbe riflettere sul fatto che si tratta di una risorsa che si è costituita naturalmente nel corso dei secoli tramite processi molto lenti, che hanno favorito la formazione di una stratigrafia composita, contenente al suo interno una quota di sostanza organica, materia ricca di nutrienti e responsabile della fertilità dei suoli. Per queste ragioni, la perdita di terreni fertili a seguito delle attività antropiche e il graduale depauperamento e inquinamento determinato dalle pratiche di agricoltura intensiva, hanno prodotto nel tempo danni ambientali e costi economici e sociali.

Un suolo in buono stato di salute, permeabile e ricco di biodiversità, riesce ad espletare una serie di funzioni ecologiche necessarie per la sicurezza del territorio e per la sopravvivenza degli ecosistemi. Queste funzioni, conosciute anche come servizi ecosistemici, vanno dalla produzione alimentare alla riserva idrica, dalla fornitura di habitat per la biodiversità alla conservazione del patrimonio genetico, passando per il contenimento del fenomeno erosivo, strettamente legato al dissesto idrogeologico, che rappresenta una delle principali cause di vulnerabilità del territorio italiano.

A questo proposito, il Rapporto SNPA lancia alle istituzioni la duplice sfida di contenere l’urbanizzazione e al contempo promuovere azioni di rinaturalizzazione seguendo le linee guida della Legge sul ripristino della natura (Nature Restoration Law), approvata nel 2024 dal Parlamento europeo, che prevede l’impegno da parte degli Stati membri dell’Ue di ripristinare almeno il 20% degli ecosistemi degradati entro il 2030. Inoltre, bisognerebbe potenziare il monitoraggio del territorio per prevenire gli abusi edilizi, vincolare la realizzazione di nuove costruzioni al ripristino di aree naturali e intervenire sul recupero dei terreni agricoli inquinati tramite l’attuazione di pratiche agronomiche di fito-depurazione, che consistono nella coltivazione di specie vegetali in grado di estrarre i metalli pensanti, riducendone la concentrazione nel suolo e migliorandone la qualità complessiva.

Per approfondire:

Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA): “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, 2025 – https://www.snpambiente.it/pubblicazioni/consumo-di-suolo-dinamiche-territoriali-e-servizi-ecosistemici-edizione-2025/.