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Al via da quest’anno il Bonus Verde per la riqualificazione di case e condomini

Il verde nelle città riduce i consumi energetici e migliora il comfort microclimatico degli edifici. Al via il Bonus Verde per il 2018: riconosciuta detrazione Irpef pari al 36% per interventi di “sistemazione a verde”.


I vantaggi delle “infrastrutture verdi”

Le “infrastrutture verdi” orizzontali (tetti verdi – green roofs) e verticali (pareti verdi – green walls) rappresentano degli eco-sistemi naturali realizzati con essenze vegetali adattabili su terrazzi, balconi e facciate di parti strutturali di edifici. Si realizzano attraverso substrati naturali oppure direttamente su terriccio e mantenute con sistemi di fertirrigazione automatica o manuale. Pareti e tetti verdi (green roofs and walls) mitigano le interazioni energetiche che l’edificio ha con l’ambiente esterno, migliorando le condizioni di comfort microclimatico per gli spazi esterni e interni. Nei periodi estivi, pareti e tetti verdi limitano i picchi di temperatura estivi grazie all'evapotraspirazione delle piante e alla riduzione dell'irraggiamento solare diretto e, allo stesso tempo, consentono di mitigare gli effetti fisici delle cosiddette isole di calore (Urban Heat Island – UHI) nei centri cittadini caratterizzati da traffico intenso (Figura 1). Le UHI causano un picco del carico elettrico del 3-8% per ogni grado centigrado di incremento della temperatura estiva.  

 

Figura 1. Effetti fisici delle Urban Heat Islands (UHI)

 

Le “infrastrutture verdi” migliorano l’efficienza energetica degli edifici

Attraverso l’impiego di sistemi vegetali si hanno poi vantaggi in termini di miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici. L’adattamento di coperture vegetali sugli edifici riduce la radiazione solare incidente e di conseguenza i consumi di energia elettrica per il condizionamento. I vantaggi in termini di miglioramento dell’efficienza energetica sono mediamente compresi nell’ordine del 3-10% nei periodi invernali (riduzione di energia per il riscaldamento) e tra l'8 e il 15% nei periodi estivi (riduzione di energia per il raffrescamento) rispetto ai costi annuali della climatizzazione microclimatica. Grazie al fenomeno dell’evapotraspirazione, inoltre, le piante rilasciano acqua sotto forma di vapore consumando una grande quantità di energia termica. Considerando che nel passaggio di stato – da liquido a vapore – per ogni grammo di vapore occorrono circa 700 kWh, che altrimenti sarebbero assorbiti dagli edifici e rilasciati come calore, i vantaggi in termini energetici sono notevoli.

La quantità di radiazione intercettata dalla coltre vegetale si misura con il parametro LAI – Leaf Area Index – Indice di Area Fogliare espresso in percentuale di radiazione intercettata (o trasmessa) nelle diverse fasi stagionali (Figura 2). Il valore del LAI uguale a 0 corrisponde al suolo nudo, mentre valori del LAI superiori indicano le diverse densità fogliari. 

 

Figura 2.  Parametro LAI – Leaf Area Index – Indice di Area Fogliare (fonte: ENEA RAEE 2017)

 

Gli obiettivi europei

Nell’Unione Europea il 40% dell'energia per il riscaldamento e il raffreddamento viene usata nel settore residenziale, il 37% nell’industria e il 18% nei servizi. L’Unione Europea stima la richiesta di energia elettrica, per il condizionamento climatico dell’aria per il 100% degli edifici utilizzati per scopi civili e commerciali (case, negozi, uffici) in 60 Mtep al 2020 per servizi localizzati sia in aree rurali che in aree urbane.

Di seguito, sono indicati alcuni tra i riferimenti istituzionali per migliorare l’efficienza energetica degli edifici:

  • Direttiva 2002/91/CE sulle prestazioni energetiche degli edifici (Energy performance of Building Directive). Prevede l’estensione della valutazione delle prestazioni energetiche di un edificio anche al regime estivo come evidenziato dalla sostituzione del concetto di “prestazione termica invernale” con quello più ampio di “prestazione energetica globale”;
  • Direttiva 2010/31/UE. Prevede che gli edifici costruiti dopo il 31 dicembre 2020 dovranno essere ad energia “quasi zero”;
  • Direttiva 2012/27/UE.Entrata in vigore in Italia con il decreto ministeriale d.c. 102/2014, prevede che gli Stati dovranno elaborare una strategia per favorire la ristrutturazione degli edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati. Le pubbliche amministrazioni già dal 2018 dovranno attenersi alla costruzione di edifici ad energia “quasi zero”;
  • COM (2013) 249 final – “Infrastrutture verdi – Rafforzare il capitale naturale in Europa”. Sottolinea l’importanza per il settore dell’edilizia di soluzioni basate sulle infrastrutture verdi come giardini pensili e muri verdi. Queste “infrastrutture verdi” possono contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, consentendo di risparmiare energia per il riscaldamento e il raffreddamento con diversi altri vantaggi, come una migliore ritenzione idrica e purificazione dell’aria e una maggiore biodiversità;
  • Strategia Energetica Nazionale (SEN). Prevede lo sviluppo diprogetti che integrino ambiente, clima, energia e un Piano di ampio respiro incentrato sull'efficienza energetica. Per quanto riguarda l’efficienza energetica, si prevede di tagliare le emissioni del 39% al 2030 e del 63% al 2050, rispetto ai livelli del 1999 (circa 520 milioni di tonnellate di CO2 equivalente).

In questo contesto, il verde ha assunto sempre maggiore importanza come elemento funzionale nella riqualificazione degli edifici. Il verde, quando applicato all’involucro edilizio, migliora gli aspetti visivi dell’edificio e soprattutto non necessita di ulteriori spazi dedicati che potrebbero sottrarre ulteriore superficie edificabile.

La numerosa bibliografia scientifica sull’applicazione del verde sugli edifici riporta i seguenti dati per quanto riguarda l’applicazione delle coperture vegetali sugli edifici nelle città:

  • roofs (tetti) rappresentano il 20% della superficie nelle città;
  • Un green roofs può assorbire fino al 50% dell’acqua piovana;
  • 25 m2di superficie fogliare generano O2per una persona;
  • 1 mdi superficie verde elimina 0,2 kg di particolato in aria.

 

Al via il Bonus Verde per il 2018

La Legge di Bilancio 2018 riconosce una detrazione Irpef pari al 36% per spese sostenute per interventi di “sistemazione a verde” (Figura 3) di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari singole o condomini, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e costruzione di pozzi, e realizzazioni di coperture a verde e giardini pensili. Tra le spese incentivabili rientrano anche quelle relative a “progettazione e manutenzione” dei lavori. La detrazione si applica su un importo massimo di spesa di 5.000 euro per unità immobiliare, sostenuta ed effettivamente rimasta a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale vengono effettuati gli interventi verdi.

Le regole per usufruire del Bonus Verde sono le seguenti:

  • Sono riconosciute le spese sostenute dai contribuenti che detengono l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi riguardanti aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e di pozzi sia privati che condominiali;
  • È  riconosciuta la detrazione anche per le spese relative ad interventi su parti comuni esterne di edifici condominiali fino ad un massimo di euro 5.000 per unità abitativa. In questo caso, la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che la stessa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi;
  • Per usufruire della detrazione, ripartita in dieci quote annuali di pari importo, le spese devono essere effettuate con mezzi di pagamento tracciabili;
  • Sono ricomprese nell'agevolazione le spese di progettazione e manutenzione connesse all’esecuzione degli interventi indicati.

 

Figura 3. Tipologia di edificio verde (foto: Andrea Campiotti)     


Nota:

L'immagine d'intestazione dell'articolo mostra il "Vertical Garden" realizzato al biologo francese Patrick Blanc a Parigi, presso il Museo Quai Branly. La foto è stata scattata da Andrea Campiotti (autore dell'articolo).

Insubria Task force

Insubria capofila di un progetto sulla conservazione della biodiversità e sulla creazione di un punto di controllo all’aeroporto di Orio Al Serio

L’Università degli Studi dell’Insubria è capofila di un progetto di Regione Lombardia sulla tutela della biodiversità e sul contrasto delle specie alloctone animali e vegetali. Quattro i partner: Università di Milano Bicocca, Università Statale di Milano, Università degli Studi di Pavia e la Società GRAIA di Varese.

Regione Lombardia è l’unica Regione italiana ad aver ottenuto uno dei sei finanziamenti  erogati dall’Unione Europea nell’ambito del bando LIFE Gestire 2020.
L’accordo siglato all’Università degli Studi dell’Insubria dai rappresentanti dei quattro enti partner – il professor Giuseppe Colangelo, prorettore Vicario dell’Ateneo, per l’Università degli Studi dell’Insubria; il professor Giuseppe Bogliani, docente di Zoologia, per l’Università di Pavia; la professoressa Sandra Citterio, docente di Biologia Vegetale per l’Università Bicocca; il professor Diego Rubolini, docente di Ecologia, per l’Università Statale di Milano, e il dottor Cesare Puzzi, veterinario ittiologo, amministratore delegato di GRAIA – è parte del progetto "Rete Natura Duemila", incentrato sulla gestione e salvaguardia del patrimonio naturalistico della Lombardia e finanziato nell’ambito di LIFE Gestire 2020.

In particolare l’accordo siglato a Varese mira a individuare le criticità nella conservazione della biodiversità, e il focus del progetto sta nel mettere a punto una strategia di gestione delle specie aliene in Lombardia che prevede anche l’inserimento di un sistema di controllo che prevenga l’immissione di specie aliene che involontariamente vengono trasportate dall’uomo attraverso le merci e i prodotti che giungono presso l’Aeroporto di Orio al Serio (Bergamo).

Gli aeroporti rappresentano uno dei maggiori punti di accesso delle specie alloctone, ha spiegato il professor Adriano Martinoli, docente di Zoologia e referente del progetto per l’Università degli Studi dell’Insubria, perché zone aeroportuali sono delle vere e proprie “porte d’ingresso” attraverso il traffico di merci: piante e animali potrebbero essere contenuti, ad esempio, nel terriccio delle piante in vaso o nelle merci (es. legname) e così introdotti accidentalmente nell’ambiente.

Esistono già punti di controllo agli Aeroporti di Milano Malpensa e di Milano Linate. Con l’accordo firmato con gli altri Atenei lombardi si realizzerà il punto di controllo su Orio Al Serio, anche grazie alla collaborazione con GRAIA.

"Il progetto è di ampio respiro – ha aggiunto Martinoli – e punta a mettere in atto una strategia efficace per la prevenzione e la risoluzione della presenza di specie alloctone in Lombardia, attraverso la individuazione e la gestione delle diverse problematiche. In primis dovremo realizzare una sorta di “black list” delle specie aliene animali e vegetali che hanno una influenza negativa prioritaria sul nostro ambiente. La creazione del punto di controllo richiederà una stretta sinergia con i Carabinieri Forestali: i docenti si faranno carico della formazione del personale aeroportuale e della individuazione delle specie pericolose, nonché dei punti critici nel trasporto merci».

Duecentomila euro sono i fondi a disposizione dell’Accordo sulle specie alloctone di Regione Lombardia, guidato dall’Università dell’Insubria. L’Ateneo è molto sensibile a questa problematica: non soltanto attraverso gli studi scientifici mirati in campo sia zoologico che botanico ma anche attraverso una campagna di divulgazione al grande pubblico, che passa, da ultimo, anche attraverso la mostra organizzata in collaborazione con il Comune di Varese, nella sede del Museo di Villa Mirabello, proprio sulle specie alloctone: “Alieni. La conquista dell’Italia da parte di piante e animali introdotti dall’uomo”.


Fonte:

Ufficio Stampa www.uninsubria.it/

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L’Italia è tra le eccellenze europee nella gestione dei rifiuti

L’Italia si conferma tra i paesi più virtuosi a livello europeo nella gestione dei rifiuti, con il 79% dei rifiuti raccolto ogni anno. Prima la Germania. Seguono Italia, Francia e Gran Bretagna. Presentato a Roma il rapporto “L’Italia del Riciclo 2017” realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e dal FISE-Unire. Resta ancora elevata la quantità di rifiuti pro-capite prodotta dai cittadini nelle principali città italiane.


“L’Italia del Riciclo 2017”

La quantità di rifiuti destinata al recupero è più che raddoppiata dal 1999 al 2015, passando da circa 29 a 64 milioni di tonnellate, mentre l’avvio a smaltimento si è drasticamente ridotto da 35 a 18 milioni di tonnellate. Nel complesso, l’Italia si conferma tra i paesi più virtuosi a livello europeo, subito dopo la Germania, con il 79% di rifiuti raccolto ogni anno, seguita da Francia e Gran  Bretagna. Questo è quanto emerge dal rapporto “L’Italia del Riciclo 2017”, realizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da FISE Unire (Unione Nazionale Imprese Recupero) e presentato a Roma lo scorso 14 dicembre (Figura 1). Secondo il rapporto, nel 2016, sono stati avviati a riciclo 8,4 milioni di tonnellate di imballaggi, il 3% in più rispetto al 2015. I dati migliori sono stati riscontrati nelle filiere di alluminio, acciaio e legno. Sono rimasti stabili invece quelli relativi alla carta (80%) e all’acciaio (77,5%). Per quanto riguarda i rifiuti organici, che rappresentano la parte principale dei rifiuti che vengono riciclati, è stato registrato un aumento di percentuale: dal 40% del 2011 si è passati al 41,2% nel 2016, raggiungendo i 107,6 kg per abitante.

 

Figura 1. Roma, 14 dicembre 2017, presentazione del rapporto “L’Italia del Riciclo 2017” (foto: Andrea Campiotti)

 

Tuttavia, la quantità di rifiuti pro-capite prodotti nelle maggiori città italiane (Roma, Milano, Napoli e Palermo) risulta essere ancora tra le più elevate in Europa (oltre 500 kg per abitante), circa il 40% in più rispetto a Praga e Madrid e il 25% in più rispetto a  Berlino. La figura 2 mostra la quantità di rifiuti prodotti in Italia (t/a) secondo il “Rapporto Rifiuti Urbani 2017” dell’ISPRA. 

 

Figura 2. Rifiuti urbani prodotti in Italia (t/a) secondo il “Rapporto Rifiuti Urbani 2017” (fonte: ISPRA)

 

«L'industria italiana del riciclo – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nel corso dell’evento – ha raggiunto livelli di eccellenza in Europa, sebbene occorra un ulteriore avanzamento sia tecnologico sia normativo per raccogliere le opportunità ambientali ed economiche offerte dall’economia circolare». Ad oggi, sottolinea il rapporto, sono oltre 10.500 le imprese italiane che svolgono attività di gestione, recupero e smaltimento dei rifiuti. Ronchi ha aggiunto: «Il piano nazionale dell’Industria 4.0 deve interessare anche il settore dell’economia circolare. Sarebbe utile un’Agenzia nazionale per l’efficientamento del settore». Sul tema è intervenuto anche il Sottosegretario all’Ambiente Silvia Velo che ha ribadito: «L’Italia è leader nel settore dell’economia circolare, tuttavia, c’è poca consapevolezza tra le persone. Dobbiamo rendere più chiare e omogenee le norme circa il riciclo dei prodotti e riconoscere agevolazioni fiscali sia ai cittadini sia alle imprese.».

 

La situazione dei rifiuti in Europa

Secondo Eurostat, l’Ufficio Statistico dell'Unione Europea, nel 2015 i paesi membri dell’Unione Europea hanno prodotto circa 242 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, di cui oltre il 68% (circa 165,7 milioni di tonnellate)in soli cinque Stati (Italia, Spagna, Regno Unito, Germania e Francia). Attualmente in Europa, il settore della gestione dei rifiuti genera un fatturato complessivo di 155 miliardi di euro e ne produce quasi 50 di valore aggiunto. Tuttavia, a livello europeo, ancora si bruciano o si mettono in discarica oltre il 50% dei rifiuti prodotti, mentre la prevenzione dei rifiuti, la rigenerazione, la riparazione e il riciclaggio potrebbero generare – secondo dati della Commissione Europea – risparmi netti per le imprese europee pari all'8% del fatturato annuo, riducendo al contempo l'emissione di gas serra del 2-4%. Si stima inoltre – sulla base dei dati disponibili al 2013-2014 – che rispetto ai rifiuti prodotti e alle tecnologie oggi impiegate per la produzione di energia da rifiuti (termovalorizzatori, impianti di incenerimento, impianti di digestione anaerobica e altre tecniche), si potrebbe ottenere una produzione di energia pari almeno a 676 PJ (1 PJ equivale a 252 miliardi di kcal, cioè l’energia contenuta in circa 25 mila tonnellate equivalenti di petrolio). Inoltre, grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più innovative, si potrebbe aumentare di oltre un quarto l’energia prodotta (Towards a better exploitation of the technical potential of waste-to-energy, EUR 28230 EN, 2016).

 

Il ruolo del compost in Italia

In Italia la quantità di frazione organica (umida e verde), che rappresenta la porzione principale deirifiuti urbani raccolti e avviati a riciclaggio, ha raggiunto pro-capite i 107,6 kg per abitante ogni anno, con una percentuale che è passata dal 40% del 2011 al 41,2% del 2016. In particolare, secondo l’ISPRA, gli impianti di compostaggio hanno prodotto nel 2016 circa 1,6 Mt di compost che, dal punto di vista normativo, viene classificato come “Ammendante Compostato Verde” (ACV). Con questa definizione si indica un materiale solido granulare ottenuto mediante il processo di compostaggio di scarti organici costituiti principalmente da residui vegetali derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato (sfalci d’erba, potature, ramaglie), da residui di coltivazioni agricole e/o di lavorazione del legno. L’ACV viene usato come fertilizzante per la coltivazione di colture di pieno campo e per la manutenzione del verde ornamentale e ricreativo.

 

Figura 3. Quantità di rifiuti organica riciclato in Italia nel periodo 2011-2016 (fonte: ISPRA)

 

Il CIC (Consorzio Italiano Compostatori) ha riportato recentemente la necessità di mettere a punto una filiera della produzione di compost in grado di utilizzare le migliori tecnologie di recupero del rifiuto organico e di sviluppare strategie di valorizzazione e commercializzazione del compost funzionali all’impiego nel settore agricolo, floro-vivaistico, forestale e paesaggistico. Inoltre, il CIC  ha sottolineato di non trascurare la produzione di biometano per il trasporto e/o da immettere in rete che ormai rappresenta una grossa opportunità per le imprese. Secondo il CIC, i 23,5 milioni di tonnellate di “ammendanti compostati”, prodotti negli ultimi 25 anni, hanno reso disponibili sul mercato dei fertilizzanti circa 300.000 tonnellate di azoto, 190.000 di potassio e 170.000 di fosforo. In ultima analisi, l’uso del compost, di provenienza certa e privo di contaminanti, in sostituzione di concimi minerali e di sintesi per la fertilizzazione del suolo agricolo, consentirebbe di recuperare sostanza organica per reintegrarla nei terreni, contribuendo ad aumentare la fertilità biologica dei suoli, a ripristinare i siti contaminati da composti tossici e ad evitare fenomeni di erosione dei suoli.