Antoni Gaudí e l’uso dei materiali naturali

di Gianfranco Padovan1, Antonio Marcel2

Antoni Gaudí3, architetto catalano e figura centrale del modernismo catalano4, ha lasciato un’impronta indelebile nel panorama architettonico mondiale.
La sua opera è caratterizzata da un profondo rispetto per la natura e un uso innovativo dei materiali5.
Gaudí non ha solo creato edifici, ma ha anche plasmato esperienze sensoriali che collegano l’uomo alla natura.
Per esplorare in dettaglio le sue opere, i materiali utilizzati e l’approccio sostenibile che ha contraddistinto il suo lavoro, in questo articolo ci si è avvalsi della IA e si è attinto a studi, ricerche e immagini di archivio di Antonio Marcel.

1. L’influenza della Natura nelle opere di Gaudí

1.1 Materiali Naturali

Gaudí ha sempre privilegiato l’uso di materiali naturali come pietra, legno e ceramica, che non solo conferiscono bellezza estetica alle sue opere6, ma sono anche sostenibili e in armonia con l’ambiente.

  • Pietra: utilizzata per la costruzione di strutture come la Sagrada Familia, la pietra è stata scelta per la sua durabilità e per la sua capacità di integrarsi con il paesaggio urbano. Gaudí ha saputo sfruttare le varie tonalità e texture della pietra per creare effetti visivi straordinari.
  • Legno: spesso impiegato per elementi decorativi e strutturali, il legno rappresenta un legame diretto con la natura. La Casa Battló7, ad esempio, presenta dettagli in legno che richiamano le forme organiche degli alberi.
  • Ceramica: conosciuto per l’uso di mosaici colorati, Gaudí ha trasformato la ceramica in un elemento artistico. Il Parco Güell è un esempio lampante di come la ceramica possa essere utilizzata per creare spazi giocosi e vibranti.8

1.2 Acqua e Forma

Gaudí ha saputo trarre ispirazione dall’acqua, utilizzando forme fluide e organiche che richiamano il movimento dei fiumi e delle onde marine. La sua attenzione ai cicli naturali si riflette nella progettazione di spazi che favoriscono l’interazione con l’acqua, come fontane e giardini.

  • Fontane: le fontane progettate da Gaudí non sono solo elementi decorativi, ma anche funzionali. Esse contribuiscono alla frescura degli spazi e creano un’atmosfera rilassante.9

1.3 Alberi e Vegetazione

L’architetto ha integrato elementi vegetali nelle sue opere. La Casa Batlló presenta facciate che richiamano le forme degli alberi, mentre il Parco Güell è un esempio di come la vegetazione possa creare un ambiente armonioso e naturale.

  • Giardini: i giardini progettati da Gaudí sono spazi di riflessione e contemplazione, dove la vegetazione si fonde con l’architettura. Questi spazi sono progettati per stimolare i sensi e favorire la connessione con la natura.

Scorcio del Parco Güell

Scorcio del Parco Güell

Casa Milà: modellino in gesso che Gaudí realizzava per ogni opera

Casa Milà

2. Un Approccio Sostenibile

2.1 Design Bioclimatico

Gaudí non solo ha utilizzato materiali naturali, ma ha anche abbracciato un approccio sostenibile all’architettura. Le sue costruzioni sono progettate per ridurre l’impatto ambientale, sfruttando la luce naturale e la ventilazione per minimizzare il consumo energetico.

  • Ventilazione Naturale: le sue opere sono progettate per massimizzare la ventilazione naturale, riducendo la necessità di sistemi di climatizzazione artificiali.10
  • Illuminazione Naturale: Gaudí ha progettato finestre e aperture che permettono alla luce naturale di penetrare negli spazi interni, creando ambienti luminosi e accoglienti.11
Scorcio di Casa Batllò
Scorcio di casa Vicens


2.2 Integrazione con l’Ambiente

Le opere di Gaudí non sono solo costruzioni isolate, ma parte integrante del paesaggio urbano. La sua capacità di integrare la natura e l’architettura è evidente in molte delle sue opere.

  • Sagrada Familia: questa cattedrale è progettata all’interno per sembrare una foresta di pietra, con colonne che richiamano tronchi d’albero e dettagli che imitano la vegetazione.12
  • Parco Güell: un parco pubblico progettato come un giardino residenziale per integrarsi con la natura circostante che doveva ospitare 60 case, decorato con mosaici, noti come “trencadís”, e sculture13. La Sala Ipostila, che sostiene la piazza superiore, è composta da 86 colonne che richiamano forme naturali.
  • Casa Milà: la facciata è caratterizzata da linee fluide e ondulate, senza angoli retti, che simboleggiano il movimento e forme organiche che richiamano la natura. Cortile centrale che offre luce e ventilazione agli appartamenti, tetto con camini a forma scultorea che assomigliano a guerrieri o figure mitologiche.
  • Casa Batlló: la facciata è mosaicata con ceramica a effetti di iridescenti, linee architettoniche esterne e interne sono ispirate alle curve naturali, con finestre e balconi che sembrano “fluttuare”. Il tetto è decorato con tegole a forma di scaglie, che evocano un drago, simbolo di protezione.
  • Casa Vicens: è uno dei primi esempi di architettura modernista catalana e combina elementi neogotici e orientali. La facciata è realizzata con una combinazione di mattoni, piastrelle di ceramica colorata e ferro battuto ed è decorata con motivi vegetali e geometrici. Gli interni sono altrettanto elaborati, con dettagli decorativi e mobili progettati da Gaudí stesso.

3. L’Eredità di Gaudí

3.1 Influenza sull’Architettura moderna

L’approccio di Gaudí all’uso dei materiali naturali e alla sostenibilità ha influenzato generazioni di architetti.14 Le sue idee innovative continuano a essere studiate e applicate nel contesto dell’architettura moderna.15

  • Architettura Verde: oggi, molti architetti cercano di emulare il suo approccio sostenibile, integrando la natura nei loro progetti16 e utilizzando materiali ecologici.17

3.2 Riconoscimenti e Patrimonio Mondiale

Le opere di Gaudí, come la Sagrada Familia18 e il Parco Güell19, Casa Battló e Casa Milà, sono state riconosciute come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, attestando l’importanza e l’impatto duraturo del suo lavoro.20

Sagrada Familia: modello 3D del progetto revisionato
Sagrada Familia: Entrata principale progettata da Gaudí.

Sagrada Familia prese avvio nel 1882 e se ne prevede il completamento nel 2026.


3.3 Ispirazione contemporanea

Molti artisti e designer contemporanei si ispirano a Gaudí per creare opere che riflettono l’armonia tra l’uomo e la natura.21 La sua capacità di vedere la bellezza nei materiali naturali e di utilizzare forme organiche continua a ispirare creativi in tutto il mondo.22

Scorci del parco Güell

Conclusione

Antoni Gaudí ha dimostrato che l’architettura può e deve essere in sintonia con la natura. Le sue opere non sono solo manifestazioni artistiche, ma anche esempi di come sia possibile costruire in modo sostenibile, rispettando l’ambiente e utilizzando i materiali naturali in modo innovativo. La sua eredità continua a ispirare architetti e designer in tutto il mondo, sottolineando l’importanza di un approccio ecologico nell’architettura contemporanea.

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1 Gianfranco Padovan, ingegnere, presidente EnergoClub Onlus, esperto di sostenibilità e di transizione energetica, gianfranco.padovan@gmail.com, cell. +39 336 262 341

2 Antonio Marcel, scenografo e vetrinista veneto-catalano, guida su Gaudí, autore di 2 libri in italiano e 3 in catalano, collaboratore di Lletres Catalanes, antoniomarcel1958@gmail.com, cell. +39 377 904 8502

3 Antoni Gaudí nasce a Rens il 25/06/1852, località dove la famiglia aveva l’attività di caldareria, muore il 10/06/1926 investito dal primo tram in circolazione a Barcellona (ci sono ipotesi che la morte sia conseguenza di una malasanità forse condizionata dal contrasto con la chiesa cattolica). Madre e padre entrambi calderai amavano il loro lavoro. La passione per la lavorazione dei materiali fu trasmessa in particolare a Antoni che aiutava spesso i genitori nella produzione di paioli in rame che andavano poi zincati. Si diploma in architettura e si trasferisce a Barcellona. Lavorò alle dipendenze dell’architetto Luis Domenech. La svolta che gli permise di mettersi in proprio fu la vincita di un bando per la progettazione di un lampione di illuminazione pubblica.

4 Il movimento modernista, che non va confuso con il liberty francese, prese avvio proprio da Gaudi e Luis Domenech.

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5 Gaudí si appassionò alle forme presenti in natura dalle quali traeva ispirazione: chiocciole, alberi, foglie; anche le forme di vita acquatica lo attrassero come le salamandre e i molluschi.

6 Gaudí coltivo lo studio dell’esoterismo e della alchimia tanto da inimicarsi la chiesa. Al pari di Tesla sentiva che c’è una energia libera.

7 L’edificio venne commissionato dalla famiglia Güell come simbolo della cultura e del nuovo stile di vita catalana. La facciata riproduce delle ossa. Il materiale utilizzato era pietra di Villanova estratta a trenta km da Barcellona.

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8 La ceramica, che proveniva dalle fabbriche del conte Güell, venne utilizzata per decorare le superfici interne ed esterne delle costruzioni, realizzando immagini allegoriche della vita catalana e della natura. Chi si siede nelle panchine ha la sensazione di sedersi nella natura.

9 Da evidenziare il tetto a forma di dragone e la fontana sottostante (che in realtà e una salamandra) che viene alimentato da un circuito idraulico dell’edificio a colonne sovrastanti.

10 Le pareti sono realizzate con intercapedini di aria per aumentare la coibenza e aumentare l’inerzia termica della costruzione. Negli impianti di riscaldamento utilizzava camini realizzati in terracotta e laterizi ad alto tiraggio sia a legna che a carbone naturale, con l’impiego di filtri per ridurre l’inquinamento. Le terrazze al piano superiore furono progettate con lavabi per l’igienizzazione degli indumenti e per favorire l’asciugatura dei panni messi ad asciugare alla brezza marina.

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11Nella casa Batllò si concentrò sullo studio della illuminazione naturale con l’utilizzo delle vetrate a mosaico per utilizzare l’illuminazione interna anche d’inverno.

12 All’opera hanno contribuito nel tempo almeno 7 architetti, solo una parte è riconducibile a Gaudí. Il modellino in gesso è stato distrutto da un bombardamento ordinato da Francisco Franco.

13 Tra le sculture più riconoscibili c’è il famoso drago di ceramica all’ingresso del parco, simbolo di protezione. In realtà il drago è una salamandra.

14 Gaudí insegnò architettura all’Università di Barcellona promuovendo l’uso dei materiali naturali e adottando nell’insegnamento il metodo Montessori. Ne sono esempi i modellini in gesso che Gaudi realizzava di ogni sua costruzione tutt’ora visibili nei musei a lui dedicati.

15 Gaudí progettò anche utensili e oggetti ergonomici utilizzati dalle maestranze impegnate nelle costruzioni come pale, maniglie, cazzuole, fermaporte, forchette, ecc. in anticipo sui tempi rispetto alla Bauhaus.


16 Degni di nota sono i camini realizzati ispirandosi ai funghi e, anche, a figure extraterrestri.

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17 Ne sono esempi l’uso di materiali di scarto delle fabbriche di ceramica delle fabbriche Güell e Vicens, il calcestruzzo, l’uso della betulla nei parquet per i pavimenti.

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18 Gaudí venne coinvolto nella realizzazione in un secondo momento e contribuì solo ad una parte della costruzione.

19 Parco Güell venne commissionato dal conte Güell imprenditore catalano che trovò in Gaudi una sintonia nella visione del mondo. Inizialmente il Parco Güell fu pensato per la classe abbiente di Barcellona poi, nel tempo, l’utenza abbraccio i barcellonesi. Esempi di soluzioni destinate al pubblico sono le terrazze con le panchine a serpentina mosaicate e decorate con ceramiche, gli appartamenti. La gestione dell’acqua tramite le colonne per alimentare fontane e i giardini. Il piano terra in origine doveva servire per il mercato. Il parco Güell è posizionato in modo che sia visibile da tutta Barcellona.

20 Le opere di Gaudí sono state finanziate da mecenati catalani e finalizzate a diffondere il catalanismo come concezione del vivere in sintonia con la natura. Un esempio della maturità di Gaudí è costituito da Casa Vicens nota anche come Capriccio in cui Gaudí mette in atto tutte le soluzioni architettoniche e tecniche (decorazioni in ceramica, vetrate, intercapedini, ecc.). In alcuni momenti Gaudí si avvalse di fino a 70 persone con varie competenze attuando un lavoro di squadra coinvolgendo anche persone esterne all’architettura come, ad esempio, il commediografo Santiago Rossignol.

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21 Si possono citare gli architetti giapponesi e anche alcuni italiani come, ad esempio, Carlo Scarpa che ha utilizzato l’approccio di Gaudi per la tomba di Brion. L’artista performer Cattelan. Un seguace del modernismo fù Dalì, lo stesso Picasso (detto il Catalano) e Jean Mirò.

22 Le sue opere sembrano fuori del tempo e della contemporaneità e più di qualche addetto legge le sue opere come frutto di visioni generate dallo studio dell’esoterismo e delle religioni orientali (buddismo in particolare) dall’uso dell’assenzio (molto in voga ai suoi tempi) e degli allucinogeni che Gaudi impiegava. Fino a 36 anni Gaudi passava per un ricercato dandy nel vestire e nelle frequentazioni sociali. Oltre i 36 anni Gaudi subì un cambiamento nei comportamenti diventando ascetico, indifferente al denaro tanto da essere scambiato per un reietto. Quando fu investito dal tram e portato in ospedale venne trascurato e morì per assenza di cure.

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Il ruolo strategico dell’acqua, “oro blu” del XXI secolo

di Alessandro Campiotti

La disponibilità della risorsa idrica è messa in discussione dall’aumento demografico globale e dagli effetti del cambiamento climatico. Nonostante ciò, ogni anno in Italia circa il 40% dell’acqua dolce viene persa a causa di una rete di distribuzione obsoleta. Occorre intervenire sulle infrastrutture per ridurre gli sprechi e rendere più sostenibile il sistema agricolo.

Foto di Alessandro Campiotti

L’acqua è una risorsa limitata, e in quanto tale ha rappresentato storicamente un bene prezioso per la vita dell’essere umano, di cui ha condizionato la scelta dei primi insediamenti e lo sviluppo delle civiltà, assumendo nel tempo un ruolo strategico e geopolitico tale da meritarsi l’epiteto di “oro blu”. Sebbene circa l’80% della superficie del pianeta sia ricoperta di acqua, il 96% di questo volume è costituito da acqua salata e appena il 4% da acqua dolce. Di questa quota, un ulteriore 3% non è facilmente disponibile perché immagazzinata nel sottosuolo all’interno di falde acquifere, o perché conservata sotto forma di ghiacciaio, di conseguenza solo l’1% di tutta la riserva idrica globale costituisce i corpi idrici superficiali come fiumi e laghi, e pertanto è disponibile per la vita e le attività umane. Negli ultimi decenni, la domanda di acqua è aumentata notevolmente in seguito all’enorme incremento demografico che ha caratterizzato la popolazione mondiale, passata dai 3 miliardi del 1960 agli 8 miliardi del 2023, che peraltro è destinata ad aumentare ulteriormente dei prossimi anni.

Allo stesso tempo, come è stato sottolineato nell’ultimo rapporto dell’Ipcc (Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico), gli effetti dell’alterazione del clima, in particolare l’aumento delle temperature, incidono negativamente sul ciclo dell’acqua, mettendo in discussione la sicurezza idrica globale. Le proiezioni stimano che entro la fine del secolo il pianeta subirà una riduzione delle riserve di acqua dolce compresa tra il 10% e il 40% in funzione dell’entità del riscaldamento globale. Un incremento delle temperature di 2, 3 o addirittura 4 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali, infatti, comporterebbe un aumento del numero dei fenomeni atmosferici estremi, già raddoppiati negli ultimi venti anni, e del loro potenziale di rischio per l’ambiente e per l’essere umano. Tra i principali eventi critici figurano la siccità, lo scioglimento dei ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari, le inondazioni, la salinizzazione delle falde acquifere e l’eutrofizzazione delle acque. Quest’ultimo fenomeno, in particolare, si manifesta quando l’abbondanza di elementi nutritivi provenienti dalle attività agricole e industriali, accompagnata da una temperatura elevata, determina un cambiamento strutturale delle caratteristiche ecosistemiche, ottenendo come risultato una sostanziale degradazione della qualità dell’acqua e una drastica riduzione della biodiversità animale e vegetale. Si prevede che questi eventi avranno ripercussioni tangibili su scala globale, ma ne faranno le spese maggiori le popolazioni dei paesi in via di sviluppo, in cui, secondo le Nazioni Unite, circa due miliardi di persone soffrono la siccità e non hanno accesso a fonti di acqua potabile sicura.

Puntando lo sguardo sui paesi dell’Unione europea (UE), l’Italia risulta tra i più colpiti dagli effetti del cambiamento climatico, specialmente dall’aumento delle temperature medie, che ogni anno segnano nuovi record. Tuttavia, la conformazione territoriale della penisola, per oltre metà caratterizzata da rilievi montuosi e collinari, favorisce la conservazione delle acque meteoriche sotto forma di ghiaccio e neve, che sciogliendosi alimentano la ricchezza dei corpi idrici, che fanno dell’Italia uno dei paesi con la più alta disponibilità idrica in UE, dopo Francia e Svezia. Allo stesso tempo, l’Italia risulta tra i paesi europei che presentano un maggiore consumo pro-capite di acqua, pari a 155 metri cubi annui, così come elevato è il livello di impronta idrica, l’indicatore che misura l’uso diretto dell’acqua dolce da parte della popolazione e l’uso indiretto relativo alla produzione dei beni consumati. Complessivamente, il prelievo idrico riconducibile all’uso civile equivale al 24% del totale, mentre il settore agricolo consuma il 41%, quello industriale il 20% e il 15% residuo viene utilizzato per la produzione di energia elettrica.

A questi numeri va aggiunto un ulteriore dato che apre una serie di considerazioni di ordine etico, oltre che economico e ambientale, e che riguarda la percentuale di perdite idriche che avvengono nella rete infrastrutturale di distribuzione, che nel 2022 ha segnato il record del 42,2%, con picchi del 60% in alcune regioni del centro-sud. A questo proposito, il PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza), approvato nel 2021, ha stanziato circa 900 milioni di euro per finanziare una serie di interventi in materia di tutela della risorsa idrica, come il potenziamento del sistema di monitoraggio della rete di distribuzione nazionale tramite l’ausilio di tecnologie per individuare le perdite. Tuttavia, l’efficientamento delle infrastrutture idriche richiederebbe finanziamenti più onerosi, e in ogni caso dovrebbe essere accompagnato da un pacchetto di ulteriori azioni di adattamento dei sistemi agricoli alle attuali condizioni climatiche, tramite la promozione dell’agricoltura di precisione, l’utilizzo di tecniche di irrigazione sostenibili come quella a goccia, la selezione di colture più adatte alla limitata disponibilità idrica, la riduzione degli allevamenti zootecnici intensivi e la depurazione delle acque reflue per scopi agricoli.

Per approfondire:

Cabascia E., L’Italia ha sete ma il bicchiere è mezzo pieno, Limes – Rivista Italiana di Geopolitica (11/2024).

Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), Climate Change Report 2023, https://www.ipcc.ch/reports/.

Italy for Climate, Troppa o troppo poca: l’acqua in Italia in un clima che cambia,2023,https://italyforclimate.org/.

Minciardi M.R., Ciadamidaro S., Sighicelli M., Manzo S., Armiento G. (ENEA), L’utilizzo sostenibile della risorsa idrica e la tutela delle acque interne, Energia, ambiente e innovazione | 1/2023, DOI 10.12910/EAI2023-019, https://www.eai.enea.it/archivio/sos-acqua.html.

RICERCA-AZIONE e abbandono dei rifiuti

Per affrontare sistematicamente il problema dell’abbandono dei rifiuti sono necessarie metodologie che uniscano la ricerca intesa come reperimento dati e l’azione intesa come adozione di strategie mirate a disincentivare l’abbandono. La raccolta e l’analisi dei dati permettono la messa in atto di provvedimenti nella direzione della sostenibilità. Questo tema è stato affrontato giovedì 30 gennaio 2025 a Piazzola sul Brenta, nella splendida Villa Camerini, durante il workshop di WASTEREDUCE: “Abbandono di rifiuti e aree protette”. Buone prassi sviluppate e azioni migliorative nel Medio Brenta.

L’attività è inserita nel quadro generale dell’Interreg Italia – Croazia della durata di poco più di due anni promosso dalla Commissione Europea. Il progetto, finanziato con € 1.657.742,23, ha preso avvio nel febbraio 2024 e dovrebbe concludersi nel luglio 2026.

Sono coinvolte le aree protette di due stati, Italia e Croazia che si specchiano nello stesso mare, l’Adriatico. E, come verrà più volte sottolineato dai relatori, raccoglie non solo le acque di fiumi importanti ma anche i rifiuti sempre più abbondanti. I tre siti pilota sono il Bacino Medio Brenta nel territorio regionale Veneto, la costa occidentale istriana e Sakarun Bay in Croazia.

I tre territori, insieme, offrono una prospettiva unica sul tema della gestione dei rifiuti e una eterogenea copertura spaziale in ambienti terrestri, fluviali e costieri, rendendo originale e innovativo l’approccio di WASTEREDUCE.

Il leader di progetto è IPTPO Institute of Agricolture and Tourism Hrvatska. Tra gli otto partner di progetto ci sono Agenzie regionali, aziende multiservizi, dipartimenti universitari, che operano nel nord-est italiano e Istituzioni pubbliche di protezione della natura della regione istriana.

Dialogo, condivisione, informazione, formazione sono alcune delle parole chiave che guidano i relatori. La collaborazione con la Regione Veneto e con ARPAV è fondamentale e costante ma si deve lavorare con tutti i “portatori d’interesse” a partire dal singolo cittadino/turista per arrivare a quanti hanno responsabilità di governo.

Il progetto intende migliorare, sia nelle aree protette croate che italiane, le politiche e le pratiche di gestione dei rifiuti esistenti, agendo sulla sensibilizzazione e sul comportamento dei visitatori nelle zone naturali protette riducendo, nel contempo, i costi ambientali e socioeconomici associati ai rifiuti.

Dialogo, condivisione, informazione, formazione sono alcune delle parole chiave che guidano i relatori. La collaborazione con la Regione Veneto e con ARPAV è fondamentale e costante ma si deve lavorare con tutti i “portatori d’interesse” a partire dal singolo cittadino/turista per arrivare a quanti hanno responsabilità di governo.

Il progetto intende migliorare, sia nelle aree protette croate che italiane, le politiche e le pratiche di gestione dei rifiuti esistenti, agendo sulla sensibilizzazione e sul comportamento dei visitatori nelle zone naturali protette riducendo, nel contempo, i costi ambientali e socioeconomici associati ai rifiuti.

L’aspetto socio economico relativo all’abbandono dei rifiuti è molto elevato: i rifiuti “costano!” Emblematico l’intervento on-line della Sindaca di Cavallino tre Porti: “i rifiuti che arrivano dall’entroterra rischiano di far chiudere le spiagge! L’asportazione con macchine di notevoli quantità di plastiche e altri RUR, modificano il profilo costiero, pensiamo alla duna litoranea del Cavallino”.

Va sottolineato che la regia regionale sui flussi di RUR, Rifiuti Urbani Residui, prevede una tariffa unica di conferimento della frazione stessa e incentivi economici che premiano i territori virtuosi.

L’importanza della formazione nelle scuole, fin dalla Primaria, è stata evidenziata da diversi relatori.

“Siamo tutti cittadini e cittadine di uno stesso territorio e allo stesso tempo dello stesso pianeta: dobbiamo imparare a rispettarlo e a usarne le risorse in modo sostenibile, tale obiettivo può essere raggiunto solamente formando persone consapevoli della propria terra e del periodo storico in cui vivono”

L’organizzazione e realizzazione di proposte innovative per creare nuovi modi di finanziare la natura è la mission di Etifor, azienda spin off dell’Università di Padova. Oltre a essere responsabile delle attività di progetto portate avanti nel Medio Brenta insieme a Etra, il ruolo di Etifor, è principalmente quello di sviluppare una strategia partecipativa transfrontaliera che miri alla riduzione dei rifiuti in tutte e tre le aree di interesse, adattandola alle loro specifiche caratteristiche ed esigenze.

La strategia include: strumenti istituzionali e di policy, valutazione del costo ambientale, valutazione del costo sociale dei rifiuti, strategie innovative di finanziamento.

    I rappresentanti dell’Università di Trieste sottolineano la necessità di ridimensionare la pressione esercitata dalle attività umane sulle aree protette e sui siti Natura 2000. Vengono proposte soluzioni per ridurre la dispersione nell’ambiente di rifiuti e lo sviluppo di sinergie transfrontaliere atte a monitorare e identificare le aree critiche in cui l’accumulo dei rifiuti richiede uno sforzo gestionale puntuale. Il dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università triestina procede attraverso, osservazioni e raccolta dati sul campo. Tra agosto e ottobre 2024, con la collaborazione di tutti i partner, si sono svolte 2 giornate di osservazione e ricerca nei tre siti pilota con i seguenti step: rilevazione punti di accumulo dei rifiuti con satelliti e droni, classificazione rifiuti con tecniche di machine learning, (statistica computazionale), analisi delle osservazioni sul campo in relazione all’accumulo dei rifiuti rilevazione opinioni e valutazione visitatori e stakeholder.

    La stessa Università nell’ambito di studio definito Environ-mental help somministra specifici questionari direttamente ai visitatori oppure on-line, per valutare le seguenti variabili psicologiche: intenzioni, atteggiamenti, controllo percepito, consapevolezza delle conseguenze. I grafici relativi alle tre aree interessate vengono condivisi durante il workshop e sono disponibili al link dell’Università

    Attraverso i feedback, forniti dai dati raccolti ed elaborati, vengono indirizzate le nuove politiche di gestione dei rifiuti da parte degli enti preposti e partner del progetto che, secondo le attese, si dovranno tradurre in azioni concrete per ridurre, mitigare ed evitare l’inquinamento da rifiuti delle nostre riserve naturali, dei nostri fiumi e dei nostri mari. Risultato non secondario sarà anche aumentare l’attrattività delle riserve naturali per i visitatori, migliorando così il valore dell’offerta turistica dei territori coinvolti.

    Sono intervenute altre realtà non specificatamente partner che, tuttavia, hanno fornito elementi importanti di riflessione sul ruolo insostituibile delle associazioni di volontariato che promuovono le giornate ecologiche con la raccolta di rifiuti sia lungo le aste fluviali che in parchi pubblici. In questo ambito operano associazioni di volontariato come “Sile nostro” nato per la pulizia dell’asse del Sile dai rifiuti galleggianti. La fruibilità delle aree naturalistiche nel Parco Naturale Regionale del fiume Sile è migliorata tramite la collaborazione tra Open Mind, che raccoglie, e Contarina che trasporta e avvia a smaltimento quanto raccolto.

    Durante il workshop pomeridiano, ai tavoli di dialogo e confronto vengono poste molte domande. Perché si abbandonano rifiuti indifferenziati in un luogo dove turisti e residenti hanno passato ore piacevoli in mezzo alla natura? Perché una percentuale elevata di cittadini residenti non hanno mai ritirato i contenitori per il conferimento?

    Perché non si è in grado, a livello istituzionale, di porre in atto strategie per individuare quanti consapevolmente o meno si comportano in modo scorretto? I dati raccolti dall’ Università di Trieste forniscono elementi utili: la ricerca delle cause e dei responsabili è il primo passo.

    Alcune aziende multiservizi mettono a disposizione della cittadinanza applicazioni digitali che permettono di comunicare e localizzare l’abbandono di RUR.

    Ai tavoli del workshop permane una domanda: ma si riesce davvero a raggiungere tutti?

    Le persone ai margini della società, le persone non integrate, le persone anziane che non conoscono le tecnologie, abituate a bruciare nella stufa anche i rifiuti di plastica, vengono raggiunte? Qui il ruolo degli amministratori locali e della Polizia Urbana è determinante. Ma non è da meno il contributo del mondo del volontariato che, in questo caso, è fondamentale come sottolineato dal responsabile del Bacino della Priula. Ne è esempio la citata associazione Sile Nostro, i canoisti raccoglitori di plastiche nella corrente! Tutti tasselli importanti per comporre un puzzle complesso come quello dell’abbandono dei rifiuti. C’è molto da fare e questo progetto Interreg può davvero dare un contributo per il coinvolgimento di tutti!

    Foto di Alberta Vittadello

    Di seguito i link relativi a ciascun Partner e a tutte le realtà locali che sono intervenute

    https://www.arpa.veneto.it/servizi/progetti-e-cooperazione/programmazione-2021-2027/wastereduce.

    https://www.consigliobacinobrenta.it/hh/index.php?jvs=0&acc=1

    https://www.etraspa.it/area-stampa/comunicati-stampa/wastereduce-insieme-una-migliore-gestione-dei-rifiuti-nelle-aree

    https://www.etifor.com/it/chi-siamo/team

    https://portale.units.it/it/notizie/gestire-meglio-i-rifiuti-nelle-aree-protette-al-il-progetto-interreg-wastereduce

    https://contarina.it/cittadino/chi-siamo/contarina

    https://www.acegasapsamga.it/servizi/ambiente/app-il-rifiutologo

    https://www.priula.it/https://opencanoe-openmind.com/missione/progetto-pulizia-sile/