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Città più sostenibili e con meno emissioni, le NBS rappresentano una soluzione

Le città ospitano il 50 per cento della popolazione mondiale, sono responsabili del 70 per cento delle emissioni di CO2 e consumano il 75 per cento delle risorse naturali. Le NBS (Nature Based Solutions) giocano un ruolo fondamentale per raggiungere la “carbon neutrality”, uno dei principali obiettivi del Green deal europeo.


Nell'Unione europea il 40 per cento dell'energia finale per il riscaldamento e il raffreddamento è consumata nel settore residenziale, il 37 per cento nell'industria, il 18 per cento nei servizi (COM(2016) 51 final). A questo proposito, la Direttiva 2010/31/UE prevede che gli edifici privati che verranno realizzati dopo il 31 dicembre 2020 abbiano prestazioni energetiche "quasi pari a zero" (NZEB), mentre per quelli che appartengono alle pubbliche amministrazioni, tale obbligo vale già dal 2018. Successivamente, con la Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, l’Unione europea ha stabilito un quadro comune di misure per una strategia a lungo termine per la ristrutturazione degli edifici residenziali e commerciali, sia pubblici che privati, all'insegna dell'efficienza energetica. Tra le misure considerate per contenere i consumi energetici degli edifici e per sviluppare percorsi di edilizia virtuosi e paradigmi abitativi innovativi anche sotto il profilo ambientale, particolare importanza viene riconosciuta all’elemento vegetale rispetto alla riduzione dei consumi per il riscaldamento e il raffrescamento, come evidenziano la COM(2013) 249 final “Infrastrutture verdi – Rafforzare il capitale naturale in Europa” e la Direttiva (UE) 2018/844 del 30 maggio 2018, che modifica la precedente Direttiva 2010/31/UE. Entrambe, infatti, favoriscono lo sviluppo di soluzioni NBS (Nature Based Solutions) per sostenere la rigenerazione urbana, la diminuzione delle emissioni di gas serra, la resilienza e il miglioramento dell’efficienza energetica nelle città.

 

Fig. 1. Verde sui tetti (Manchester, GB)

 

Fig. 2. Verde sui balconi (Padova)

 

La "ri-naturalizzazione" urbana attraverso l’applicazione di soluzioni NBS è riconosciuta tra le principali azioni per raggiungere uno sviluppo urbano equo, inclusivo e sostenibile (European Commission, Towards an EU Research and Innovation policy agenda for Nature-Based Solutions & Re-Naturing Cities, 2015). Le NBS, inoltre, si presentano come soluzioni funzionali allo sviluppo di azioni volte a proteggere e ripristinare, ove necessario, gli ecosistemi naturali o modificati delle aree metropolitane, contribuendo al contempo a migliorare il benessere umano, la biodiversità animale e vegetale, la mitigazione e il contrasto al cambiamento climatico.

Il concetto di “renaturing cities” è stato recentemente riconosciuto dall’Unione europea come strategico per guidare lo sviluppo urbano sostenibile e inserito tra gli SDGs (Sustainable Development Goals) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite come trasversale rispetto agli altri 17 obiettivi. A questo proposito, il Piano nazionale integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC), elaborato dal Ministero dello Sviluppo economico, ha posto tra i suoi temi prioritari la decarbonizzazione e l'efficienza enegertica, invitando le amministrazioni locali a impegnarsi per sviluppare appositi piani di sviluppo che pongano le NBS al centro del processo di rigenerazione delle città. L’impiego di sistemi vegetali si colloca poi all’interno degli obiettivi previsti dal Patto dei Sindaci del 2008 (The Covenant of Mayors) e tra quelli del più recente Global Covenant of Mayors for Climate and Energy del 2017.

 

Fig. 3. Verde sulle facciate (Roma)

 

Particolare attenzione è rivolta al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici attraverso la realizzazione di coltri vegetali disposte in modo orizzontale o verticale sugli edifici. Si tratta di una prospettiva per la progettazione di edifici "future proof", cioè "a prova di futuro", in linea con quanto indica il position paper dell’Alliance to Save Energy “Energy Efficiency: A Tool for Climate Change Adaptation. Tuttavia, da un lato, i sistemi vegetali contribuiscono a migliorare la sostenibilità ambientale ed energetica degli edifici, delle città e dei territori, dall’altro rappresentano un elemento vivo e dinamico che si sottrae alle regole di un’analisi prestazionale pensata e normalizzata per involucri di edilizia tradizionali. La crescita e lo sviluppo delle specie vegetali nelle aree urbane risulta, infatti, condizionata dalla stagionalità climatica e dalle caratteristiche termo-fisiche e ambientali delle aree costruite. Pertanto, le NBS richiedono valutazioni che comprendano sia la variabilità delle specie vegetali, sia la definizione dei parametri climatico-ambientali che caratterizzano il sito e le caratteristiche dei materiali costruttivi degli edifici sui quali si colloca il verde. La loro diffusione concorre alla ricostruzione di una dimensione ecologica delle aree metropolitane: la creazione di spazi naturali favorisce la nidificazione degli uccelli e la crescita di fioriture per le api; la realizzazione di orti urbani è utile alle economie famigliari e giardini pensili e tetti verdi contribuiscono a diminuire i deflussi della pioggia e a raccogliere l'acqua piovana per l'irrigazione degli stessi sistemi vegetali. I benefici derivanti dall'adozione di questo tipo di soluzioni si riflettono anche nella mitigazione del clima urbano, nella diminuzione del fenomeno delle "isole di calore" e, grazie all'ombreggiamento nei confronti della radiazione solare, in minori costi per la climatizzazione degli edifici (le facciate dell'edificio si riscaldano di meno). Tenuto conto che le città, dove vive il 50 per cento della popolazione mondiale, sono responsabili del 70 per cento delle emissioni di CO2 e del consumo del 75 per cento delle risorse naturali a livello globale, le NBS giocano un ruolo fondamentale per raggiungere l’obiettivo della “carbon neutrality”, contenuto nel Green deal, che impegna gli Stati membri dell’Unione europea a non emettere più gas serra di quanti ne possano assorbire i carbon sink, ossia i "dispositivi" naturali di sequestro della CO2 (agricoltura, foreste, parchi urbani, pareti verdi, ecc.).


Foto nell'articolo: www.ecowave.it

 

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Agricoltura fondamentale per raggiungere la “neutralità climatica” in Europa

Agricoltura e silvicoltura responsabili del 25 per cento delle emissioni di gas serra a livello globale. Secondo la Commissione europea, il settore primario è fondamentale per raggiungere la “neutralità climatica” entro il 2050 e, come sottolinea la PAC 2021-2027, strategico per centrare l'obiettivo europeo "emissioni zero". 


Tra i principali obiettivi del Green Deal figurano sia il contrasto al riscaldamento globale, con le misure atte a mantenerlo entro gli 1,5 °C entro la fine del secolo, sia il sostegno allo sviluppo di un modello di produzione di beni alimentari più sostenibile. Alla luce di tali obiettivi, il sistema agricolo-alimentare risulta essere strategico per rispettare gli impegni che si è data la Commissione europea rispetto al raggiungimento (il più presto possibile) della “neutralità climatica”, ovvero un’Europa “emissioni zero”, entro il 2050. In altre parole, per riuscire a contenere il riscaldamento globale entro la soglia degli 1,5 °C ed evitare gli effetti deleteri del cambiamento climatico è fondamentale raggiungere l’equilibrio tra emissioni di CO2 e assorbimento di carbonio. L’obiettivo finale consiste nel tagliare le emissioni di gas serra, in particolare quelle di anidride carbonica, metano e protossido di azoto, al 2030 tra il 50 e il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990. In questo contesto, la strategia “Farm to Fork” rappresenta uno strumento importante del Green Deal per la modernizzazione, in termini di sostenibilità energetica e ambientale, del settore agricolo-alimentare. Per raggiungere questo traguardo, la Commissione europea ha sottolineato nella nuova PAC 2021-2027, la necessità di minimizzare l’impiego di energie tradizionali a favore delle rinnovabili e di ridurre l’uso di fitosanitari e fertilizzanti da sintesi chimica. A livello globale, l’agricoltura e la silvicoltura, in particolare la gestione degli allevamenti e l’uso dei fertilizzanti, causano circa il 25 per cento delle emissioni di gas serra (CH4, N2O, CO2).

 

Figura 1. Emissioni di CO2 a carico del settore primario (Fonte: ISPRA)

 

La Commissione europea pone inoltre l’accento sulle potenzialità dell’agricoltura biologica che, oltre a minimizzare l’impiego di energia fossile, riduce l’uso di fertilizzanti e fitosanitari di sintesi, che in Italia superano i 5 kg/m2, a fronte di un consumo medio negli altri paesi europei non superiore ai 3,8 kg/m2. Non va poi trascurato l’inquinamento dovuto alla plastica utilizzata nell’agricoltura protetta. Nel nostro Paese, ad esempio, le serre coprono una superficie di 42 mila ettari, di cui 5 mila adibiti a colture orticole e 37 mila a coltivazioni floricole.

 

Figura 2. Agricoltura protetta in Italia

 

Per quanto riguarda il consumo di materiali plastici, flessibili e rigidi, i dati parlano di 85 mila tonnellate per le colture protette (serre, tunnel, piccoli tunnel) e 27.000 tonnellate per la pacciamatura delle colture agrarie forzate o semi-forzate. Il più delle volte, buona parte di questi enormi quantitativi di plastica non vengono opportunamente raccolti e riciclati, con rilevanti conseguenza in termini di inquinamento in questo tipo di aree agricole. 

 

Figura 3. Tipologie di serre

 

Figura 4. Rifiuti di plastica in agricoltura

 

Stando ai dati dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA), il riscaldamento globale sembra favorire non solo l’insorgere di eventi climatici estremi, ma risulta essere legato anche all’inquinamento atmosferico. Ciò rende l’Italia particolarmente esposta non solo a eventi meteorologici estremi ed improvvisi, ma anche al rischio di un aggravamento dello stato di qualità dell’aria, soprattutto nelle aree urbane. Secondo l’AEA, l’Italia, con 65 miliardi di euro di costi e 25 mila decessi tra il 1980 e il 2017, sarebbe addirittura il Paese europeo più colpito dagli effetti del cambiamento climatico e dell’inquinamento atmosferico.

 

Figura 5. Numero di eventi atmosferici estremi registrati in Italia dal 2008 al dicembre 2019

 

L’attenzione che in questo momento viene riposta sul Green Deal europeo non nasce solo sulla base di semplici considerazioni di carattere ambientale, ma anche da una più forte e diffusa consapevolezza che l’attuale sistema energetico non è più compatibile né con le esigenze dell’impresa né con quelle della collettività, considerato l’elevato prezzo da pagare in termini ambientali, climatici, sociali ed economici. In questo contesto, un significativo contributo proviene dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, dall’Accordo di Parigi per il clima e dallo Special Report dell’Ipcc (Intergovernamental Panel on Climate Change), pubblicato a ottobre 2018, a distanza di poche settimane dalla COP24, che si è tenuta a dicembre dello stesso anno a Katowice, in Polonia.


Foto 3 e 4: Carlo Alberto Campiotti

 

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Sistemi serra con atmosfera controllata utili per la coltivazione in edifici e aree industriali abbandonate

La forte riduzione dei costi per le tecnologie di climatizzazione ha aperto le porte allo sviluppo commerciale di sistemi serra con atmosfera controllata. Si tratta di una soluzione adatta alla coltivazione di piante in “ambienti protetti”, ottimizzati con sistemi luminosi di tipo LED e alla coltivazione idroponica “senza suolo” a ciclo chiuso.  


I sistemi serra con atmosfera controllata rappresentano una delle più importanti innovazioni nel settore delle coltivazioni vegetali in ambiente protetto. Si tratta di una tecnologia in grado di creare artificialmente un microclima adatto alle diverse fasi di crescita e sviluppo delle piante alimentari. Inoltre, essa consente la massimizzazione della produttività, della qualità e della sicurezza alimentare dei prodotti vegetali. Questi particolari sistemi di produzione vegetale trovano la loro origine nell’industria delle “camere di crescita” della General Mills, Inc. of Minneapolis (Minnesota-USA, 1974) che nel 1978 realizzò un prototipo pre-commerciale dotato di sistemi automatizzati per l’operatività e la coltivazione di piante con tecnologie colturali fuori suolo (Soil-less cultivation) denominate Hydroponics-CEA (Closed environment-agriculture). In seguito, simili esperienze sono state sviluppate dalla Kyushu Electric Power CO. Inc. in Giappone con la realizzazione, nel 1994, di un prototipo completamente controllato e automatizzato per colture alimentari da foglia (Figura 1).

 

Figura 1. Closed environment-agriculture (CEA), Kyushu Electric Power CO. Inc.

 

Nell’ultimo decennio è cresciuta da parte di Agenzie governative e Istituti di ricerca l’attenzione allo sviluppo di sistemi vegetali alimentari chiusi e controllati per le basi scientifiche localizzate in ambienti caratterizzati da condizioni climatiche estreme (regioni polari, aree desertiche, tropici o con elevata altitudine) e, più di recente, per la ricerca finalizzata allo studio dello spazio e dei pianeti (Figure 2 e 3).

 

Figura 2. Prototipi di sistemi serra in atmosfera controllata (Arizona University).

 

Per quanto riguarda gli ambienti estremi come l’Antartide, l’Artico e i deserti, i sistemi serra con atmosfera controllata consentono la produzione di cibo vegetale e lo svolgimento di attività di aggregazione e relax per il personale che trascorre lunghi periodi in ambienti caratterizzati da condizioni geo-climatiche particolarmente estreme (Figure 4 e 5).

 

Figura 3. Sistema serra chiuso e controllato per l’Antartide (Progetto ENEA).

 

Recentemente, la forte riduzione dei costi per le tecnologie di climatizzazione richiesti dai sistemi serra con atmosfera controllata, i.e.: energia rinnovabile, sistemi luminosi di tipo LED (Light Emitting Diodes), coltivazione idroponica “senza suolo” a ciclo chiuso, impianti di raffrescamento, riscaldamento e riciclo di acqua e soluzioni nutritive, controllo di patogeni e sostanze contaminanti, ha aperto le porte alla possibilità di utilizzare edifici abbandonati appartenenti ad aree industriali dismesse e/o civili per attività economiche. In generale, la coltivazione di piante in “ambienti chiusi” richiede l’impiego di piante con caratteristiche funzionali per ottenere un’elevata produttività per unità di volume e per unità di tempo e un basso consumo di energia (Tabella 1).

 

Alta produttività (per unità di spazio e di tempo (gm-3 day-1).

Fenotipo compatto e determinato (short or compact growth) per favorire l’automazione delle fasi di crescita, sviluppo e raccolta.

Periodo di maturazione breve e contemporaneo.

Fenotipo e ciclo colturale adatto per essere automatizzato.

Traspirazione elevata per consentire la raccolta e il riciclo di acqua.

Tabella 1. Caratteristiche bio-agronomiche per le coltivazioni vegetali realizzate con sistemi serra con atmosfera controllata.

 

In tale ambito di ricerca si inserisce la proposta dell’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) sulle vertical farms. La proposta, già presentata nel 2015 all’Expo di Milano, si è concretizzata ora con il progetto “Ri-genera”, promosso dall’ENEA Veneto con numerosi partner, tra i quali Idromeccanica Lucchini S.P.A., Coldiretti Padova, Parco Scientifico e Tecnologico Galileo, dedicato allo sviluppo di attività di produzione idroponica intensiva da realizzarsi su edifici abbandonati in aree industriali dismesse. A questo proposito, si riportano i dati tecnici elaborati dal gruppo di ricerca ENEA per lo sviluppo di un edificio-prototipo denominato “Solar Farm”, con un volume complessivo di 25.000 m3 (Tabella 2).

 

COLTURA

Lattuga

Pomodoro

Patata

Densità piante (n. piante.m-3)

70

4

12

Lunghezza ciclo (giorni)

28

115

115

Produzione per pianta (kg)

0,150

6,0

1,5

Produzione per m3 (kg)

98,4

54,0

50,6

N. cicli/anno

10

3

3

Produzione totale per ciclo (kg)

787.500

360.000

1.350.000

Produzione annuale (kg) 

7.875.000

1.080.000

4.050.000

Produzione su 350 giorni (gr. m-3. giorno-1

22.500.000

3.085.714

11.571.428

Consumo acqua (kg/m3)

40

40

40

Consumo CO2 (kg/kg di prodotto)

7,44

 

Luce (W/m3 PAR)

90

45

90

Tabella 2. Valutazioni bio-agronomiche per sistemi serra con atmosfera controllata (fonte: Campiotti C.A. et al. 2009.)

 

L’impiego dei sistemi serra con atmosfera controllata consente la coltivazione di piante in qualsiasi ambiente con vantaggi significativi in termini di risparmio di energia, consumo di acqua e suolo. Questo tipo di sistemi favorisce inoltre lo sviluppo di progetti di agricoltura urbana a km 0 e di rigenerazione delle città, data la riduzione delle emissioni di gas serra causate dai trasporti dell’industria agroalimentare. In ultima analisi, occorre sottolineare che la sostenibilità energetica e ambientale di questa innovativa tecnologia colturale trova la sua completa espressione se associata a una dimensione di economia circolare di tutto il processo produttivo e all’impiego di energia rinnovabile.


Per approfondire:

  • SkyLand: Modello “Expo”2015. ENEA, Aprile 2009.
  • Campiotti C.A. et al. Solar Farm, Plant Food Agriculture for the Third Millennium, Masdar City,2009.
  • Campiotti, C.A. et al. 2008. Photovoltaic as sustainable energy for greenhouse and closed plant production system. Acta Hort. 797:373-378.
  • Campiotti C.A. et al. 2011.Technology for Plant Food Support in Antarctica. Acta Horticulturae, 893:453-460.
  • https://arizona.pure.elsevier.com/en/publications/mars-lunar-greenhouse-m-lgh-prototype-for-bioregenerative-life-su.
  • https://www.sciencedirect.com/book/9780128017753/plant-factory

 

Foto d’intestazione: Prototipo di sistema serra con atmosfera controllata illuminato con LED