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Coltivazioni indoor e vertical farms: soluzione per un’agricoltura meno energivora e più sostenibile

Agricoltura indoor e vertical farm rappresentano una soluzione efficace per rispondere alle esigenze alimentari di una popolazione in forte crescita a livello globale e per aumentare la resilienza e la capacità di adattamento delle città ai cambiamenti climatici e agli shock ambientali e sanitari


Una vertiginosa crescita demografica

Entro il 2050 la popolazione urbana potrebbe aumentare di 2,5 miliardi di unità, raggiungendo i due terzi della popolazione complessiva a livello globale (Figura 1). Già oggi, il 55 per cento della popolazione mondiale vive e lavora in città e consuma circa l’80 per cento di tutto il cibo prodotto a livello globale (UN, 2014).

 

Figura 1. Stima dell’aumento della popolazione mondiale al 2050 (modificato da UN, 2014)

 

Lo scenario prospettato comporta necessariamente un significativo aumento della produzione agricola per far fronte alle esigenza alimentari di una popolazione sempre più vasta, ma tutto ciò ha delle ricadute in termini di sostenibilità energetica e ambientale. A questo proposito, negli ultimi dieci anni è fortemente cresciuta l’attenzione verso nuove forme di agricoltura, verticale, urbana e periurbana, incentrate soprattutto sull’accorciamento delle catene di approvvigionamento alimentare mediante la realizzazione di fattorie urbane o di vertical farms in edifici urbani abbandonate (ex fabbriche e capannoni industriali dismessi). In particolare, nelle vertical farms le piante alimentari, soprattutto le specie vegetali da foglia, da piccoli frutti, aromatiche e medicinali, vengono coltivate in ambiente chiuso (indoor), integrato con illuminazione LED, secondo tecnologie idroponiche e in accordo con i criteri di efficienza energetica e impiego di sola energia rinnovabile (Kozai et al., 2020).

 

La lezione della pandemia

La pandemia da Covid-19 ha messo in luce la necessità di realizzare sistemi produttivi extra-stagionali in grado di garantire la sicurezza degli alimenti e di rispondere a shock improvvisi capaci di compromettere il regolare approvvigionamento alimentare. Secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), "la pandemia da COVID-19 ha sconvolto i sistemi alimentari urbani in tutto il mondo, ponendo una serie di sfide alle città e ai governi locali, i quali saranno obbligati ad affrontare i rapidi cambiamenti nella disponibilità, accessibilità e convenienza alimentare" (FAO, 2020). Di qui la necessità di soluzioni in grado di rendere i sistemi agricoli più sostenibili sul piano dei consumi energetici e rispetto alla catena del valore alimentare, e meno vulnerabili in termini di logistica, qualità, sicurezza, salute e occupazione del personale. Secondo la strategia della Commissione europea denominata “Farm to Fork” (F2F), i futuri sistemi alimentari dovranno:

  • avere un impatto ambientale neutro o positivo e aumentare la biodiversità;
  • contribuire a mitigare il cambiamento climatico e adattarsi ai suoi impatti;
  • garantire la sicurezza alimentare, la nutrizione e la salute pubblica, assicurandosi che tutti abbiano accesso a cibo sufficiente, sicuro, nutriente e sostenibile;
  • preservare per tutti l'accessibilità economica al cibo;
  • generare rendimenti economici più equi sia per gli agricoltori che per i produttori;
  • promuovere la competitività del settore e il commercio equo;
  • sostenere l’agricoltura biologica e la riduzione di pesticidi;
  • eliminare gli sprechi alimentari e aumentare le diete a base di cibi vegetali.

Le Istituzioni, gli stakeholders, le amministrazioni cittadine, i produttori e i consumatori dovranno programmare la realizzazione di infrastrutture, edifici e logistica urbana che siano in grado di interagire funzionalmente con i nuovi sistemi virtuosi di produzione alimentare.

 

Agricoltura indoor e vertical farms per città più resilienti e sostenibili

La pianificazione di sistemi alimentari innovativi e sostenibili fondati prevalentemente su un modello di agricoltura urbana verticale genera nuove opportunità per la sicurezza alimentare, la resilienza, la mitigazione e l'adattamento al cambiamento climatico e a eventuali shock ambientali e sanitari. Tali strutture riciclano acqua, residui e non richiedono pesticidi per la produzione di colture orticole, riducendo i costi di produzione e aumentando i raccolti. Se adeguatamente progettati e gestiti, questi sistemi possono contribuire in modo significativo alla produzione annuale di ortaggi freschi nelle aree urbane. L’agricoltura urbana, se caratterizzata da elevata sicurezza e sostenibilità, meccanizzazione e automazione, risulta un modello economicamente competitivo non solo per le aziende che operano nel settore agricolo ma per gli stessi consumatori. Le vertical farms, se realizzate in aree aperte, come tetti, terrazzi, facciate libere, serre bioclimatiche, risultano vantaggiose dal punto di vista energetico, ambientale e microclimatico, in quanto riducono i costi per l’energia necessaria al processo produttivo, ai trasporti e al confezionamento dei prodotti. Inoltre, attraverso la fotosintesi e la traspirazione, le piante coltivate contribuiscono a ridurre la temperatura urbana, a catturare le polveri sottili (particolato) e a sequestrare la CO2 presente in atmosfera. Lo sviluppo di sistemi alimentari urbani più sostenibili e meno energivori, con bassa intensità di carbonio e consumo di risorse, rappresentano quindi una soluzione efficace per aumentare la resilienza delle città e la loro capacità di adattamento ai cambiamenti climatici.


Per approfondire:

  • L’impatto di COVID-19 sulle condizioni di vita e la salute delle persone e sui nostri sistemi alimentari. Dichiarazione congiunta di OIL, FAO, IFAD e OMS. Newsroom@fao.org.13 ottobre 2020.
  • United Nations, Department of Economic and Social Affairs. Population Division (2014). WorldUrbanization Prospects: The 2014 Revision, Highlights (ST/ESA/SER.A/352).
  • Toyoki Kozai, Genhua Niu and Michiko Takagak. Plant Factory: An Indoor Vertical Farming System for Efficient Quality Food Production, Second Edition. 2020. Copy-right © 2020 Elsevier Inc.

 

Foto d’intestazione: Carlo Alberto Campiotti

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“Manteniamo il suolo vivo, proteggiamo la biodiversità del suolo” è il tema della Giornata mondiale del suolo

Per arrestare il consumo di suolo la Commissione europea ha indicato l’obiettivo "zero consumo netto di suolo entro il 2050” come prioritario nel quadro della lotta al cambiamento climatico


Secondo l’EEA (Agenzia europea dell’ambiente) nel periodo 2000-2018 lo sprawl urbano nell’Unione europea, ovvero la dispersione delle aree urbane verso aree non sviluppate, come campagne e terreni agricoli, ha convertito lo 0,5 per cento dei pascoli e dei terreni coltivati ​​e lo 0,3 per cento delle praterie in superfici artificiali. Si stima che ogni anno, nella sola Unione europea, siano convertiti in superfici artificiali oltre 500 km2 di terreni naturali o adibiti ad agricoltura. Attualmente, l’80per cento della superficie europea è occupata da città e infrastrutture, che hanno effetti potenzialmente negativi sull’impermeabilizzazione dei suoli e sulla perdita di funzioni ecologiche essenziali per la biodiversità e gli ecosistemi (Figura 1). Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, l’Unione europea si è impegnata a raggiungere l’obiettivo intermedio che prevede una riduzione netta di almeno il 55 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2030. Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, la Commissione europea ha proposto di rivedere il Regolamento sull'inclusione delle emissioni di gas a effetto serra e degli assorbimenti dall'uso del suolo, cambio d'uso e silvicoltura (LULUCF).  In particolare, gli Stati membri dell’Ue dovranno garantire che le emissioni di gas serra contabilizzate dall’uso del suolo, dal cambiamento di destinazione del suolo o dalla silvicoltura, siano bilanciate da una rimozione equivalente di CO2 dall'atmosfera dal 2021 al 2030,in base alla “regola zero debiti”.

 

Figura 1. Il suolo in Europa (Fonte: EEA Segnali 2019).

 

Questo significa che se uno Stato membro abbatte una foresta deve compensare le emissioni risultanti creando una nuova foresta, oppure gestire le terre coltivate e i pascoli già esistenti in modo più sostenibile, al fine di ridurre le emissioni di CO2. Il tutto a sostegno dello sviluppo, da parte degli agricoltori, di pratiche agricole maggiormente rispettose del clima, e dei silvicoltori attraverso una maggiore visibilità dei benefici climatici dei prodotti in legno, che sono in grado di immagazzinare il carbonio sequestrato dall'atmosfera e di sostituire i materiali ad alta intensità di emissioni. A questo proposito, l’Accordo di Parigi, che prevede di contenere l’aumento della temperatura globale entro i 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, pone particolare attenzione all’uso del suolo per raggiungere gli obiettivi di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. In seguito alla firma dell’Accordo, cui hanno aderito 193 paesi del mondo, l’obiettivo “consumo netto di suolo pari a zero entro il 2050” è entrato a far parte degli obiettivi prioritari delle maggiori agenzie europee e internazionali. Tra queste: l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite con l’Obiettivo 15.3 per "combattere la desertificazione, ripristinare la terra e il suolo degradati, compresi i terreni colpiti da desertificazione, siccità e inondazioni, e sforzarsi di raggiungere un mondo neutrale rispetto al degrado del suolo entro il 2030”; la strategia europea al 2030 a protezione della biodiversità che punta ad affrontare il tema della desertificazione in Ue entro il 2050; l’obiettivo "zero consumo netto di suolo entro il 2050” della Commissione europea contro il degrado del suolo; la Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione, entrata in vigore nel 1996; le attività dell'UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente) e della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) dedicate alla protezione del suolo. Dopo gli oceani, il suolo è il secondo serbatoio di assorbimento naturale del carbonio, superando le foreste e altre forme di vegetazione per quanto concerne la capacità di catturare l’anidride carbonica dall’atmosfera. La conservazione del suolo e del suo contenuto di carbonio organico rappresenta pertanto una sfida nel quadro della lotta al cambiamento climatico. Si calcola che ogni anno circa il 30 per cento della CO2 viene assorbito dalle piante mediante la fotosintesi; se una parte del carbonio di queste piante fosse stoccato nello strato superficiale di suolo, la crescita annua della CO2 in atmosfera potrebbe subite una significativa diminuzione. Sotto il profilo del contenuto di sostanza organica nei suoli europei, inoltre, neanche il nostro Paese si trova in una posizione rassicurante, dato che circa l’80 per cento del suolo nazionale ha un tenore di sostanza organica inferiore al 2 per cento. Perciò, è indispensabile che nell’agricoltura vengano adottate tecniche di coltivazione in grado di aumentare il contenuto organico dei suolo, tenuto conto che una bassa dotazione di sostanza organica, oltre a diminuirne la fertilità fisica, chimica e biologica, riduce anche la capacità di svolgere le sue numerose funzioni di contrasto al riscaldamento globale.

 

Figura 2. Carbonio organico nel suolo italiano (Fonte: ISPRA).

 

Per mitigare gli effetti del cambiamento climatico, occorre puntare sulla protezione territorio e promuovere il concetto del suolo come “bene comune”. Per fare ciò appare indispensabile sostenere lo sviluppo di una governance nazionale ed europea che sia in grado di coordinare il monitoraggio, gli incentivi e le misure atte a limitare il consumo di suolo e aumentare le funzioni dell’agricolturaper proteggere il territorio e contrastare i cambiamenti climatici.

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Tetti e pareti verdi soluzione naturale per la sostenibilità urbana

I sistemi vegetali sugli edifici contribuiscono a ridurre le emissioni di CO2 e i consumi energetici per la climatizzazione. Secondo l’Ue rappresentano una soluzione naturale per migliorare la sostenibilità urbana


Green roofs and walls

Secondo la classificazione generale si definisce “tetto verde” (green roof) una vegetazione collocata in orizzontale e “parete verde” (green wall) una vegetazione collocata sulle pareti esterne di un edificio. La costruzione di tetti verdi richiede sistemi di impermeabilizzazione, barriere radicali, strati di drenaggio e di tessuto filtrante che costituiscono il substrato di coltivazione. Per i sistemi estensivi, adatti a piante erbacee, sono sufficienti substrati di coltivazione non superiori a 15 cm di spessore, mentre per i sistemi intensivi, che consentono di coltivare piccoli alberi e arbusti, si richiedono substrati di coltivazione con uno spessore superiore e una maggiore manutenzione rispetto ai sistemi estensivi. La coltivazione di piante in verticale si attua con telai, grate e reti costituite di materiale flessibile (tessuti inorganici e funi) o rigidi (alluminio, ferro zincato, legno), distanziati o attaccati direttamente alle pareti dell’edificio. Spesso questa tipologia di verde pensile viene realizzata con piante collocate direttamente sul terreno, sebbene l’uso di vasi sia da raccomandare per motivi di igiene vegetale e di sostenibilità ambientale. Per l’irrigazione e la fertilizzazione le coperture vegetali orizzontali (tetti verdi) richiedono piccoli impianti idrici ad aspersione, mentre per le coperture verticali, allevate in vaso, sono impiegati soprattutto sistemi idrici “a goccia”. Un’ulteriore tipologia di verde urbano è rappresentata da piante all'interno di ambienti abitabili (biowall), mantenute per fini estetici oppure per avere essenze “fresche” da cucina e per migliorare la qualità dell'aria, grazie alla capacità delle piante di rimuovere sostanze inquinanti. Vanno inoltre segnalate le potenzialità del verde pensile per la realizzazione di “orti sospesi” per la coltivazione di piante edibili, che, con la tecnica delle Vertical farms si configurano come un’ottima soluzione per migliorare la sostenibilità dei sistemi alimentari urbani per quanto riguarda il risparmio di energia e lo sviluppo di filiere corte e a km zero.

 

I benefici del verde urbano

Raffrescamento naturale. Il fenomeno dell’evapotraspirazione consente alle piante di prendere acqua dal suolo attraverso le radici e di rilasciarla attraverso le foglie per abbassare la loro temperatura. Attraverso questo processo, le piante si “raffrescano” e indirettamente consumano il “calore latente” presente nell’aria per fare evaporare in uscita dagli “stomi fogliari”, riducendo così la temperatura ambientale. Un ulteriore contributo al raffrescamento dell’aria è ottenuto con l’effetto di schermatura vegetale della radiazione solare incidente sugli edifici che produce un riscaldamento minore dei muri esterni e conseguentemente un trasferimento di una quantità minore di calore verso gli ambienti interni. Inoltre, quando le coltri vegetali verticali vengono realizzate su supporti distanziati si viene a creare una intercapedine tra la vegetazione e l’edificio che consente all'aria calda di salire per convezione verso l'alto, con la generazione di un raffrescamento passivo.

 

Isole di calore. La diffusa urbanizzazione e il riscaldamento delle superfici edili è tra le cause del fenomeno delle “isole di calore urbane” (Urban Heat Islands, UHI): la ri-irradiazione notturna nell’ambiente del calore accumulato durante il giorno rende la temperatura dell’aria urbana più elevata rispetto al territorio circostante le città. Numerose ricerche hanno indicato nella vegetazione un elemento capace di accumulare e rimuovere il particolato dall'aria (sostanze solide e/o liquide sospese in aria con dimensioni da pochi nm a 100 µm) che, secondo studi preliminari, sarebbe tra le cause principali delle malattie respiratoriee delle complicanze della malattia da Covid-19, soprattutto quando il particolato risulta in dosi elevate nell’aria delle città.

 

Attenuazione dei deflussi da piogge improvvise e torrenziali. Le coperture vegetali intercettano e trattengono l'acqua sulle foglie e sul substrato di coltivazione, riducendo così la velocità del deflusso delle acque piovane nel sistema idrico. I tetti verdi, nel caso di pioggia improvvisa e torrenziale, possono contribuire a regolare il flusso dell’acqua piovana; al contrario, nel caso di un tetto privo di vegetazione, l’acqua piovana defluisce immediatamente. Il parametro che descrive tale situazione è definito “coefficiente di deflusso ψ” ed è comunemente utilizzato per calcolare la quantità massima di acqua che fluisce da una copertura: si hanno valori elevati (~1) nelle superfici impermeabili (asfalti o tetti tradizionali) mentre risultano valori di circa 0,3 per il verde estensivo e 0,5 per il verde intensivo, che corrispondono alla capacità dei tetti verdi di trattenere percentuali dal 30% al 50% dell’acqua piovana.

 

Riduzione della CO2 nelle città. La vegetazione nelle aree urbane sequestra la CO2 atmosferica in modo diretto con la fotosintesi. Mediamente, le coltri vegetali sequestrano circa 6 chili di anidride carbonica per metro quadrato e per anno negli steli e nelle radici delle piante e nei substratidi coltivazione, contribuendo a contrastare la formazione delle “isole di calore urbane”. Infatti, la vegetazione sugli edifici con l’ombreggiamento e l’evapotraspirazione contribuisce a rimuovere il calore dall'aria.

 

Tetti e pareti verdi soluzione naturale contro il riscaldamento delle città

L’inserimento di coltri vegetali sulle parti strutturali degli edifici rappresentano un vantaggio per le città: riducono l’energia elettrica per la climatizzazione, sequestrano la CO2, mitigano i picchi di temperatura dell’aria ed eliminano le polveri presenti nell’aria grazie alla funzione di filtro esercitata dalle piante. Tali benefici sono associati soprattutto ai fenomeni della fotosintesi e della evapotraspirazione, presenti negli organismi vegetali. Inoltre, la vegetazione aumenta la ventilazione e l’isolamento termico grazie all’effetto schermante delle piante, ossia alla capacità delle vegetazione di riflettere oltre il 20% della radiazione solare incidente e di presentare una bassa “emissività” (emettono meno radiazione termica). Infine, il verde riduce il surriscaldamento dell’aria e delle superfici degli edifici nonché i consumi elettricie, di conseguenza, l’emissione di CO2 per l’aria condizionata nei periodi estivi. Per il 2030 le strategie dell’Unione europea per l’efficienza energetica e la riduzione della CO2 hanno identificato nella valorizzazione dei tetti e delle pareti verdi sugli edifici una soluzione naturale per contrastare il riscaldamento globale delle città.


Per approfondire:

  • Campiotti C.A., Consorti L., Giagnacovo G., Latini A., Puglisi G., Scoccianti M., Viola C.: Caratterizzazione di tipologie di sistemi vegetali per migliorare l'efficienza energetica degli edifici nella città metropolitana. RdS/PAR2015/141. Rapporto ENEA.
  • Campiotti C.A., Giagnacovo G., Latini A., Margiotta F., Nencini L., Pazzola L., Puglisi G.: Le coperture vegetali per la sostenibilità energetica ed ambientale degli edifici. RdS/PAR2016/074. Rapporto ENEA.
  • Campiotti C.A., Giagnacovo G., Nencini L., Scoccianti M., Consorti L., Bibbiani C.: Le coltri vegetali nel settore residenziale. Energia Ambiente e Innovazione, 2/2018.

 

Foto d’intestazione: Carlo Alberto Campiotti