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Un nuovo polo sanitario nelle vicinanze del policlinico della città del Santo. L’Università di Padova istituisce il primo insegnamento in Italia dedicato alle cure palliative per i minori

Nascerà a Padova il nuovo hospice pediatrico. tremila metri dedicati a bambini e loro famiglie. Parte il fundraising per finanziare l’opera. 


Dodici stanze, attrezzate con le più moderne tecnologie, per ospitare altrettanti bambini. Spazi dedicati al personale sanitario dove aggiornarsi e stabilire la migliore strategia per le terapie. Appartamenti per ospitare i familiari dei giovani pazienti, in modo da rendere loro più confortevole possibile la permanenza in città. Ed è proprio a Padova, la città italiana dove è nato il primo hospice pediatrico nel 2008, che si realizzerà il progetto "Nuovo Hospice Pediatrico – Centro di Riferimento regionale per le Cure Palliative e terapia del dolore pediatriche della Regione Veneto".
Nascerà così un nuovo polo sanitario dedicato alle cure palliative per bambini. Grazie all’impegno di Regione del Veneto, che metterà a disposizione gli immobili, e Azienda Ospedale – Università di Padova, l’attuale sede dell’hospice, in via Ospedale Civile, verrà sostituita da una struttura più ampia e diffusa. Le nuove 12 stanze, al posto delle attuali 4, saranno ospitate in una struttura in via Falloppio, nel cuore della città e a pochi passi dal policlinico universitario. Un altro immobile adiacente al primo, con entrata da via Sant’Eufemia, sarà punto di riferimento per il personale sanitario. Ma il progetto non si ferma qua: in via San Massimo saranno ristrutturati degli appartamenti a disposizione per le famiglie dei giovani pazienti. Ma per far diventare realtà il progetto del nuovo hospice pediatrico c’è bisogno di risorse economiche. Ed è su questo frangente che, in particolare, si sta muovendo l’associazione  "La miglior vita possibile". Realtà nata nel 2018, a Padova, per promuovere lo studio e la diffusione della cultura si pone come propria finalità quella di migliorare la condizione di salute e di vita della popolazione pediatrica che ricorre alle cure palliative.
"La miglior vita possibile" lancia quindi una raccolta fondi rivolta a tutti: istituzioni, enti pubblici e privati, mondo dell’associazionismo e cittadini, per raccogliere un’ingente somma da destinare alla realizzazione del progetto.

I numeri delle curie palliative pediatriche in Italia

Padova rimane uno dei cuori pulsanti italiani per le cure palliative pediatriche, mostrando grande attenzione per una tipologia di assistenza che ha numeri importanti nel nostro Paese. Sono infatti 35mila i bambini eleggibili alle curie palliative pediatriche, dei quali più di un terzo, 12mila, necessitano di terapie specialistiche. Il Veneto ha già una rete capillare molto ben sviluppata: 250 bambini sono presi in carico ogni giorno, con prevalenza all’assistenza domiciliare, a fronte comunque di una stima di 900 minori che necessiterebbero di cure. Numeri che fanno intuire l’importanza di strutture come quella nata a Padova (al momento una delle sette in Italia) alla quale il progetto del nuovo hospice pediatrico vuole dare ora una nuova veste. «C’è bisogno di un cambio culturale – conclude Zaccaria –. Di cure palliative pediatriche, infatti, si fa ancora troppa fatica a parlare. Siamo invece davanti a giovani pazienti che hanno il diritto di avere cure adeguate in strutture altrettanto adeguate, che hanno il diritto di coltivare i loro sogni e le loro speranze, di condurre un’esistenza piena circondati dai loro affetti più cari, di portare avanti, quindi, per tutto ciò che è possibile, le loro storie di vita. Di vita, sottolineo, parliamo quando raccontiamo degli hospice pediatrici. È fondamentale quindi superare l’approccio prettamente pietistico che si ha quando si tratta questo argomento. È importante invece porci in altri termini: quelli del diritto di vivere una vita piena. Un obiettivo che, va da sé, possiamo perseguire solo grazie a un rapporto stretto e collaborativo con le istituzioni, in particolar modo quelle deputate all’attività assistenziale».

Il primo insegnamento sulle cure palliative pediatriche in Italia

C’è un’altra importante novità che arriva dal territorio patavino. L’Università di Padova, infatti, ha istituito il primo insegnamento in Italia dedicato alle cure palliative pediatriche. Sarà attivo dal 2023 e andrà a completare l’offerta formativa dell’ateneo patavino, che già prevede un master dedicato alle cure palliative pediatriche e una scuola di specializzazione, di altrettanto recente istituzione, sul tema prezioso per pazienti e famiglie, delle cure palliative nel life-span.

Tutte le informazioni sul fundraising si possono trovare sul sito
 costruiamo.lamigliorvitapossibile.it.

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Carlo Petrini: facciamo chiarezza sul concetto di sovranità alimentare

Pubblichiamo un articolo di Carlo Petrini comparso il 25 ottobre 2022 su La Stampa e riportato su slowfood.it 


"Nelle ultime ore si fa un gran parlare di sovranità alimentare, da quando i due termini sono stati affiancati nel nuovo dicastero alla parola “agricoltura”. La cosa non mi può far che piacere perché la sovranità alimentare è alla base del lavoro di Slow Food da ormai trent’anni. Per questo vorrei fare un po’ di chiarezza rispetto alla sua genesi e al significato profondo; si tratta di un concetto importante, essenziale per il futuro dell’umanità e che non deve essere confuso né con sovranismo e neppure con autarchia.

Innanzitutto è un’espressione che nasce ed evolve dall’esperienza e analisi critica di gruppi di contadini alla luce degli effetti provocati dai cambiamenti nelle politiche agricole durante l’ultimo ventennio del secolo scorso. Correva l’anno 1986 e il gotha della politica internazionale riunito a Ginevra decise, durante una seduta plenaria dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, di includere la produzione primaria all’interno dell’Accordo Generale sulle Tariffe Doganali e sul Commercio.

Da quel momento in poi anche le scelte in merito alla produzione e al commercio del cibo, l’ambiente, l’accesso alla terra e la cultura legata alla vita nei campi, sarebbero state assoggettate alle regole neoliberiste del mercato internazionale. Come controrisposta, a livello mondiale iniziarono a costituirsi movimenti di base del mondo contadino con l’obiettivo di difendere il vero valore del cibo non come bene da commerciare, ma come diritto umano da garantire e tutelare. Nato in seno alla società civile, questo concetto entra poi a far parte del vocabolario istituzionale internazionale nel 1996 quando alcune organizzazioni internazionali riunite alla Fao a Roma ne conferiscono una definizione esaustiva.

Il principio di autodeterminazione dei popoli

Il principio cardine è l’autodeterminazione dei popoli nella scelta delle proprie politiche agricole affinché siano in sintonia con il tessuto ecologico, economico e sociale e garantiscano l’accesso a un cibo sano, nutriente e culturalmente appropriato. Negli anni il concetto di sovranità alimentare è stato testimoniato da milioni di contadini in tutti i continenti. L’organizzazione Via Campesina ne ha fatto la bandiera della sua lotta. La nostra stessa rete di Terra Madre, che si è riunita a Torino appena un mese fa, ne è espressione vivente: in difesa della biodiversità e della dignità dei popoli. Lo stato dell’Ecuador la sancisce all’interno della costituzione (Art. 281) come un’obbligazione dello Stato, e le Nazioni Unite la identificano come una precondizione necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo strategico “Fame zero” dell’Agenda 2030.

Che cosa vuol dire sostenere la sovranità alimentare?

Sostenere la sovranità alimentare significa schierarsi contro pratiche inique e dannose portate avanti dall’agroindustria (monocoltura, uso pesante della chimica di sintesi, cibi ultraprocessati), così come anche da una buona parte della grande distribuzione organizzata; ponendo invece al centro il diritto al cibo sano e nutriente per tutti, insieme ai diritti umani fondamentali, e la salute del pianeta. Vuol dire riconoscere il ruolo chiave dei piccoli produttori di ogni tipo, contadini e agricoltori a conduzione familiare, con donne (principali custodi della sovranità alimentare delle famiglie nel mondo) e giovani (da cui dipenderà l’alimentazione del futuro), in primo piano. È anche rivendicare l’importanza di pratiche agroecologiche, con una maggiore facilità di accesso a terra, acqua e semi; contro la monocoltura e le pratiche di tipo estrattivista. Così come affermare l’importanza di rafforzare i sistemi alimentari radicati nel territorio rispetto alle catene di approvvigionamento globali che si sono dimostrate in tutta la loro vulnerabilità, prima con il Covid-19 e poi con il conflitto in Ucraina.

Se applicata correttamente la sovranità alimentare crea una tensione positiva tra dimensione locale e globale e permette ai popoli di essere davvero liberi nella scelta di cosa produrre e consumare, mettendo al centro il benessere delle persone e del pianeta.

Aggiungo: è così importante e trasversale che non dovrebbe essere privilegio del ministero delle politiche agricole.

Dovrebbe fare parte, ad esempio del ministero dell’ambiente che gestisce le risorse naturali difendendo biodiversità e ecosistemi. Del ministero per le politiche sociali perché oggi la fame non è sinonimo di indisponibilità di cibo, ma mancanza di risorse per accedervi. Così come da quello della salute perché la cattiva alimentazione è causa crescente di gravi malattie quali diabete, problemi cardio-vascolari, obesità e tumori.

La sovranità alimentare quindi non vuole essere né un concetto nostalgico e passatista (il caffé di cicoria non tornerà a essere l’unico disponibile), e nemmeno una chiusura rispetto al mondo esterno (continueremo a mangiare banane e ananas). In questa fase è fondamentale capire i veri significati delle parole, altrimenti sarà ben difficile prendere in castagna coloro che scientemente potranno farne un uso diverso".

 Carlo Petrini
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Fonte: slowfood.it

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Dall’economia del Cowboy all’economia dell’Astronauta

 


L’11 ottobre scorso presso la sede dell’Ordine degli ingegneri di Padova, si è svolto il convegno Pillole di SMARTCitySostenibilità, innovazione, tecnologia, organizzato dallo stesso Ordine.
Ci permettiamo di dare al nostro breve report il titolo mutuato da un’affermazione del primo dei relatori, l’ingegnere Elena Mazzola che sa coinvolgere subito l’uditorio in presenza e in streaming, composto da studenti di ingegneria e da amministratori locali, con queste due immagini: i cow-boy potevano allargare lo sguardo a perdita d’occhio sulle mandrie loro affidate, la ricchezza naturale era disponibile fino all’orizzonte senza limite. Noi attualmente dobbiamo pensare come un astronauta, ottimizzare risorse e spazi, imparare a riutilizzare e riciclare senza spreco, migliorare e aumentare l’efficienza di macchine e tecnologie.
In parole ancora più semplici: cambiare il nostro stile di vita. A volte, di fronte alla proposta di mettere il cappotto al proprio edificio, il proprietario obietta che mancherà la circolazione d’aria e che si svilupperanno muffe sui muri interni. Sì, può accadere ma solo se non facciamo rientrare nelle nostre abitudini quotidiane quella di arieggiare correttamente i locali.

La relatrice elenca le pratiche più collaudate per l’efficientamento energetico e il risultato atteso nelle nostre abitazioni:

  1. Isolamento muri e finestre: diminuzione della dispersione
  2. Lampadine a led: risparmio fino all’80%
  3. Valvole termostatiche: differenziare il calore nelle diverse stanze
  4. Fotovoltaico: sfruttamento di fonte rinnovabile, la nostra penisola avvantaggiata dal clima è l’ultima nella Comunità europea

Molto interessanti sono i dati a livello di politica e strategie locali assunte dalle Amministrazioni. Un esempio viene dal Patto dei Sindaci con la stesura dei Piani d'Azione per l'Energia Sostenibile e il Clima (PAESC). In provincia di Padova ha aderito il 90% dei Comuni, l’80% ha inserito e avviato alcune attività, un solo comune ha avviato il monitoraggio, quindi non si conoscono i risultati ottenuti. Su questo la relatrice si sofferma in modo particolare: un cambiamento di punto di vista è necessario, non possiamo investire senza sapere se e quale beneficio portino gli interventi, e ciò vale per il pubblico e per il singolo cittadino.
Il perseguimento della Green Economy deve essere accompagnato dalla Green Society, ciascun componete della comunità diventa soggetto di cambiamento iniziando dal contenere i consumi, adottare stili di vita più sobri cambiando il concetto stesso di benessere.
Qualsiasi tecnologia, singola o meglio in mix non è sufficiente a contenere i consumi e aumentare l’efficienza! Se non spengo la luce perché tanto ho la lampadina e led si capisce che non ottengo il risultato!
La creazione di Comunità Energetiche locali necessita di partecipazione sociale con la responsabilizzazione di ciascun soggetto nel passaggio da consumer a prosumer: dobbiamo essere produttori e non solo consumatori. Valuto, Consumo, Misuro sono le parole chiave.
Il secondo relatore, l'architetto Massimo Cavazzana, Sindaco di un piccolo Comune in provincia di Padova entra direttamente nel tema delle CER (Comunità Energetiche Rinnovabili) gruppi di auto consumatori di energia rinnovabile, che agiscono collettivamente. Illustra gli step necessari quali la pianificazione, programmazione, progettazione, realizzazione e gestione che è senza dubbio la fase più complessa.
 

L’architetto Cavazzana è un fautore della fonte energetica Idrogeno, gas presente in abbondanza in tutto l’universo e nel nostro pianeta dove lo troviamo in diverse molecole a partire dall’acqua. La produzione di energia da mix di fonti rinnovabili è anche alla base del processo di produzione dell’Idrogeno. Il processo di elettrolisi alimentato da energia rinnovabile, è interamente a impatto zero, senza emissioni inquinanti e senza consumo di preziose risorse naturali. La comunità scientifica e tecnologica è impegnata da tempo per rendere l’idrogeno verde più facile da produrre e più economico e, grazie agli enormi progressi fatti negli ultimi anni, il traguardo sembra ormai a portata di mano. Il relatore si dichiara convinto che nel futuro sarà la principale fonte energetica pulita con il tanto auspicato abbandono dell’uso delle fonti fossili. Mette in evidenza che per la transizione ecologica è essenziale raggiungere benefici in tre ambiti: economici, ambientali e sociali. Come amministratore locale ha già avviato alcuni progetti finanziati dal PNRR e ha in previsione di individuare, attraverso un apposito bando, le famiglie in difficoltà economiche per poterle coinvolgere in una CER.
Il Dott. Giovanni Scarazzati, terzo relatore, rappresenta ELOenergy, acronimo molto significativo che sta per Energia Locale Ovunque dove si occupa di ESG Consulenza energetica, ribadisce l’importanza di coinvolgere il cittadino nella costituzione di CER, per le quali si è in attesa di decreti attuativi, ma si può procedere anche subito. Fa alcune osservazioni molto pertinenti sulla superficialità che, a volte, manifesta incompetenza dei mass media che solo raramente forniscono, negli organi di stampa e nei dibattiti, informazioni precise e complete. Una critica non da poco se si tratta di diffondere informazioni scientifiche che mal si prestano a interpretazioni soggettive.
La corretta informazione è un punto di partenza essenziale per rendere consapevole il cittadino-utente-consumatore. Sapere quanti mc di gas consumiamo, quanti KWh di energia servono alla nostra abitazione per i diversi elettrodomestici è solo il primo passo per valutare tecniche di efficientamento energetico sia in strutture monofamiliari che condominiali. La possibilità di diventare consumatori-produttori è un traguardo molto importante nell’attuale contingenza economica e ambientale. Lo svincolarsi dalle fonti energetiche fossili diventa un imperativo categorico a causa dell’insostenibilità ambientale e l’uso delle rinnovabili è l’unica strada possibile. Ma nessuno si salva da solo, per questo è necessario porre in essere pratiche virtuose che si basino sulla condivisione. Le CER e l’Autoconsumo collettivo sono strumenti già collaudati ai quali aggiungiamo le pratiche di energy sharing. La comunità scientifica continua nello sviluppo di nuove tecnologie ma sta a chi governa sia a livello nazionale che locale, adottare normative e decreti attuativi che indirizzino in modo inequivocabile verso la transizione. Spetta a ciascuno di noi adottare le buone prassi esplicitate sopra. Aggiungiamo anche l’altro fattore importante relativo alla diffusione scientifica che deve essere affidata a persone competenti che utilizzino linguaggio chiaro e comprensibile al cittadino comune. Anche questo elemento fa parte di una transizione, quella culturale, per contrastare le fake news sempre fuorvianti.