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AgroBots, i robot agricoli di nuova generazione

A marzo scorso è iniziata la sperimentazione sul campo del progetto europeo EU-PLF (Precision Livestock Farming – Allevamenti di Precisione) sviluppato nell’ambito del 7° programma quadro di ricerca della Commissione Europea. Il progetto coinvolge il dipartimento di Scienze veterinarie per la salute, la produzione animale e la sicurezza alimentare – VESPA dell’Università di Milano. La sperimentazione prevede l’installazione di sensori (telecamere e microfoni) in 16 allevamenti selezionati in diversi paesi Europei, due dei quali in Italia. In particolare in Italia sono interessati un allevamento di suini e uno di polli. I sensori servono per monitorare in continuo gli animali, i dati raccolti vengono quindi trasformati in indicatori chiave sullo stato di salute, produttività e impatto ambientale dell’animale stesso.

Un altro progetto sviluppato nell’ambito del 7° programma quadro è RoboFarm. Questo progetto, portato avanti dal Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Bologna e Image Line, è finanziato in Italia dal MiPAAF e ha lo scopo di creare un robot capace di raccogliere autonomamente i dati in campo e renderli accessibili dal computer dell’azienda. I dati raccolti vengono poi analizzati da un software, appositamente creato per la gestione dell'azienda agricola, che fornisce analisi dettagliate sulle singole colture e sui relativi costi. Questo progetto, iniziato nel 2011 ha concluso la settimana scorsa la raccolta di informazioni dagli utenti e futuri utilizzatori, per completare la messa a punto del software.

BGU Robotics, in collaborazione con il consorzio europeo CROPS, sta sperimentando un robot in grado di pianificare la scelta e il distacco del frutto dalla pianta in maniera completamente autonoma, in grado di raccogliere, ad esempio, grappoli in funzione del grado di maturazione.

Alcuni AgroBots sono già in commercio e si applicano soprattutto al settore viticolo:

  •  Vitirover (BGU Robotics), micro robot capace di falciare l’erba attorno alle viti. Si muove con coordinate GPS e è gestibile dal computer o tramite un’apposita app. Scopo: rimpiazzare i diserbanti.
  •  Wall-Ye (BGU Robotics), robot capace di potare, legare i tralci, degemmare e rimuovere i germogli indesiderati. È dotato di due braccia, quattro ruote, sei telecamere ed un dispositivo GPS. Scopo: rimpiazzare la potatura manuale.
  • Falcon 8 (Asctec) è un drone elicottero capace di effettuare riprese dall’alto anche con l’utilizzo di infrarossi. Quest’ultimi sono particolarmente importanti per vedere la quantità di clorofilla presente nelle viti e quindi evidenziare eventuali situazioni di sofferenza della pianta. Scopo: sostituire il satellite in appezzamenti di piccole dimensioni.

Di prossima commercializzazione ci sono altri AgroBots, come quelli presentati il 27-29 giugno a Praga (Repubblica Ceca), dove si è svolta l’undicesima Fiera del Robot da Campo (Field Robot Event).

Ricercatori e studiosi di tutto il mondo si sono riuniti il 7-11 luglio u.s. a Lleida (Catalogna, Spagna) per la nona conferenza europea sull’agricoltura di precisione rivolta al comparto orticolo e viticolo. Settori interessati: sensoristica, attrezzature per l'applicazione a rateo variabile dei prodotti, sistemi di guida, robotica, sistemi di supporto decisionale e analisi dei dati.
Il 19 luglio presso l'azienda Carpaneta di Gazzo di Bigarello (MN), gestita da ERSAF Lombardia, si è svolta una giornata chiamata “nòva in campo”, organizzata dal Sole 24 Ore con il supporto della Regione Lombardia. In tale occasione, sono stati presentati un drone aeromobile telecomandato utilizzato per creare mappe di vegetazione e un robot capace di avvicinare in piena autonomia il foraggio alla mangiatoia. Il Sole 24 Ore ha creato un sito di riferimento in italiano per quanti vogliano tenersi aggiornati sull’argomento.

Per saperne di più:
Novagricoltura Eventi
EU-PLF (EU-Precision Livestock Farming)
9th European Conference on Precision Agricolture
Agronotizie
Field Robot Event
Agronomi forestali

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Biocarburanti di seconda generazione. Arriva il sostegno della Commissione Europea

La Commissione Ambiente del Parlamento Europeo ha recentemente riconsiderato la posizione dei biofuel provenienti da colture alimentari. Tali biocarburanti, detti di prima generazione, di fatto potranno contribuire fino al 6% sul totale dei carburanti usati al 2020. Dai dati presi in esame dalla Commissione risulta che le coltivazioni di materie prime per biofuel hanno diversi effetti secondari negativi quali: una riduzione di cibo disponibile per l’umanità, un aumento del prezzo delle colture e, facendo un calcolo del ciclo di vita completo, una non evidente diminuzione delle emissioni di CO2.

A tale proposito, infatti, dal 2020 cambierà il modo di calcolare le emissioni di anidride carbonica: verrà incluso nel calcolo di impatto ambientale il “fattore Iluc” (Indirect Land Use Change) – effetti indiretti per cambio d’uso del terreno) ovvero l’impatto ambientale dovuto al cambio di destinazione d’uso della superficie agraria e la necessaria messa a coltura di altra superficie per la produzione alimentare. In questo modo si potrà misurare il contributo verde del biocarburante in maniera più realistica e lo si potrà meglio paragonare ai combustibili fossili tradizionali. In alcuni casi, infatti, il beneficio dei biocarburanti non è così elevato.
La Commissione Europea apre quindi verso i biocarburanti di seconda generazione, ovvero ricavati dagli scarti.

Il Prof. Lance Schideman, dell’università dell’Illinois, ha presentato a maggio scorso uno studio  sulla massimizzazione della produzione di bioenergia da scarti provenienti da itticoltura, lavorazione del mais, allevamenti di suini e di polli. Per ottenere un aumento della resa e della velocità di degradazione, agli scarti in fase di digestione anaerobica (rottura del materiale biodegradabile in assenza di ossigeno) è stato aggiunto del materiale recuperato dal trattamento delle acque di scarico civili.
Lo studio presenta una dettagliata analisi di costi, benefici e svantaggi e confronta il metodo di digestione semplice con il metodo innovativo presentato nello studio.
Si nota come il trattamento di digestione anaerobica con l’aggiunta di nutrienti comporti sicuramente un aumento di costi per il trattamento in sé, un impoverimento di nutrienti del materiale di partenza, quindi un minor apporto di nutrienti se gli scarti vengono reimpiegati in agricoltura, ma allo stesso tempo si ha una diminuzione della quantità di ammoniaca, composti organici e composti bioattivi che possono disperdersi nell’ambiente, un aumento di bioenergia recuperata con una diminuzione dei tempi di trasformazione.
Gli scarti agricoli, trattati con digestione anaerobica con l’aggiunta di materiale biologico, presentano una produzione di metano superiore del 20% ed una velocità di reazione aumentata del 40% rispetto al trattamento tradizionale.

L’impianto di digestione innovativo prevede alcune modifiche rispetto a quello tradizionale, ma di fondamentale importanza risulta anche l’impianto di depurazione delle acque di scarico civili da cui si ricava la materia organica (fanghi) necessaria da aggiungere durante la digestione anaerobica. Nello studio sono presi in esame solo gli impianti più “verdi” e innovativi, e viene dimostrato come gli impianti di depurazione a base di alghe conferiscano il risultato migliore sia per resa sia per abbattimento della carica batterica.
Lo studio prevede di andare oltre analizzando la digestione termochimica e la conversione di ammoniaca in azoto e idrogeno.

Per saperne di più:
North Central Regional Center for Rural Development (USA)

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