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Agricoltura urbana, benefici per la sostenibilità e il benessere

Al mondo esistono diverse proposte e progetti per lo sviluppo dell’agricoltura urbana. Tale sistema risulta importante nella visione di sviluppo sostenibile anche perché un prodotto, quello alimentare in questo caso, viene realizzato dove c’è maggiore domanda, ovvero nei centri urbani. Ovviamente, tali progetti non si fermano qui, ma mirano a ottenere più ampi e fondamentali benefici, come, ad esempio, la limitazione della carenza alimentare a livello mondiale, il riavvicinamento dell’uomo alla natura e la maggiore vivibilità delle città stesse.

Oggi nel mondo ci sono diversi progetti, attuati soprattutto a livello locale. Grandi innovazioni vengono dalla vicina Svizzera, mentre dall’Asia e dagli Stati Uniti arrivano progetti che sono alla base di alcune innovazioni possibili su larga scala.

Ecco alcuni progetti di agricoltura urbana già in funzione:

  • Urban Farmers a Basilea (Svizzera). Questo progetto è attivo dal 2012 e consiste nella realizzazione di una serra funzionante con un sistema acquaponico. La serra, costruita sul tetto della stazione merci di Dreispitz, è collegata ad un allevamento ittico. Le sostanze di scarto dell’ittocoltura servono per concimare le piante e le radici depurano l’acqua delle vasche. In questo modo il sistema risulta a ciclo chiuso. Il progetto è stato riprodotto a Berlino e Zurigo.
  • A Suwon (Corea del Sud) il professore Choi Kyu Hong ha realizzato una fattoria verticale urbana. Si tratta di uno stabile di tre piani con pannelli solari sul tetto per fornire l’energia necessaria al sistema. Questo orto non necessita di terreno, ma solo di energia.
     
  • A San Diego, Mark DeMitchell e Mike Tarzian hanno costruito un sistema di orto idroponico in verticale. Si tratta di una struttura in legno intorno a cui vengono fissati, per formare una serpentina, dei tubi in pvc provvisti di buchi dove porre a dimora le piantine. L’acqua per innaffiare l’orto scorre all’interno della serpentina e rientra in un sistema di riciclo e riutilizzo. Questa soluzione tecnica permette di risparmiare circa l’80% di acqua rispetto a un’aiuola coltivata in modo tradizionale.
     
  • A Singapore, il progetto Sky Green è un esempio di agricoltura urbana verticale a basse emissioni di carbonio con un impiego minimo di terra e di risorse idriche ed energetiche. Una delle particolarità di questo sistema consiste nella rotazione, alla velocità di un millimetro al secondo, della serra per consentire l’illuminazione solare di tutte le piante. È un sistema che in un prossimo futuro potrebbe far fronte fino al 10% al fabbisogno orticolo di Singapore.

Ci sono altre innovazioni applicate in prototipi fruibili su larga scala e altre che invece coinvolgono direttamente il singolo cittadino e il suo balcone. Tra queste citiamo:

  • Peperoncini in verticale e i fiori commestibili salva-ambiente, lanciati dall’azienda Carmazzi di Torre del Lago (LU) alForum della Green Economy organizzato dalla Coldiretti Toscana a giugno 2014. L’azienda ha sviluppato una tecnica di "muri verticali" adatti ad ogni ambiente, dal balcone alla finestra, dove poter coltivare peperoncini, ortaggi e fiori.
     
  • Lo Studio OVA (Hong Kong) propone una versione modulare di serre verticali. La struttura base è composta da un modulo di calcestruzzo inserito all’interno di un grande telaio di acciaio. Si crea così una griglia contenente diverse celle aperte dove container attrezzati possono essere introdotti per fornire i servizi necessari, a seconda delle esigenze.

Il vantaggio di questo prototipo sta nella struttura modulare, che permette l’adattamento sia ai luoghi che alla disponibilità economica (si possono prevedere espansioni in momenti successivi).

Infine, la Svizzera si fa avanti con progetti che mirano ad educare sia il consumatore sia il ristoratore. Particolarmente interessante è il progettoBeelong che ha permesso la creazione di una etichetta, del tipo di quella che siamo già abituati a vedere per il consumo energetico, che indica la sostenibilità ambientale dei menù dei ristoranti. L’etichetta tiene conto di diversi criteri: provenienza degli alimenti, modo di produzione, con particolare attenzione a quella locale, anche urbana, stagionalità, grado di trasformazione, emissioni di CO2. Il bilancio totale è riassunto in una semplice lettera (dalla A alla G) fornendo così una rapida ed efficace informazione sul bilancio ecologico di ciascun ingrediente e quindi permette al ristoratore di adattare il menu magari sostituendo alcuni piatti o semplicemente qualche ingrediente. La fase pilota terminerà a fine dell’anno.

Per saperne di più:

Urban Farmers
Progetto di Suwon (in tedesco)
Progetto di Suwon (in inglese)
Progetto di San Diego
Progetto Sky Green
Coldiretti Toscana
OVA Studio
Beelong

07_04biocontrol

Predatori naturali per il controllo biologico dei parassiti nelle serre

Il controllo biologico dei parassiti nelle serre, generalmente, si basa sul rilascio periodico di nemici naturali di produzione commerciale; tale metodo si è dimostrato efficace per decenni. Tuttavia, in alcuni casi si incontrano difficoltà nell’efficacia del controllo dei parassiti, che possono essere attribuite alla scarsità numerica di nemici naturali. Questi problemi derivano dalla diminuzione della colonia di nemici naturali con il diminuire del parassita combattuto, in particolare quando il nemico naturale è molto selettivo. È necessario, di conseguenza, ricorrere a rilasci successivi con associato aumento dei costi.

Ricercatori di diversi Istituti europei, tra i quali, per l’Italia, l’Università di Torino, hanno pubblicato in modo congiunto su Biocontrol di maggio 2014 i risultati delle loro ricerche sui metodi esistenti per il controllo biologico nelle serre, individuandone i punti deboli, i miglioramenti applicabili fin da subito e delineando le linee di ricerca per i progetti futuri.

Il maggior problema del controllo biologico nelle coltivazioni in serra è stata individuato nella necessità di rilasci successivi di predatori naturali. Questa esigenza è dovuta a due fattori principali:

  • l’impiego di predatori efficaci ma troppo selettivi;
  • la percezione e l’uso dei predatori, nemici naturali, alla stregua di bio-pesticidi, senza tenere conto che sono organismi viventi e quindi reagiscono alle condizioni ambientali e di alimentazione, modificando il proprio comportamento.

Per ovviare al primo problema, i ricercatori propongono di ricorrere all’impiego di predatori generici. I predatori generici sono sicuramente meno efficaci e veloci di quelli selettivi, ma offrono il vantaggio di sopravvivere ai parassiti, avendo un’alimentazione più varia, e ne prevengono la ricrescita, stabilendo quindi un regime di controllo biologico conservativo.
L’impiego dei predatori generici è già diffuso in pieno campo, dove è possibile dedicare le cosiddette fasce di rispetto, aree al bordo delle coltivazioni, ad esempio filari di specie da fiore alla creazione di habitat idonei alla loro proliferazione. In serra tale soluzione risulta più difficile soprattutto per l’alto valore del terreno coperto e per il costo di mantenimento. Tuttavia, l’impiego di parassiti generici è una strada consigliabile soprattutto in alcuni casi specifici.
Affinché i predatori generici possano sopravvivere bisogna fornir loro condizioni ambientali favorevoli. Queste condizioni comprendono la disponibilità di risorse alimentari alternative sfruttabili in assenza del parassita da aggredire, oltre a posti per la deposizione delle uova, rifugi per gli adulti, clima idoneo alla proliferazione in serra e limitazione degli effetti collaterali di fitofarmaci.
In alcuni casi la coltura in atto in serra stessa è in grado di fornire tali risorse, ma sono più numerose le colture che non sono in grado di fornire autonomamente risorse addizionali.
La soluzione adottata per il controllo biologico conservativo in pieno campo non è economicamente vantaggiosa all’interno delle serre, pertanto proprio questo è uno dei punti chiave su cui i ricercatori intendono focalizzare le proprie ricerche future.

Il secondo problema invece, necessita di un approccio differente. Infatti, la ricerca ha evidenziato come troppo spesso i coltivatori considerino e impieghino i predatori naturali come impiegherebbero bio-pesticidi, quindi non tenendo in dovuta considerazione che sono degli organismi viventi e che, come tali, necessitano di risorse e condizioni specifiche per sopravvivere e riprodursi.

Gli autori raccomandano ulteriori ricerche per:

  • sviluppo di fonti alimentari alternative che sostengano specificamente i predatori naturali e non parassiti delle piante
  • identificazione di fonti alimentari per i nemici naturali in grado di integrare il valore nutrizionale di alcune specie di parassiti
  • uso di sostanze volatili che conservino i predatori naturali nelle serre
  • selezione di nemici naturali ben adattati alla coltura o al clima delle serre

 

Per saperne di più:
Rivista Biocontrol

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“Coolbox”, un sistema di raffreddamento delle serre con acque riciclate

Raffreddare le serre in prossimità dei picchi di calore durante la produzione può risultare abbastanza oneroso e richiedere l’impiego di risorse limitate come l’acqua. Nelle regioni meridionali della Francia, i ricercatori dell’Unità di Genetica e Perfezionamento di Frutta e Verdura (GAFL) dell’INRA (Istituto Nazionale Francese per la Ricerca in Agricoltura) con l’appoggio della Commissione per lo Sviluppo Sostenibile hanno messo a punto e lanciato un nuovo sistema che riesce a ottimizzare il raffreddamento delle serre impiegando acque riciclate.

Il sistema, chiamato “coolbox”, è stato impiegato per il raffreddamento di 320 m² di serre nella tenuta di Saint Maurice in Avignone (PACA – Francia) sui 4700 m2 totali di serre presenti nel parco.
Il sistema coolbox prevede l’impiego di pannelli di truciolato posizionati sulle condotte da cui viene aspirata l’aria. Questi stessi pannelli vengono spruzzati con acqua polverizzata. In questo modo si riesce a raffreddare l’ambiente interno alla serra.
La GALF ha quindi apportato ulteriori modifiche al sistema nell’ottica del nuovo progetto di ricerca che mira all’ottimizzazione delle risorse esistenti.
In condizioni normali la serra impiegava 14.000 m3 d’acqua per assicurare il raffreddamento durante i picchi di calore. La totalità delle acque impiegate proveniva dalle falde sotterranee. Dopo l’uso, tali acque venivano convogliate nel sistema fognario.
I limiti di questo sistema erano evidenti:

  • uso elevato della risorsa idrica;
  • difficoltà  a impiegare tale misura di raffreddamento in concomitanza con un abbassamento del livello di falda;
  • rapida usura e ostruzione degli ugelli, nonché dei pori presenti sui pannelli di truciolato, a causa  dell’elevata concentrazione di calcare e sali presente nelle acque sotterranee.

L’ultima innovazione apportata a coolbox riguarda le modifiche al sistema di approvvigionamento idrico e alla pulizia e manutenzione dei filtri.
Il sistema infatti è stato modificato in modo da recuperare le proprie acque di scarico e quindi di riutilizzarle. La capacità di raccolta e di riciclaggio dell’acqua permette di realizzare dei risparmi notevoli abbassando di molto l’impatto ambientale sulla risorsa idrica.
Inoltre, si sono modificati gli ugelli sia per quanto riguarda la  direzione che le dimensioni. Infatti adesso i getti d’acqua sono orientati verso il punto più alto del pannello di truciolato e la dimensione degli ugelli è stata dimezzata.
Con queste modifiche, dai 14.000 m3 d’acqua iniziali necessari per assicurare un sistema di raffreddamento efficace della serra, si è passati a soli 300 m3 d’acqua per ciclo.
L’acqua impiegata viene addolcita durante il ciclo di pulizia. A questo scopo è stato aggiunto un passaggio d’acqua controcorrente, così che il sistema riesce a garantire la diluizione dell’acqua e, al tempo stesso, provvede a una pulizia dei filtri.
Questo piccolo accorgimento permette di ridurre notevolmente il tempo per la pulizia e la manutenzione. I ricercatori affermano che tale diminuzione di tempo è dell’ordine delle centinaia di ore.

Per saperne di più:

INRA