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Dai ricercatori dell’Università di Pavia un algoritmo per prevenire il rischio di attacchi terroristici

Lo scorso 5 giugno  un team del laboratorio RIDS (Res Institute for Data Science) dell'Università di Pavia ha presentato a Roma, presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, una ricerca finalizzata a elaborare modelli di rischio per la previsione degli attacchi terroristici.

La ricerca è stata coordinata dalla professoressa Silvia Figini docente di statistica dell’Università di Pavia e Responsabile Scientifico del laboratorio RIDS.

Il lavoro svolto all'interno del laboratorio di data science, presenta modelli descrittivi e inferenziali attraverso un’analisi della serie storica di dati a disposizione opportunamente integrati con dati esterni quantitativi e qualitativi. L’idea è che, partendo da una mappatura storico-geografica degli attentati a livello globale e incrociando queste informazioni con indici specifici e altri attinti dal traffico web e dai social network, si possa arrivare a sviluppare un algoritmo in grado di prevedere dove sarà il prossimo attacco.

I ricercatori hanno fissato come punto di partenza gli attentati dell’11 settembre 2001. Da allora ci sono state più di 83mila azioni in 158 Paesi riconducibili a 1.098 gruppi terroristici differenti che hanno fatto circa 192 mila morti. L’algoritmo consente di tener conto di dati quantitativi, qualitativi, strutturati e non strutturati per ottimizzare la capacità predittiva e ipotizzare dove sarà il prossimo attacco.

I modelli di previsione messi a punto potranno essere ulteriormente migliorati con l'integrazione di dati riservati e possono servire ai dipartimenti nazionali e internazionali di intelligence a pianificare con più accuratezza azioni di prevenzione terroristica.

È Karina Atkinson la la vincitrice del premio “La Donna dell’Anno 2017”

Il Premio “La Donna dell’Anno” è stato istituito nel 1998 dal Consiglio regionale della Valle D’Aosta per sostenere l’attività e i progetti di donne straordinarie impegnate nella promozione della pace, nella difesa dei diritti umani e nello sviluppo sostenibile in diverse aree del mondo.

Quest’anno  il premio è stato assegnato a Karina Atkinson, 32 anni, la biologa scozzese che ha sottratto all’agricoltura industriale intensiva un’area del Paraguay ricca di biodiversità in via di estinzione, creando la riserva naturale protetta “Laguna Blanca”, meta di studiosi da tutto il mondo e fonte di reddito e sviluppo per la popolazione locale.

La Giuria ha ritenuto la Atkinson il personaggio femminile più vicino al tema dell’edizione 2017, il “dovere”, inteso secondo la frase di Gandhi «La vera fonte dei diritti è il dovere». “Dovere” come valore etico e capacità di dare forma a progetti di convivenza civile, economici e sociali, a sostegno dei diritti umani fondamentali.

Il premio è stato assegnato lo scorso 31 maggio  nel corso di una cerimonia presso il Centro Congressi Grand Hotel Billia di Saint-Vincent (AO)

In occasione della premiazione sono stati conferiti anche altri due riconoscimenti:

– Premio Popolarità di 15mila euro, assegnato dal pubblico del web di tutto il mondo ad Alessandra Farris, imprenditrice sarda che, per aiutare i genitori sordi, ha creato la start up IntendiMe, un innovativo sistema rivelatore di suoni che consente ai non udenti di superare la loro “disabilità invisibile”.

– Terzo Premio di 10mila euro – assegnato a Monika Hauser, medico scozzese che ha dedicato la sua vita a curare e sostenere le donne vittime di violenza sessuale nei conflitti di tutto il mondo, dalla Bosnia all’Afghanistan, e si batte affinché le politiche europee contrastino questa pratica bellica e includano lo stupro in guerra nelle motivazioni che danno diritto all’asilo.

Come ogni anno, nel corso della cerimonia è stato assegnato inoltre il Premio Soroptimist International Club Valle d’Aosta, del valore di 2.500 euro, alla cardiologa italiana Elisabetta Rossi impegnata contro la fame in Eritrea con il progetto “Moringa Oleifera”, pianta ad alto potenziale nutritivo e a bassa necessità idrica.

Infine una speciale Targa di Donna Moderna, media partner del Premio, è stata consegnata all’imprenditrice sarda Alessandra Farris dalla direttrice del settimanale Annalisa Monfreda.

Millenials

Mangio, dunque sono. I Millennials innovano le regole del Food System

È in atto una vera e propria rivoluzione del sistema agroalimentare in virtù della quale rete e tecnologie stanno trasformando radicalmente le nostre abitudini alimentari. Protagonisti di questo nuovo scenario socio-economico e culturale sono i Millennials. Comprano bio, prediligono i prodotti di origine vegetale alla carne e sono più attenti dei loro genitori e nonni alla qualità del cibo e alle sue modalità di produzione, trattamento e distribuzione.


È in atto una vera e propria rivoluzione del sistema agroalimentare in virtù della quale rete e tecnologie stanno trasformando radicalmente le nostre abitudini alimentari. Protagonisti di questo nuovo scenario socio-economico e culturale sono i Millennials. Il termine Millennials fu coniato dagli scrittori statunitensi William Strauss e Neil Howe nel 2000 nel loro libro “Millenials Rising: The Next Great Generation”, e identifica quella generazione di giovani nati tra i primi anni ’80 e gli anni 2000, chiamati anche “nativi digitali” perché cresciuti in una realtà caratterizzata dall’uso massiccio di strumenti digitali (Figura 1). Entro il 2020  i Millennials saranno il 25% della popolazione di Europa e Stati Uniti (Fondazione Deloitte).

 

Dati aggregati sulle generazioni in USA ed Europa (Germania, Francia, Italia, Spagna, UK), 2014

Figura 1. Generation Z ,i giovani nati dal 2001; Millennials: i giovani nati nel periodo 1980-2000; Generation X: la fascia di persone nate dal 1960 al 1979; i Baby Boomers: gli ex-giovani nati nel periodo 1946-1959. Source: Eurostat/USA, Census Bureau/Fung Global Retail &Technology. 3

 

Il focus su questa generazione ci mostra giovani con caratteristiche completamente differenti dai loro genitori, infatti i  Millennials rappresentano una fascia sociale che ama il benessere individuale e che mette ai primi posti salute, tempo libero e felicità e soltanto in ultima posizione il desiderio di arricchirsi attraverso la carriera lavorativa. Una recente indagine (REF Ricerche su dati Istat) ci mostra che in Italia i giovani tra i 16 e i 34 anni sono presenti soprattutto al Nord e al Sud rispetto al Centro, con una leggera prevalenza delle donne rispetto agli uomini (Figura 2). 

 

Figura 2. Dove vivono i Millennials in Italia? (Fonte: REF Ricerche su dati Istat)

 

Millennials sono poco dediti alla politica ma non sono contrari alla globalizzazione, anzi considerano naturale muoversi liberamente tra i vari Stati europei, grazie anche alle opportunità di studio offerte dal programma europeo Erasmus. Secondo la Commissione Europea, a partire dal 1987, anno di nascita del programma europeo di mobilità per gli studenti, più di 4 milioni di ragazzi/e europei hanno studiato in un altro paese e tra questi uno su dieci è italiano. In generale, il 6% dei giovani di età compresa tra 18 e 34 anni sono stati sinora coinvolti dal programma Erasmus. I  Millennials sono aperti alle contaminazioni e al confronto tra culture diverse, sono una generazione abituata a relazionarsi con strumenti digitali, primo fra tutti lo smartphone, che rappresentano anche il principale mezzo attraverso cui accedono a una varietà infinita di servizi, contenuti e informazioni. Numerose indagini ci dicono che i  Millennials sono avidi fruitori della rete e dei social network: il 76% di loro è abitualmente connesso tramite smartphone sui social network per inviare messaggi, vedere video virali e per ascoltare musica. Tuttavia le tendenze digitali di questi giovani non devono far pensare che siano dediti soltanto al divertimento, privi di interessi culturali e costantemente connessi alla rete. Al contrario, i  Millennials rappresentano una fascia sociale che più di ogni altra fascia del passato mostra attenzione e rispetto per i problemi ambientali e per i consumi di energia tradizionale. Infatti, tra questi giovani è molto diffusa la pratica della differenziazione dei rifiuti in casa oltre ad una maggior attenzione al consumo e allo spreco di acqua ed energia elettrica per le faccende domestiche (dati Nielsen, 2015). Nei confronti del cibo, i Millennials rappresentano una categoria di consumatori molto attenta alla qualità dei prodotti e alla sostenibilità dei processi produttivi che caratterizzano gli alimenti. Rispetto alle generazioni precedenti, spendono di più in cibo – la spesa annua negli USA è di circa 1000 miliardi di dollari – ma sono anche più informati su ciò che mangiano – l’80% di loro vuole conoscere la provenienza e la tracciabilità del cibo che mangia (Seeds & Chips, 2017). Secondo LegaCoop un quinto dei  Millennials italiani comprano esclusivamente prodotti biologici con preferenza per i prodotti a km zero e privi di OGM (Organismi Geneticamente Modificati) e spesso anche privi di glutine (gluten-free). 

 

    

Figura 3. Prodotti biologici in vendita (foto: Andrea Campiotti)

 

È  significativo che nel 2015 il mercato bio ha toccato quota 30 miliardi di euro (UE a 27,1 mld) con un incremento del 13%. La Germania è il mercato bio più importante in Europa (8,6 mld di euro), seguito da Francia (5,5 mld), Regno Unito (2,6 mld) e Italia (2,3 mld). Sempre in Italia, dove il cibo rappresenta un valore identitario, il 53,5% dei Millennials sul tema cibo si dichiara appassionato, il 28,3% intenditore e l’11,1% vero esperto (CENSIS, 2014). Un’altra tendenza tipica dei  Millennials è quella di preferire prodotti vegetali alla carne (in Italia le persone che hanno scelto un’alimentazione priva di carne e derivati sono oltre il 7% della popolazione). Per rendere l’idea dell’importanza che i Millennials ricoprono in Italia per le imprese che operano nell’industria del cibo, è opportuno citare i seguenti dati: 8,7 milioni di giovani mangiano piatti tipici di altri paesi europei (paella, crepes, ecc.), di cui 1,9 milioni regolarmente; 7,7 milioni mangiano piatti etnici (guacamole, cous cous), di cui 1,8 milioni abitualmente; 10 milioni consumano (di cui 3,3 milioni regolarmente) piatti preparati secondo ricette nuove di cui hanno sentito parlare in tv e/o letto su riviste e/o su ricettari (dati Censis, 2014).

I  Millennials sono inoltre appassionati del vino di cui rappresentano oggi il 34% dei consumatori a livello mondiale. In particolare, i Millennials statunitensi rappresentano la generazione che in quantità beve più vino di qualsiasi altra, con il 42% di tutti i consumi a differenza del nostro Paese dove il vino risulta essere preferito dalla Generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980). Una recente ricerca del Nomisma, presentata in occasione del Vinitaly di Verona 2017, mostra che i giovani statunitensi nella scelta del vino guardano soprattutto alla notorietà del brand (32%) a scapito del tipo di vino (21%). Al contrario, il primo criterio di scelta dei giovani italiani è la tipologia del vino (51%), mentre la notorietà del brand risulta essere marginale (10%). Un altro food trend dei Millennials è il cosiddetto pranzo on the go, in pratica “mangio in strada”. Una ricerca Nielsen rivela che l’11% dei giovani passa la propria pausa pranzo per strada e il 28% di loro dichiara di amare il mondo dello street food.

Secondo una recente ricerca condotta dalla Cargill, una delle più grandi multinazionali al mondo del settore alimentare, i  Millennials hanno ormai dato avvio ad una nuova cultura del cibo fondata su tre aspetti principali: convenienza, varietà di scelta e trasparenza. Convenienza perché l’abitudine ad acquistare cibi pronti e take away, dovuto al poco tempo disponibile per fare la spesa, porta questi giovani ad acquistare alimenti soprattutto presso la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) che mette a loro disposizione un ampio ventaglio di piatti pronti a prezzi sempre più competitivi. I  Millennials amano scegliere tra i numerosi prodotti della GDO e inoltre amano la trasparenza; infatti leggono le etichette dei prodotti perché vogliono essere informati sui cibi che acquistano, sono più sensibili e più attenti dei loro genitori e dei loro nonni alla qualità del cibo e alle sue modalità di produzione, trattamento e distribuzione. Per i  Millennials il cibo deve essere buono sia nel gusto che nella sua storia perché il cibo oltre che identitario è anche sinonimo di salute e quindi alla formula cartesiana “Penso, dunque sono” i Millennials preferiscono “Mangio, dunque sono”.