
Lo scorso 13 novembren il Parlamento europeo ha reso vincolanti gli obiettivi in materia di energie rinnovabili, efficienza energetica, biocarburanti e governance energetica. Tra le novità introdotte la possibilità per cittadini, imprese ed enti locali di produrre, consumare, immagazzinare e vendere energia ottenuta da fonti rinnovabili.
L’Unione europea punta su rinnovabili ed efficienza energetica
Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, il settore energetico è responsabile di oltre l’80 per cento delle emissioni di CO2 nei paesi che fanno parte dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e di circa il 60 per cento di quelle degli altri paesi (IEA, 2018). Per far fronte all’enorme quantità di emissioni di CO2 prodotte dalle fonti fossili, l’Unione europea ha di recente rivisto gli obiettivi a breve termine in materia di energie rinnovabili, efficienza energetica, biocarburanti e governance energetica. Le nuove norme, approvate dal Parlamento europeo lo scorso 13 novembre, rappresentano il consolidamento di alcune misure contenute nel pacchetto normativo “Clean energy for all europeans”, varato dalla Commissione europea a novembre del 2016. Il nuovo quadro normativo prevede, oltre all’introduzione di nuove regole volte ad armonizzare la governance energetica europea, di portare le energie rinnovabili a coprire il 32% del consumo energetico lordo dell’Ue e di arrivare ad un risparmio di energia del 32,5% da efficienza energetica. I nuovi obiettivi, il cui raggiungimento è previsto per il 2030, dovranno essere rivisti entro il 2023 e potranno essere solamente innalzati, non abbassati. Conviene sottolineare che l’Italia, per quanto riguarda le fonti rinnovabili, presenta già oggi una situazione positiva rispetto agli obiettivi dell’Ue 20-20-20 (Figura 1). I consumi finali lordi (CFL) complessivi di energia da fonti energetiche rinnovabili (FER) raggiungono al 2017 quota 21,8 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), sulla base di una stima preliminare di 123 Mtep di consumi finali lordi complessivi (CFL Complessivi). Quindi, l’incidenza delle FER risulta essere pari al 17,7% (dati del GSE - Gestore Servizi Energetici aggiornati al 2017).
Figura 1. Consumi finali lordi di energia, totali e da fonti di energia rinnovabili in Italia espressi in Mtep
Novità sul fronte dei biocarburanti
Il nuovo quadro normativo dell’Ue pone poi obiettivi ambiziosi per quanto riguarda l’uso dei biocarburanti, che dovranno arrivare a coprire il 14 per cento dei consumi energetici derivanti dal settore dei trasporti entro il 2030. Al contempo, entro il 2021, non potranno essere più utilizzati i biocarburanti a base di olio di palma. Inoltre, i biocarburanti di “prima generazione”, ovvero quelli prodotti da grassi animali ma anche da amido, zucchero e olio vegetale derivanti da colture alimentari, soprattutto mais, grano e canna da zucchero, dovranno essere gradualmente eliminati fino a raggiungere quota zero entro il 2030. Per quanto riguarda i biocarburanti di “seconda generazione”, ovvero quelli derivati da colture non alimentari (materia prima costituita da residui lignocellulosici di residui agricoli o residui di mais), è stata fissata una quota del 3,5 per cento, in modo da ridurre progressivamente la produzione dei biocarburanti che entrano in conflitto con la destinazione dei terreni. La quota dei biocarburanti avanzati per i trasporti, cioè quelli di origine non biologica ma a base di rifiuti, residui agricoli e alghe, considerati di minore impatto sull’uso del suolo rispetto a quelli prodotti attraverso colture alimentari, salirà all’1,5 per cento nel 2021 e al 10 per cento nel 2030. Tuttavia, i biocarburanti avanzati, sebbene comportino un rischio significativamente minore in termini di emissioni indirette di CO2 (non richiedono l’uso di ulteriore suolo agricolo), hanno dei costi di produzione molto più elevati rispetto ai combustibili fossili tradizionali. Perciò, l’Unione europea ha stabilito che i produttori di biocarburanti avanzati ricevano un premio economico per competere con i produttori di combustibili fossili. Questo premio potrà essere aumentato se i produttori effettueranno anche investimenti per migliorare il ciclo della produzione, distribuzione e liquefazione del biometano avanzato. Nel complesso, l’Unione europea è intenzionata a mettere a disposizione dei Stati membri un budget di 4,7 miliardi di euro nel periodo 2018-2022, per incentivare le bioenergie da residui vegetali ed animali. In particolare, saranno prioritari gli incentivi per gli agricoltori che produrranno biometano e biocarburanti da stallatico e da altri residui ottenuti da attività agricole soprattutto per l’alimentazione energetica di veicoli e macchinari agricoli. A questo proposito, il CIB (Consorzio Italiano Biogas), sottolinea che l’Italia ha le potenzialità per arrivare ad una produzione di 10 miliardi di metri cubi di biometano al 2030, di cui 8 miliardi da materie prime di origine agricola, che significa circa il 15% del fabbisogno di gas naturale.
Al via le comunità energetiche
Il pacchetto normativo “Clean energy for all europeans”introduce poi la possibilità, rafforzata dalla nuova Direttiva (UE) sull’efficienza energetica 2018/844 del 30 maggio, che sostiene “lo sviluppo di un sistema energetico sostenibile, competitivo, sicuro e decarbonizzato, attraverso la riduzione delle emissioni di gas serra del 40 per cento entro il 2030”, per cittadini, imprese ed enti locali degli Stati membri, di produrre, consumare, immagazzinare e vendere energia ottenuta da fonti rinnovabili, istallando sistemi di stoccaggio senza pagare oneri, canoni o imposte di alcun genere. La misura si riferisce ad impianti di piccola scala al di sotto dei 25 kW di potenza. In questo modo si aprirebbe la strada alla nascita di vere e proprie comunità energetiche sul territorio nazionale. In particolare, attraverso la nuova normativa in materia di governance energetica, si chiede agli Stati membri di valutare gli ostacoli esistenti all’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, al fine di garantire che tutti i potenziali consumatori possano aderire alle comunità energetiche. A questo proposito, la normativa regola le possibili forme di aggregazione (società, associazioni, fondazioni, cooperative) e le politiche di supporto (finanziamenti agevolati, campagne di sensibilizzazione sui benefici economici e ambientali, incentivi economici per gli abitanti delle zone interessate, obbligo per i produttori di energia di consentire la partecipazione delle comunità locali alla proprietà degli impianti). Le comunità energetiche potrebbero, nel giro di pochi anni, rivoluzionare il mercato dell’energia, portando ad un modello energetico non più centralizzato, bensì distribuito sul territorio, in cui gli utilizzatori sono al contempo produttori e distributori di energia. Secondo il rapporto “The Potential for Energy Citizens in the European Union”, redatto dall’istituto di ricerca ambientale CE Delft per conto di Greenpeace, Federazione Europea per le Energie Rinnovabili (EREF), Friends of the Earth Europe e REScoop.eu., entro il 2050 la metà dei cittadini (prosumers e/o energy citizen) europei potrebbe produrre, ma anche gestire, la propria energia prodotta essenzialmente da fonti rinnovabili. Il rapporto stima che le comunità energetiche potrebbero arrivare a coprire il 45 per cento della domanda totale dell’Ue entro il 2050.
Il Piemonte prima regione italiana ad aprire la strada alle comunità energetiche
In Italia, questo nuovo modello energetico trova attualmente applicazione in Piemonte, dove il Consiglio regionale, con legge regionale n. 12 del 3 agosto 2018, ha riconosciuto a enti pubblici e privati, imprese e cittadini la possibilità di produrre, consumare e scambiare energia generata attraverso fonti rinnovabili. Le comunità energetiche rispondono agli obiettivi in materia di transizione energetica, sostenendo il modello di distribuzione dell’energia, rispettando le condizioni climatico-territoriali e valorizzando la responsabilità degli enti locali nei confronti dei cittadini e delle imprese. Queste ultime potranno avvalersi di fonti energetiche locali a costi convenienti e sviluppare nuove certificazioni energetiche ed ambientali che comporteranno vantaggi di ordine socio-economico e culturale per i territori in cui verranno costituite le comunità energetiche.
Fonti per approfondire:
- REGIONE PIEMONTE BU32S3 09/08/2018 REGIONE PIEMONTE - LEGGE REGIONALE
Legge regionale 3 agosto 2018, n. 12. Promozione dell’istituzione delle comunità energetiche.
- Note sintetiche sull’Unione europea 2018 (www.europarl.europa.eu/factsheets/it).